Si ricorda, fin da ora, che l’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata è subordinata al possesso di diverse condizioni per usufruire dell’agevolazione, come ad esempio l’invalidità all’80%. Tuttavia, può capitare che il richiedente si veda respinta la domanda da parte dell’INPS. Cosa fare qualora viene respinta la pensione di vecchiaia anticipata? Ecco delle brevi linee guida.
Pensione di vecchiaia anticipata: requisiti e condizioni
La pensione di vecchiaia anticipata è disciplinata dal D.Lgs. n. 503/1992, e consente di derogare al requisito anagrafico stabilito dalla pensione di vecchiaia, oggi pari a 67 anni. Infatti, chi accede alla pensione mediante il predetto decreto legislativo deve aver maturato:
- 61 anni per gli uomini;
- 56 anni per le donne.
Come anticipato, l’agevolazione è rivolta a chi ha un’invalidità accertata non inferiore all’80%. L’accertamento deve essere effettuato dagli uffici sanitari dell’INPS. Pertanto, a nulla rileva il fatto che il lavoratore abbia eventualmente già ottenuto il riconoscimento di una percentuale d’invalidità pari o superiore all’80% da parte di un altro ente, in quanto la certificazione rilasciata costituisce solo un elemento di valutazione per la formulazione del giudizio medico legale utile alla pensione di vecchiaia anticipata.
Quindi, solo la commissione medica dell’INPS può concedere la possibilità di pensionamento anticipato per invalidità.
Si precisa, inoltre, che non sono ammessi al beneficio i lavoratori dipendenti del settore pubblico ed i lavoratori autonomi, in quanto possono fruire del beneficio i soli lavoratori iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria dell’Inps (ad esclusione degli iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi) ed alle forme di previdenza sostitutive dell’Assicurazione generale obbligatoria stessa.
Pensione di vecchiaia anticipata: finestre mobili di 12 mesi
La finestra mobile di 12 mesi si applica anche alla pensione anticipata degli invalidi (art. 1, co, 8, del D.Lgs. n. 503/1992). Dunque, la norma introdotta dall’art. 12 del D.L. 78/2010, convertito in L. n. 122/2010, che obbliga i lavoratori dipendenti di ritardare l’accesso alla pensione di 12 mesi, ovvero di 18 mesi nel caso di lavoratori autonomi, deve essere rispettata anche dai lavoratori che presentano un’invalidità pari almeno all’80%.
La conferma è giunta anche dalla recente giurisprudenza cfr. (Cass. sentenza n. 29191/2018), sostenendo la tesi dell’INPS che pretendeva l’estensione di tale meccanismo anche per gli invalidi.
Pensione di vecchiaia anticipata: perché la domanda viene respinta
Le motivazioni che potrebbero prevedere il rigetto della domanda di pensione di vecchiaia anticipata sono molteplici. Da una parte potrebbe essere che la domanda sia stata respinta perché non in possesso del requisito anagrafico. Dall’altra, però, l’INPS specifica anche che per accedere a questo tipo di pensione bisogna sottoporsi ad una ulteriore visita medica presso la commissione INPS per stabilire la percentuale di invalidità pensionabile poiché, come detto, è la commissione stessa a stabilire l’accesso o meno alla prestazione.
Potrebbe anche essere che la commissione medica INPS non abbia ritenuto l’invalidità pensionabile consona all’accesso alla prestazione.
Quindi, in tal caso, o in qualsiasi altra fattispecie di rigetto della domanda, è comunque possibile inviare all’INPS una nuova domanda di pensione di vecchiaia anticipata, avendo cura di presentare nuova documentazione attestante l’invalidità, qualora la stessa sia stata respinta per mancato raggiungimento dell’invalidità all’80%.
Laddove la domanda fosse stata respinta poiché non sono trascorsi i 12 mesi di finestra mobile, anche in quest’ultimo caso il consiglio è quello di ripresentare l’istanza, indicando con esattezza la data di decorrenza della pensione, conteggiando il periodo di differimenti di cui sopra.
Pensione anticipata invalidi: il caso specifico
Nel caso di specie una lavoratrice aveva raggiunto i requisiti pensionistici per accedere alla pensione anticipata per i lavoratori con un’invalidità accertata pari almeno all’80%. In tali casi, l’art. 1, co. 8 del D.Lgs. n. 503/1992 consente di chiedere la pensione alla maturazione di un’età anagrafica di:
- 55 anni per le donne;
- ovvero, 60 per gli uomini;
insieme a un’anzianità contributiva di almeno 20 anni.
La diatriba nasce proprio sulla decorrenza del primo assegno pensionistico. La lavoratrice chiedeva che il trattamento previdenziale sarebbe dovuto decorrere dal primo aprile 2015; l’INPS, al contrario, sosteneva che la data di pensionamento slittava esattamente di un anno, in quanto soggetta alla finestra mobile di 12 mesi prevista dall’art. 12 del D.L. n. 78 /2010 (conv. in L. n. 122/2010).
Si ricorda che la norma delle finestre mobili è stata poi abrogata nel 2011 dalla Riforma Fornero (art. 24, co. 5 del D.L. n. 201/2011, convertito in L. n. 211/2011). Tuttavia, l’INPS ha interpretato in maniera restrittiva la novità legislativa nel senso che nell’esclusione dall’abrogazione rientrava la disposizione di cui all’articolo 1, co. 8 del Dlgs 503/1992.
Inizialmente le pronunce della Corte d’Appello di Palermo e del Tribunale di Termini Imerese avevano dato ragione alla lavoratrice, ritenendo che lo slittamento di 12 mesi si applicava esclusivamente alla pensione di vecchiaia, e non anche alla categoria degli invalidi almeno all’80%.
L’INPS, però, impugna la sentenza e ricorre in Cassazione.
Finestra mobile per invalidi: la sentenza
Gli ermellini della Corte di Cassazione ribaltano totalmente la situazione e danno ragione all’INPS. I giudici accolgono i motivi dell’Istituto previdenziale secondo il quale la finestra mobile non si applica soltanto ai soggetti che a decorrere dall’anno 2011 maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato.
Infatti, oltre alle lavoratrici del pubblico impiego pure contemplate nella norma, vi sono inclusi anche tutti gli altri soggetti che negli altri casi maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia alle età previste dagli specifici ordinamenti. E in questo ambito, ad avviso della Corte di Cassazione, possono certamente rientrare i soggetti che, essendo “invalidi in misura non inferiore all’80%”, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dall’art. 1 del D.Lgs. n. 502/1993 in relazione allo stesso settore privato.
In altri termini, per la Suprema Corte non è corretto sostenere che per includere le pensioni di vecchiaia anticipate nel meccanismo delle finestre mobili la legge avrebbe dovuto esplicitarlo espressamente. Difatti, la norma rientra nell’ampio disposto (“alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi”) utilizzato, in via residuale, dal legislatore nell’art. 12 su menzionato.
In ogni caso, conclude la Corte di Cassazione, fino all’apertura della finestra mobile l’assicurato conserva l’opzione di continuare a lavorare e di usufruire ne frattempo dei trattamenti di invalidità previsti in caso di totale o parziale incapacità lavorativa (es. assegno ordinario di invalidità o pensione di inabilità).
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento