Ma non solo: l’art. 1, co. 477 e 478 della Legge di Bilancio 2020 ha apportato significative novità anche in merito al meccanismo di rivalutazione delle pensioni, per il periodo “2020-2021”, fino allo scorso anno differenziato in base a sette scaglioni di reddito. Sul punto, il governo ha introdotto per il predetto periodo una rivalutazione pari al 100% anche per le pensioni fino a quattro volte l’assegno minimo, per poi ridursi gradualmente al 77%, 52%, 47%, 45% e 40%. Gli scaglioni passerebbero poi a tre nel 2022.
Ma facciamo un passo indietro e vediamo nel dettaglio tutte le modalità di pensionamento per il 2020, alla luce dell’ultima Manovra Finanziaria entrata in vigore dal 1° gennaio 2020.
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Rivalutazione pensioni 2020
Prima di addentrarci nelle modalità di uscita da lavoro prorogate o meno nel 2020, evidenziamo l’arrivo di una piccola rivalutazione delle pensioni. Alcuni assegni pensionistici dal 1° gennaio 2020 riceveranno un aumento (anche se non sostanziale).
L’aumento è dovuto al tasso di rivalutazione, che viene stabilito ogni anno dal Governo, sulla base di dati e indicatori elaborati dall’Istat. La rivalutazione si applica solo per la parte di pensione calcolata con il sistema contributivo. Vale quindi per:
- chi ha versato i contributi a decorrere dal 1° gennaio 1996 (cd. “contributivi puri”);
- chi ha versato meno di 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995 (cd. “sistema misto”);
- chi ha versato più di 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995, poiché il metodo contributivo si applica solo a decorrere dal 1° gennaio 2012 in poi.
Per il 2020, il tasso medio annuo, risultato della variazione del Pil nominale nei cinque anni precedenti al 2018, è pari a 0,018254. Ne deriva che il coefficiente di rivalutazione sarà pari a 1,8254%.
Meccanismo di rivalutazione delle pensioni 2020: novità della Legge di Bilancio 2020
Sempre in tema di rivalutazione dei trattamenti pensionistici, come anticipato in premessa, il governo è intervenuto nuovamente a modificare gli scaglioni di reddito. In particolare:
- per il periodo “2020-2021”, gli scaglioni di reddito si sono ridotti da 7 a 6;
- a decorrere dal 2021, invece, gli scaglioni di reddito diventeranno 3.
Quindi, per il periodo “2020-2021” la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, co. 1, della L. n. 448/1998 è riconosciuta al:
- 100% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 4 volte il trattamento minimo INPS (fino a 2.052,04 euro);
- 77% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il predetto trattamento minimo (da 2.052,05 euro fino a 2.565,05 euro);
- 52% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo (da 2.565,06 euro fino a 3.078,06 euro);
- 47% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 6 volte e pari o inferiore a 8 volte il trattamento minimo (da 3.078,07 euro fino a 4.104,08 euro);
- 45% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 8 volte e pari o inferiore a 9 volte il trattamento minimo (da 4.104,09 euro fino a 4.617,09 euro);
- 40% per i trattamenti di importo complessivo superiore a quest’ultimo limite (da 4.617,10 euro).
Dal 1° gennaio 2022, invece, gli scaglioni di reddito saranno tre:
- 100% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a 4 volte il trattamento minimo INPS (fino a 2.052,04 euro);
- 90% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo INPS (da 2.052,05 euro fino a 2.565,05 euro);
- 75% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a 5 volte il predetto trattamento minimo (da 2.565,06 euro).
Pensioni 2020: età ferma a 67 anni
Passando alle modalità di uscita dal lavoro, non possiamo che parte dalla pensione di vecchiaia. A tal proposito, il Decreto Mef dello scorso 5 novembre ha stabilito che il requisito di età per l’accesso alla pensione di vecchiaia resta fissato a 67 anni anche nel biennio 2021-2022, sia per uomini sia per donne.
Essendo gli adeguamenti biennali, il congelamento a 67 anni resterà fino al 2022. Dopodiché, dal 1° gennaio 2023, potrà scattare un nuovo adeguamento. Aumento, questo, che in ogni caso non può superare i 3 mesi alla volta.
È comunque possibile accedere alla pensione di vecchiaia, in taluni casi, con soli:
- 15 anni di contributi, grazie alla cd. Legge Amato, disciplinata dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503;
- 5 anni di contributi, mediante la cd. “pensione di vecchiaia contributiva”.
Pensioni 2020: pensione anticipata
La seconda modalità di pensionamento è la pensione anticipata. Si tratta di una tipologia di pensionamento che non tiene conto dell’età anagrafica ma bisogna maturare un certo numero di anni contributivi (più elevati della pensione di vecchiaia).
In particolare è necessario conseguire:
- 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi per le donne.
Tuttavia, il D.L. n. 4/2019 (cd. “Decretone), convertito con modificazioni in L. n. 26/2019, ha introdotto una “finestra mobile” di 3 mesi (indistintamente sia per uomini che per donne) alla maturazione dei requisiti pensionistici.
Pensioni 2020: Quota 100
Tra le tipologia di pensionamento in deroga ai requisiti ordinari, non possiamo che citare la pensione Quota 100, che prosegue il suo iter sperimentale fino al 31 dicembre 2021. Si ricorda che la pensione “Quota 100” è stata introdotta dal D.L. n. 4/2019 (cd. “Decretone”), convertito con modificazioni in L. n. 26/2019, e prevede la possibilità di accedere alla pensione maturando un minimo di:
- 62 anni d’età;
- 38 anni di contributi.
Pensioni 2020: Opzione donna
Altrettanto importanti risultano le decisioni governative per quanto riguarda un altro meccanismo di pensionamento rivolto esclusivamente alle quote rosa, ossia l’opzione donna. Anche questa opzione è stata prorogata nel 2020 per le donne con 58 anni (se dipendenti), ovvero 59 anni (se autonome), che abbiano maturato almeno 35 anni di contributi, di poter andare in pensione in anticipo.
Queste dovranno maturare i requisiti di età anagrafica e contributiva entro il 31 dicembre 2019.
Chiaramente, come per le scorse edizioni dell’opzione donna, chi opta per tale meccanismo vedrà calcolato l’intero assegno pensionistico con il sistema contributivo, anche laddove alcuni accrediti rientrano nel sistema retributivo. Sono previste finestre mobili che intervallano la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione: si parla di:
- 12 mesi per le dipendenti
- 18 mesi per le autonome
Partendo dai requisiti necessari, è chiaro come possano accedere a Opzione donna:
- le lavoratrici dipendenti nate anche nel 1961 con 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2019,
- le lavoratrici autonome nate anche nel 1960 con 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2019.
Pensioni 2020: Quota 41
Come noto, la pensione anticipata è raggiungibile, a prescindere dall’età anagrafica, al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Tuttavia, determinate categorie di lavoratori possono derogare al predetto limite minimo contributivo, e pensionarsi raggiungendo solamente 41 anni di contributi.
Si ricorda che, attualmente, “Quota 41” vale solamente per:
- i cd. lavoratori precoci, ossia coloro che hanno iniziato a lavorare in gioventù, maturando almeno 12 mesi di contributi prima del compimento di 19 anni;
- gli iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 1996;
- i disoccupati che sono senza indennità di disoccupazione dal almeno 3 mesi;
- i cd. caregivers, ossia coloro che prestano assistenza ai familiari con gravi disabilità;
- gli invalidi che presentando un’invalidità superiore al 74%;
- i cd. lavoratori che hanno svolto lavori particolarmente faticosi e usuranti.
Pensioni 2020: Ape social
Importanti novità dalla Legge di Bilancio 2020 anche sul fronte Ape social, che è stata prorogata per tutto il 2020, oltre a essere stata estesa anche ai lavoratori domestici.
Grazie all’Ape sociale è possibile uscire dal mondo del lavoro a 63 anni di età e con 30-36 anni di contribuzione, in base alla categoria di lavoratore (disoccupato, caregiver, invalido e addetto a mansioni usuranti). L’impegno è quello di renderlo strutturale, ampliandone anche il raggio di azione, poiché il costo non inciderà in maniera importante sul bilancio dello Stato.
Accanto all’Ape sociale, c’è anche l’Ape volontaria, che garantisce un reddito ponte a partire dai 63 anni, fino all’età anagrafica della pensione di vecchiaia, maturando almeno 20 anni di contributi. Sul punto, però, la Legge di Bilancio 2020 non ha disposta alcuna proroga: pertanto, tale possibilità s’intende cessata alla data del 31 dicembre 2019.
Pensioni 2020: lavoratori precoci e gravosi
Nell’ambito della pensione anticipata, esistono poi categorie di soggetti, considerati svantaggiati, che possono ottenere la pensione in anticipo versando meno contributi, vale a dire:
- i lavoratori cd. “precoci”;
- i lavoratori impiegati in attività gravosi ed usuranti.
Per i primi, a decorrere dal 1° maggio 2017, l’art. 1, co. 199 della L. n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017) ha introdotto una riduzione del requisito contributivo a 41 anni (sempre a prescindere dall’età anagrafica del lavoratore) sia per gli uomini che per le donne che abbiano svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età e che si trovino in alcuni specifici profili meritevoli di una particolare tutela (disoccupati a seguito di licenziamento con esaurimento degli ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi, invalidi civili con una invalidità non inferiore al 74%, soggetti che assistono disabili, addetti a lavori usuranti o a lavori gravosi).
Anche per i lavoratori precoci il D.L. n. 4/2019 ha disposto il blocco degli incrementi alla speranza di vita, fino al 31 dicembre 2026. In compenso è stata introdotta una finestra mobile pari a 3 mesi.
Per quanto concerne, invece, i lavori gravosi ed usuranti il 26 febbraio 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 47, il Decreto 5 febbraio 2018 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali contenente l’elenco aggiornato e dettagliato delle attività gravose che, a partire dal 1° gennaio 2018, hanno diritto di ritirarsi con la pensione anticipata al raggiungimento di 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica.
Pensioni 2020: e la pensione di garanzia?
Infine, sempre in tema di pensioni, il governo volge uno sguardo alle nuove generazioni che vedranno calcolata la pensione in base al sistema contributivo puro. Per questi ultimi, si sta palesando un problema di non poco conto, in quanto saranno destinati a ricevere una pensione di pochi centinaia di euro.
La soluzione è di aumentare il Fondo previdenziale integrativo pubblico, mediante l’istituzione della cd. pensione di garanzia, che prevede l’eliminazione del vincolo oggi esistente di 1,5 volte il minimo per la maturazione dell’assegno, così da non dover attendere i 70 anni per ottenere l’accesso all’INPS. Inoltre, si intende inserire un adeguamento al minimo, ossia un sistema perequativo che possa consentire degli assegni dignitosi a chi ne ha più bisogno risultandone però scoperto, ovvero a coloro che hanno fatto i conti con una carriera lavorativa precaria. Nulla a riguardo però compare nell’attuale impianto della Legge di bilancio.
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