Oggi la Corte, bocciando la manovra del taglio pensionistico, ha stabilito che l’ammontare trattenuto a partire dal 2011 ad oggi va integralmente restituito agli interessati. Già a novembre scorso, la Corte costituzionale si era pronunciata in merito allo stralcio previsto sulle quote delle pensioni più alte tramite la sentenza 241/2012, la quale, soltanto per un semplice vizio nel ricorso, non era sfociata in una dichiarazione di illegittimità. La Corte è così potuta ritornare ad evidenziare il problema: il prelievo, avendo essenza tributaria, configura “una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare”. Il fulcro nodale del pronunciamento dei giudici costituzionali ha, però, direttamente a che fare con la diretta commisurazione alla rispettiva “capacità contribuiva”. Le richieste da parte del Fisco, infatti, in applicazione dell’articolo 53 della Costituzione e come ribadito nella sentenza depositata ieri, devono essere raffrontate con l’effettiva portata che il contribuente raggiunge.
La Corte ha così decretato illegittima l’effettuazione di una distinzione tra tipologie di reddito al fine di ricompensare alcuni e, di contro, danneggiarne altri. Gli esempi riportati dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti di Lazio e Campania, in rimando ai “contributi di solidarietà” accumulati tra il 2011 ed il 2012, non hanno lasciato indifferenti i giudici costituzionali. In virtù di questo di questo ammontare, infatti, un reddito pari a 200mila euro lordi annui subiva lo stralcio di 18mila euro, nel caso fosse stato maturato da pensione, di 15.550 qualora fosse stato guadagnato tramite un lavoro di pubblico ufficio, ed era invece destinato a rimanere intatto se proveniente da attività privata. Si stima che la recente bocciatura della Corte costituzionale costerà alle casse dello Stato 84 milioni di euro, e cioè l’ammontare netto dei risparmi che si sarebbero raccolti fino alla fine del 2014, termine di scadenza per i versamenti dei contributi di solidarietà. Per il momento sussiste ancora, unico, il taglio solidale sui “redditi” annunciato con la manovra-bis del 2011, richiedente il 3% deducibile (l’1,7% netto) alla quota di reddito che supera i 300mila euro, questa volta però a prescindere dalla fonte di provenienza reddituale.
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