Inoltre, non bisogna di certo dimenticare l’isopensione, che consente di collocarsi a risposo fino a sette anni d’anticipo, e il nuovissimo svicolo pensionistico contenuto nel “contratto di espansione”, di cui all’art. 41 del D.Lgs. n. 148/2015, che consente di pensionarsi con 5 anni d’anticipo.
Tuttavia, non tutte le modalità di pensionamento appena elencate possono essere utilizzate anche il prossimo anno, in quanto la vigenza di alcune di esse terminerà proprio a fine 2019. L’occasione è dunque propizia per riepilogare in dettaglio tutti i modi per uscire da lavoro prima del 2020.
Pensioni 2019: la pensione di vecchiaia
La pensione di vecchiaia è quella prestazione pensionistica erogata dall’assicurazione generale obbligatoria (Ago), dai fondi ad essa sostitutivi, esclusivi o esonerativi nonché dalla gestione separata dell’INPS. Il trattamento previdenziale si consegue al compimento di una determinata età anagrafica unitamente al possesso, di regola, di almeno 20 anni di contributi. Per quest’anno è necessario essere in possesso di un’età anagrafica pari a 67 anni.
Particolare è il caso dei soggetti che hanno versato il loro primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996, ossia rientranti interamente nel metodo di calcolo “contributivo”. Dal 1° gennaio 2012, i soggetti per i quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia al compimento di 71 anni – per il 2019 – e con 5 anni di contribuzione “effettiva” (obbligatoria, volontaria, da riscatto), escludendo la contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo, a prescindere dall’importo della pensione.
Pensioni 2019: la pensione anticipata
Passando alla pensione anticipata, a differenza della pensione di vecchiaia, essa può essere raggiunta al perfezionamento del solo requisito contributivo indipendentemente dall’età anagrafica del beneficiario. Il D.L. n. 4/2019 (cd. “Decretone”), convertito con modificazioni in L. n. 26/2019, all’art. 15 ha apportato due importanti modifiche:
- da un lato, sono state cancellate le norme riguardanti l’adeguamento alla speranza di vita stimata dall’ISTAT che fanno slittare la pensione ogni biennio. Quest’anno, infatti, si sarebbe dovuto allungare il requisito contributivo di 5 mesi, ma per effetto della novità contenuta nel D.L. n. 4/2019, è sufficiente raggiungere i vecchi requisiti. Il blocco alla speranza di vita è posto fino al 31 dicembre 2026. Quindi dal 1° gennaio 2027, riprenderà l’incremento dei requisiti anagrafici e contributivi;
- dall’altro, invece, viene introdotta, una “finestra mobile” di 3 mesi (indistintamente sia per uomini che per donne) alla maturazione dei requisiti pensionistici.
Per quest’anno, quindi, e fino al 31 dicembre 2026, la pensione anticipata non è soggetta all’adeguamento alla speranza di vita, cosicché i requisiti pensionistici rimangono fermi per tali periodo a:
- 42 anni e 10 mesi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi per le donne.
Pensioni 2019: la pensione Quota 100
La pensione “quota 100” è stata introdotta dall’art. 14 del D.L. n. 4/2019 (cd. “Decretone”), convertito con modificazioni in L. n. 26/2019. La norma prevede che, dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2021, è possibile uscire dal mondo del lavoro in deroga agli ordinari requisiti pensionistici appena illustrati: stiamo parlando in particolare della pensione Quota 100.
Tale sistema permette ai lavoratori la facoltà di conseguire il diritto alla pensione anticipata al perfezionamento, nel periodo compreso tra il 2019 ed il 2021:
- di un’età anagrafica non inferiore a 62 anni;
- e di un’anzianità contributiva non inferiore a 38 anni.
Pensioni 2019: l’opzione donna
Sempre grazie all’entrata in vigore del D.L. n. 4/2019, all’art. 16 viene reintrodotto – per l’anno 2019 – un particolare sistema di pensionamento in favore delle “quote rosa”, ossia l’opzione donna.
Possono accedervi:
- le dipendenti con almeno 58 anni;
- e le autonome con almeno 59 anni;
con almeno 35 anni di contributi.
Tali requisiti pensionistici dovranno essere maturati entro il 31 dicembre 2018.
Anche per queste ultime si applica una finestra mobile di:
- 12 mesi per le dipendenti;
- e 18 mesi per le autonome;
Da quanto si sa finora, il nuovo Governo giallorosso capitanato da Giuseppe Conte vuole prorogare questa opzione di uscita anticipata anche nel 2020.
Pensioni 2019: l’Ape sociale e Ape aziendale
La norma che disciplina l’Ape sociale è contenuta all’art. 1, co. 179-186 della L. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017). Si tratta di uno strumento in grado di anticipare la pensione di vecchiaia mediante l’erogazione di un sussidio economico. La novità legislativa, prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, è stata ora differita fino al 31 dicembre 2019 per effetto dell’art. 18 del D.L. n. 4/2019.
L’Ape sociale è rivolta a determinate categorie di soggetti che si trovino in particolari condizioni, sia anagrafiche e contributive sia sociali, come di seguito indicato:
- stato di disoccupazione;
- essere nella condizione di dover assistere (cd. caregivers), da almeno sei mesi, il coniuge, l’unito civilmente, un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. n. 104/1992), con un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
- essere invalido con una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile e siano in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
- essere lavoratore dipendente in possesso di anzianità contributiva di almeno 36 anni che, al momento della decorrenza dell’Ape sociale, svolge o abbia svolto in Italia, per almeno 6 negli ultimi 7 anni (ovvero, dal 1° gennaio 2018, 7 anni negli ultimi 10 anni di lavoro), una o più delle attività lavorative particolarmente gravose elencate nell’Allegato A del Decreto 5 febbraio 2018.
L’Ape aziendale, invece, è un particolare strumento, previsto dall’art. 1, co. 172 della L. n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017) in base al quale i datori di lavoro possono sostenere il costo dell’Ape volontario dei lavoratori dipendenti. Si tratta sostanzialmente di una misura per agevolare gli esodi dei lavoratori più anziani che decidono di ricorrere all’anticipo pensionistico di mercato attraverso un contributo economico che fa incrementare la pensione futura del lavoratore e dunque contenere la rata di ammortamento del prestito finanziario.
Pensioni 2019: l’isopensione
L’isopensione, inizialmente introdotta dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012), e successivamente modificata dall’art. 1, co. 160, della L. n. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018), consente alle aziende e ai lavoratori di anticipare, di comune accordo, la risoluzione del rapporto di lavoro. Tale facoltà è rivolta esclusivamente alle aziende con un organico medio che superi i 15 dipendenti. Inoltre, è assolutamente necessario che tra azienda, INPS e sindacati sia raggiunto un accordo di esodo.
Inizialmente la norma prevedeva un anticipo massimo di 4 anni, successivamente è stato estero fino a sette anni per effetto della Legge di Bilancio 2018 su richiamata, valevole per il triennio 2018-2020. Conti alla mano, considerato che per quest’anno la pensione di vecchiaia si raggiunge a 67 anni d’età, teoricamente possono aderirvi i lavoratori con età pari o superiore a 60 anni.
Pensioni 2019: lo scivolo pensionistico nel contratto di espansione
Infine, nel cd. “Decreto Crescita” (D.L. n. 34/2019, convertito con modificazioni in L. n. 58/2019) è stato introdotto un nuovo scivolo pensionistico per le aziende che ricorrono al “contratto di espansione”. Per poter esercitare lo “scivolo pensionistico” il lavoratore deve:
- non trovarsi a più di 5 anni dal conseguimento della pensione di vecchiaia;
- aver maturato il requisito minimo contributivo;
- non trovarsi a più di 5 anni dal conseguimento della pensione anticipata.
La pensione anticipata in esodo, che deve essere effettuata nell’ambito di un accordo di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati, prevede il riconoscimento da parte del datore di lavoro per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell’indennità NASpI, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’INPS.
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