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Riforma Pensioni e Anticipo pensionistico: quanto ci costerà sulla pensione?
Alcuni numeri in tal senso sono stati forniti da diversi istituti che, in materia di APE, rivelano come la scelta di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro possa arrivare a costare fino al 20% del trattamento previdenziale che, invece, spetterebbe con il requisito pieno.
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Il lavoratore che si ritira anticipatamente di 3 anni, stando agli studi finora svolti, dovrebbe arrivare a versare una rata compresa tra i 400 e i 500 euro mensili nel corso dei 20 anni previsti di ammortamento. Per un dipendente che, in attesa di raggiungere l’età pensionabile, invece, decide di andare in pensione con un anno di anticipo, verrebbe maturato un trattamento pari a 1.818 euro netti, costandogli circa 120 euro al mese: per cui, dopo un anno di prestito APE, la relativa pensione ammonterebbe a 1.698 euro.
Tali calcoli, tuttavia, al momento rimangono soltanto sulla carta, sia perché ancora non si sa con esattezza come funzionerà il meccanismo dell’APE, sia perché il Governo ha annunciato contestuali agevolazioni fiscali, atte a contenere l’impatto della decurtazione, e che molto probabilmente varieranno sulla base delle singole situazioni, con particolare riguardo a chi ha redditi bassi.
Andare in pensione prima: come si fa?
Con l’introduzione del c.d. APE, in sintesi, il lavoratore può ritirarsi dal lavoro con un anticipo massimo di 3 anni, percependo un trattamento (appunto l’APE) che equivale ad una sorta di anticipo sulla pensione e che dovrà essere restituito, spalmato su un piano di ammortamento ventennale, con una decurtazione dell’assegno previdenziale, quando il lavoratore maturerà i requisiti per la pensione di vecchiaia.
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Chi paga l’anticipo?
L’anticipo sulla pensione del lavoratore che decide di uscire prima è finanziato dalle banche, anche se viene versato dall’INPS.
Andare in pensione prima: con quali agevolazioni fiscali?
I calcoli fino ad ora effettuati, tuttavia, non considerano il meccanismo delle detrazioni fiscali. Da un lato, infatti, chi decide di ritirarsi anticipatamente dal mondo del lavoro è soggetto ad una decurtazione dell’assegno pensionistico, dall’altro, però, in applicazione delle agevolazioni fiscali previste, lo stesso si trova a versare meno tasse sulla pensione.
Il risultato, quindi, dovrebbe essere la tutela dei conti dell’INPS e degli istituti previdenziali, chiamati a pagare le pensioni, consentendo altresì un maggior grado di flessibilità in uscita facendo sì che l’importo che il lavoratore prende in meno di pensione venga compensato da un più basso carico fiscale.
Anche per quanto riguarda l’impatto delle detrazioni, al momento, non è possibile fare calcoli certi, essendoci soltanto la certezza che ad essere primariamente salvaguardate saranno le fasce più deboli. Con riferimento alle situazioni reddituali più basse, infatti, le agevolazioni fiscali quasi azzereranno l’ammortamento delle rate del prestito.
In pratica, almeno in teoria, per le fasce più deboli dovrebbe essere il Fisco, al posto del sistema previdenziale, a pagare l’anticipo pensionistico.
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