A differenza dell’Ape volontaria, la Quota 100 sarebbe gratuita e non prevede quindi la restituzione di alcuna rata. Il requisito contributivo è però molto maggiore, simile a quello dell’Ape sociale. Nell’attesa di conoscere se tale proposta sarà approvata dal Governo, vediamo allora quali sono le opzioni più convenienti per il lavoratore.
Quando si può andare in pensione con la Quota 100?
La Quota 100 è stata proposta per la prima volta dal Presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano nel 2015. Dopo alcuni mesi di accantonamento in favore della nuova riforma pensioni e dell’Ape, la Quota 100 è tornata sulla scena negli ultimi mesi come una delle possibilità più interessanti per tutti i lavoratori che hanno maturato molti anni di contributi prima dell’età pensionabile.
La Quota 100 prevede, come suggerisce il nome, che i lavoratori iscritti presso i fondi di previdenza dell’AGO possano andare in pensione nel momento in cui la somma degli anni lavorativi e degli anni di contribuzione sia uguale a 100. A una condizione, però: i lavoratori devono aver maturato almeno 35 anni di contributi e avere almeno 62 anni di età.
In definitiva, con la Quota 100 sarebbe quindi possibile andare in pensione anticipata a 62 anni e con 38 anni di contributi, a 63 anni e con 37 anni di contributi, a 64 anni e con 36 anni di contributi e a 65 anni con 35 anni di contribuzione. Una situazione che in molti casi potrebbe risultare vantaggiosa, anche perché non prevede le tanto discusse finestre mobili.
La Quota 100 per i lavoratori autonomi e i precoci
I lavoratori autonomi potrebbero usufruire del beneficio, ma a condizioni leggermente più rigide rispetto ai dipendenti. Gli autonomi avrebbero diritto infatti alla cosiddetta Quota 101, che prevede un anno di età in più rispetto alla Quota 100. Le combinazioni possibili sono allora: 63 anni e 38 anni di contributi, 64 anni e 37 di contributi, 65 anni e 36 di contributi oppure 66 anni e 35 di contributi.
Il Ddl sulla Quota 100 (o 101) non menziona invece esplicitamente i lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno maturato un anno di contributi già prima del compimento del 19° anno di età. Questo vuol dire che, se la riforma venisse approvata, i precoci non godrebbero di nessun trattamento di favore: a prescindere dagli anni di contributi, dovrebbero aspettare il compimento dei 62 anni se dipendenti e dei 63 anni se autonomi.
La Quota 41 per i lavoratori precoci
Si occupa, invece, dei lavoratori precoci la nuova Quota 41 prevista per il 2017.
Come stabilito dalla Legge di Bilancio, la pensione con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età anagrafica, sarà riservata ai lavoratori precoci che versano in oggettive condizioni di difficoltà. Queste sono le stesse quattro categorie che hanno diritto all’assegnazione dell’Ape sociale: i disoccupati che non percepiscono prestazioni per la disoccupazione da 3 mesi, i lavoratori che assistono da almeno 6 mesi un parente convivente con handicap grave, gli invalidi civili con invalidità uguale o superiore al 74% e i lavoratori dipendenti che svolgono mansioni gravose da almeno 6 anni.
Rispetto all’attuale pensione anticipata, dunque, che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, le soglie saranno abbassate di un anno e 10 mesi per i lavoratori e di 10 mesi per le lavoratrici.
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