Esodati e pensioni: le proposte di Letta dopo la Riforma Fornero

Letizia Pieri 30/04/13
Per chi ha creduto che la Riforma Fornero sarebbe stato l’ultimo intervento correttivo del sistema pensionistico, stabilizzando i conti una volta per tutte grazie ad un inaspettato e doloroso innalzamento dell’età pensionabile, si prospetta una nuova, imprevista, novità. Il discorso di presentazione del programma di Governo annunciato ieri alla Camera dal neo Presidente del Consiglio, Enrico Letta, sembra infatti delineare i contorni di una manovra correttiva alla riforma vigente. Il neo premier non soltanto ha presentato “una soluzione strutturale” della questione-esodati, ma si è spinto oltre prefigurando la flessibilizzazione delle nuove soglie anagrafiche di pensionamento, iscrivendo entrambe le prospettive all’interno di un “radicale” disegno riformativo del sistema di welfare.

Sul problema concernente gli esodati, ossia quelle decine di migliaia di lavoratori che post-Riforma Fornero sono rimasti in un limbo tra il rischio di non avere più il lavoro e quello di non ottenere nemmeno la pensione, la proposta avanzata dal nuovo Governo pare convergere verso la soluzione della flessibilità, e in modo particolare sull’eventualità di un pensionamento anticipato. Enrico Letta ne ha annunciato “l’esigenza generale”, congetturando l’operazione come uno degli strumenti privilegiati “per evitare la formazione di bacini estesi di lavoratori anziani”, nei confronti dei quali, venendo messi alla porta dalle aziende, diventa “difficile la ricollocazione al lavoro”.

Letta apre dunque “a forme circoscritte di gradualizzazione del pensionamento, come l’accesso con 3-4 anni di anticipo al pensionamento con una penalizzazione proporzionale”. Attualmente la Riforma Fornero presume questa possibilità esclusivamente per quei soggetti che vanno in pensione di anzianità (occorrono 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne) prima di 62 anni. Il taglio dell’1%  dell’intero importo pensionistico scatta per ogni anno di anticipo, percentuale che cresce poi al 2% per ogni anno di anticipo che oltrepassa i due anni (nel caso una persona lasci il lavoro a 57 anni, ad esempio, il taglio è pari all’8%).

Meccanismi similari potrebbero quindi essere ora estesi agli altri requisiti? Per esempio quelli attinenti gli anni di contributi richiesti o viceversa il minimo per l’età di vecchiaia, oggi ferma a 66anni  e 3 mesi e 62 anni e 3 mesi per le donne del privato? L’inaugurazione di ulteriori finestre confinate al pensionamento anticipato, sia pure danneggiato, potrebbe risolvere da sola il problema di molti esodati. In Parlamento sono arrivate anche proposte normative più specifiche: una di esse riguarda il disegno presentato dal Pd, con primi firmatari Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi, che punta ad allargare le maglie dei decreti interministeriali varati del precedente esecutivo Monti, ritenuti responsabili di aver già permesso a 140mila esodati di andare in pensione seguendo le previgenti direttive.

In questo modo si riserverebbe una risposta, certo di non poca importanza, ai potenziali esodati, il cui numero preciso nessuno sembra ancora sapere a quanto ammonti. Ai fini della procedura di salvaguardia dei 140mila sono tuttavia già stati stanziati ben 9 miliardi. Proprio ieri, poi, il parlamentare del Pdl Giuliano Cazzola ha ricordato in aula che la Ragioneria dello Stato aveva già precedentemente predisposto il blocco dell’ampliamento della platea, paventando una spesa aggiuntiva oscillante tra i 14 ed i 15 miliardi.

Letizia Pieri

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