Ma prima di spiegare se è possibile trasferire all’estero la pensione di invalidità, occorre tenere ben presente la differenza tra: pensione di invalidità INPS (contributiva) e la pensione di invalidità assistenziale.
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Pensione di invalidità INPS e pensione di invalidità assistenziale: la differenza
La pensione di invalidità civile (categoria INVCIV) ha natura esclusivamente assistenziale a carico dello Stato e non richiede l’obbligo della presenza di contributi INPS. In tal caso, quindi, pur non avendo versato alcun contributo all’INPS, il richiedente ha comunque diritto alla pensione in quanto presenta un’alta percentuale di invalidità
Viceversa, la pensione di invalidità INPS (assegno ordinario di invalidità) tiene conto di tutti i contributi accreditati nelle casse dell’INPS durante la vita lavorativa a copertura del rischio di invalidità. Quindi, dopo la verifica sanitaria dei medici INPS, si dà seguito all’erogazione dell’assegno ordinario d’invalidità (AOI).
Come vedremo in seguito, ai fini dell’esportabilità della pensione la differenza tra i due trattamenti pensionistici è sostanziale.
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Pensione di invalidità: non si può esportare all’estero
Sul tema dell’inesportabilità della pensione è intervenuta anche la giurisprudenza con l’Ordinanza n. 21901 del 7 settembre 2019. Sul punto, la Corte ha sancito l’inesportabilità in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive, ricordando che la disciplina comunitaria in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale prevede che le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono.
Alla luce delle suddetta pronuncia, per poter ricevere la pensione di invalidità civile (categoria INVCIV) è necessario risiedere in Italia. Quindi, nel momento in cui si prende la residenza all’estero, tutti questi tipi di contributi decadono automaticamente, proprio perché studiati per aiutare i cittadini italiani residenti in Italia.
L’orientamento giurisprudenziale si basa sull’art. 10-bis, co. 1, del Regolamento CEE n. 1247 del 30 aprile 1992, il quale stabilisce che:
- “[…] le persone alle quali il presente regolamento è applicabile beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo […] esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono ed in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell’allegato II bis. Tali prestazioni sono erogate a carico dell’istituzione del luogo di residenza”.
Pertanto, in virtù di quanto appena affermato, le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo non sono esportabili in ambito comunitario. Ergo, esse sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione, sicché la pensione di invalidità civile non è dovuta al cittadino residente fuori dal territorio nazionale.
In definitiva, a differenza della pensione di invalidità civile (INVCIV), l’Assegno Ordinario di Invalidità, che trova il suo fondamento economico nel montante contributivo, può essere trasferito all’estero.
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Quali pensioni sono inesportabili all’estero
Riassumendo, quindi, le prestazioni inesportabili sono:
- le pensioni sociali;
- le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili;
- le pensioni e le indennità ai sordomuti;
- le pensioni e le indennità ai ciechi civili;
- l’integrazione della pensione minima;
- l’integrazione dell’assegno di invalidità;
- l’assegno sociale;
- la maggiorazione sociale.
Pensione di invalidità all’estero: come non perdere la pensione
Quindi l’unica soluzione per non perdere la pensione d’invalidità civile è non trasferirsi all’estero? Dipende. Se, ad esempio, per motivi familiari o personali si va all’estero per qualche settimane, l’INPS non revoca la pensione. Il discrimine, in questo caso, è sempre fornito dalla residenza: se non si cambia residenza, non si perde l’assegno.
In ogni caso, bisogna comunque prestare attenzione: la circostanza di stare 5 mesi all’estero, per poi tornare in Italia per qualche giorno, e ripartire all’estero, potrebbe essere considerato un comportamento non lecito nei confronti dello Stato.
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