Pensione di vecchiaia: calcolo e conteggio dei contributi

Il sistema previdenziale italiano prevede molteplici modalità di uscita dal mondo del lavoro che si suddividono sostanzialmente in due filoni: quelle ordinarie e quelle anticipate. Rientrano nell’ambito delle modalità ordinarie: la pensione anticipata e la cd. “pensione di vecchiaia”. Qual è la differenza fondamentale? Ebbene, con la pensione anticipata il lavoratore può pensionarsi a prescindere dalla maturazione di una determinata età anagrafica, in quanto la fruizione di tale modalità si basa unicamente al raggiungimento di una certa soglia di contributi. In particolare, per il 2021, sono necessari ben 42 anni e 10 mesi (2227 settimane contributive) per gli uomini e 41 anni e 10 mesi (2175 settimane contributive) per le donne.

La pensione di vecchiaia, invece, funziona in modo totalmente differente, poiché per andare in pensione bisogna obbligatoriamente soddisfare un requisito anagrafico che, per il 2021, è pari a 67 anni. La soglia anagrafica vale sia per le donne che per gli uomini. Tuttavia, oltre ai 67 anni, è necessario avere un minimo di contributi. Il sistema previdenziale italiano pone tale soglia minima a 20 anni di contributi anche se, come vedremo, nel prosieguo di questo articolo, il lavoratore può pensionarsi con la pensione di vecchiaia anche con soli 15 anni di contributi, o addirittura con 5 anni. Si tratta di modalità di pensionamento molto particolari e non accessibili da tutti.

Ciò detto, pare opportuno chiarire come si calcola la pensione di vecchiaia, al fine di capire quanto spetta di pensione mensilmente. Andiamo quindi a illustrare: come funziona la pensione di vecchiaia, alcuni esempi di calcolo, quanti contributi servono in termini di settimane e la pensione di vecchiaia anticipata.

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Pensione di vecchiaia: cos’è e come funziona

Partiamo innanzitutto a chiarire cos’è la pensione di vecchiaia. Come noto, si tratta di una prestazione pensionistica erogata:

  • dall’assicurazione generale obbligatoria (Ago);
  • dai fondi ad essa sostitutivi, esclusivi o esonerativi;
  • dalla Gestione separata dell’INPS al compimento.

Come anticipato in premessa, l’accesso è garantito esclusivamente a coloro che maturano un’età anagrafica di 67 anni, unitamente al possesso, di regola, di almeno 20 anni di contributi (1040 settimane).

Pensione di vecchiaia: con almeno 15 anni di contributi

Tuttavia, la pensione di vecchiaia è raggiungibile anche con meno di 20 anni di contributi, ossia esattamente 15 anni. Si tratta di un caso particolare previsto dalla cd. “Legge Amato”, disciplinata dal D.Lgs. n. 503/1992, che prevede ben tre deroghe, ossia le cd. “deroghe Amato”.

Ma come funzionano? Ognuna di queste deroghe devono soddisfare determinate regole. Vediamole in dettaglio.

La prima deroga è subordinata al verificarsi di due condizioni. In particolare, il lavoratore:

  • deve aver maturato 15 anni di contribuzione (780 settimane) accreditate prima del 31 dicembre 1992. A tal fine, valgono i contributi volontari, obbligatori, figurativi, da riscatto e ricongiunzione, ecc.;
  • deve essere iscritto al Fondo lavoratori dipendenti o alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi dell’INPS. Sono inclusi anche gli iscritti ex Inpdap, ex Enpals, ex Ipost.

La seconda deroga consiste nell’essere stati autorizzati al versamento dei contributi volontari in data anteriore al 31 dicembre 1992. Possono accedervi:

  • i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’Ago dell’Inps (Assicurazione Generale Obbligatoria);
  • gli iscritti ex Enpals (non per gli iscritti all’ex Inpdap ed all’ex Ipost).

Infine, la terza deroga Amato prevede l’obbligo di perfezionamento di un insieme di requisiti ed è valevole solo per i lavoratori dipendenti iscritti all’Ago o ad un fondo sostitutivo o esonerativo della medesima. In particolare è necessario aver maturato:

  • 25 anni di anzianità assicurativa. In pratica, il primo contributo deve essere accreditato almeno 25 anni prima della data di maturazione dei requisiti per la pensione;
  • 15 anni di contribuzione;
  • almeno 10 anni lavorati per periodi inferiori alle 52 settimane. Non sono considerati gli anni lavorati interamente in cui risultano meno di 52 contributi settimanali, a causa del fatto che il part time non arrivi a coprire tutte le 52 settimane per retribuzione inferiore al minimale.

Pensione di vecchiaia: con almeno 5 anni di contributi

Come anticipato in premessa, la pensione di vecchiaia è raggiungibile anche con meno di 5 anni di contributi. Infatti è addirittura possibile pensionarsi con soli 5 anni di contributi. Stiamo parlando esattamente della «pensione di vecchiaia contributiva». Si tratta, ovviamente, di una modalità assolutamente particolare.

Infatti, non è accessibile a 67 anni d’età, bensì è necessario maturare ben 71 anni.

Inoltre, per ottenere questa pensione, però, è necessario essere assoggettati al calcolo integralmente contributivo della prestazione. Quindi, hanno diritto alla pensione di vecchiaia con 5 anni di contributi, o pensione di vecchiaia contributiva, tutti i lavoratori la cui prestazione deve essere calcolata col sistema interamente contributivo Si ricorda, al riguardo, che il sistema contributivo riguarda:

  • coloro che non possiedono contributi versati prima del 1° gennaio 1996;
  • coloro che possiedono contributi soltanto nella gestione separata o hanno optato per il computo della contribuzione in questa gestione;
  • coloro che hanno optato per il sistema di calcolo contributivo.

Pensione di vecchiaia: calcolo dei contributi

L’importo della pensione spettante dipende sostanzialmente dall’arco temporale in cui sono stati accreditati i contributi. In sostanza, due sono le modalità di calcolo:

  • retributivo;
  • contributivo;

Il calcolo retributivo della pensione si applica a coloro che possiedono almeno 18 anni di contributi accreditati alla data del 31 dicembre 1995; questo sistema di calcolo si basa sugli ultimi stipendi percepiti ed è diviso in due quote:

  • la quota A, che si basa sugli ultimi 5 anni di stipendio, rivalutati, e sul numero di settimane di contributi possedute al 31 dicembre1992;
  • la quota B, che si basa sugli ultimi 10 anni di stipendio, rivalutati, e sul numero di settimane possedute al 31 dicembre 2011.

Un metodo molto veloce ma anche approssimativo per il calcolo consiste nell’individuare la retribuzione media pensionabile degli ultimi anni di retribuzione (rivalutati) e nel moltiplicarla per un’aliquota di rendimento del 2%, che a sua volta è moltiplicata per il numero di anni di contribuzione.

Facciamo un esempio. Se il lavoratore, soggetto al solo calcolo retributivo, ha una retribuzione media pensionabile pari a 1.500 euro e 40 anni di contributi, dovrà effettuare la seguente operazione:

  • 1.500 x 40 x 2%;
  • otterrà pertanto 800 euro di pensione.

Il calcolo contributivo riguarda, invece, i contributi versati:

  • a partire dal 1° gennaio 1996, per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
  • a partire dal versamento del primo contributo, per chi non ha anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;
  • per tutta la contribuzione posseduta, per chi sceglie di ricalcolare tutta la pensione col sistema contributivo;
  • a partire dal 1° gennaio 2012, per chi possiede più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 (cioè a chi era soggetto al solo calcolo retributivo).

Il calcolo contributivo non si basa sugli ultimi stipendi o retribuzioni percepite come il sistema retributivo, ma sui contributi effettivamente versati nel corso dell’attività lavorativa, rivalutati e trasformati in rendita da un coefficiente che aumenta all’aumentare dell’età pensionabile.

Leggi anche “Pensione di vecchiaia 2021: requisiti, regole, domanda e novità”

Daniele Bonaddio

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