- alla pensione di reversibilità, se il dante causa è già titolare di pensione diretta (pensione di vecchiaia o anticipata) ovvero avendone diritto, ne abbia in corso la liquidazione;
- alla pensione diretta, se il lavoratore deceduto non ha ancora maturato una pensione diretta. In tal caso, l’INPS eroga la pensione ai familiari superstiti allorquando l’assicurato abbia versato almeno 15 anni di contributi (780 contributi settimanali) in tutta la vita assicurativa oppure, in alternativa, almeno 5 anni di contributi (260 contributi settimanali), di cui 3 (156 contributi settimanali) nei 5 anni precedenti al decesso.
Ma chi sono i familiari aventi diritto alla pensione di reversibilità? Come si calcola la pensione di reversibilità? Esistono delle percentuali di cui tener conto per il calcolo della pensione di reversibilità, sia per quanto riguarda la quota riconosciuta ai vari superstiti che per il taglio previsto in presenza di altri redditi. Dobbiamo partire da queste, quindi, per capire quanto spetta di pensione di reversibilità a seconda dei casi.
Ecco delle brevi linee guida utili per orientarsi al meglio.
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Pensione di reversibilità: a chi spetta
La disciplina dell’erogazione della pensione ai superstiti è contenuta nell’art. 1, co. 41, della Legge 8 agosto 1995, n. 335 e s.m.i, e vi rientrano:
- il coniuge, anche se separato legalmente. Ha diritto alla pensione ai superstiti anche il coniuge divorziato a condizione che sia titolare dell’assegno periodico divorzile, che non sia passato a nuove nozze e che la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto sia anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il coniuge che passa a nuove nozze, invece, perde il diritto alla pensione ai superstiti, ma ha diritto a un assegno una tantum pari a due annualità (art. 3, del D.Lgs. 18 gennaio 1945, n. 39) della quota di pensione in pagamento, compresa la tredicesima mensilità, nella misura spettante alla data del nuovo matrimonio. Nel caso in cui il dante causa abbia contratto nuovo matrimonio dopo il divorzio, le quote spettanti al coniuge superstite e al coniuge divorziato sono stabilite con sentenza dal Tribunale.
- i figli ed equiparati che alla data di decesso dell’assicurato o del pensionato non abbiano superato il 18° anno di età o, indipendentemente dall’età, siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo;
- in assenza del coniuge e dei figli o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti, i genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte del dante causa abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione e risultino a carico del lavoratore deceduto;
- in assenza del coniuge, dei figli o del genitore o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti, i fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto.
Pensione di reversibilità: a chi non spetta
Individuati i soggetti a cui spetta la pensione di reversibilità, nonché le percentuali di spettanza della pensione del defunto, si illustrano i casi nei quali l’INPS non riconosce l’assegno al parente.
Di seguito, si fornisce un elenco di ipotesi in cui non ricorre l’erogazione della pensione:
- coppie di fatto. Se dal matrimonio e dalle unioni civili derivano una serie di doveri (quali il mantenimento, l’assistenza e la fedeltà, quest’ultima solo nel caso del matrimonio), di conseguenza la legge riconosce altrettanti diritti, escludendo dalla pensione di reversibilità le coppie di fatto;
- coniuge che non percepisce l’assegno divorzile. L’assegno divorzile (o assegno di mantenimento) viene riconosciuto all’ex coniuge che dimostra di non essere economicamente indipendente ed autosufficiente. Se costui ha un reddito (ad esempio l’affitto di una casa vacanza) o è in età lavorativa, potrebbe non avere diritto all’assegno di mantenimento e, di conseguenza, alla pensione di reversibilità;
- coniuge che ha contratto nuove nozze. In questo caso il diritto alla pensione verrà liquidata una tantum nella misura di due mensilità;
- figli ed equiparati di età superiore a 18 anni. Se i figli ed equiparati frequentino la scuola media o professionale, sono esclusi coloro che hanno più di 21 anni, ovvero 26 anno se gli stessi risultino iscritti all’università o a scuole di livello universitario in un anno accademico compreso nella durata del corso di laurea;
- figli ed equiparati che accedono ai tirocini formativi e di orientamento di cui all’art. 18 della L. n. 196/1997. Nello specifico, il tirocinio formativo e di orientamento non consente il mantenimento dello status di studente, con conseguente impossibilità di riconoscimento o proroga del diritto alla quota di reversibilità;
- figli ed equiparati che svolgono un’attività lavorativa dalla quale derivi un reddito annuo superiore al trattamento minimo annuo di pensione previsto dall’assicurazione generale obbligatoria maggiorato del 30%. Pertanto, in caso di attività retribuita che pregiudica la prevalente qualifica di studente, il superstite ha l’onere di comunicare tempestivamente all’Istituto il reddito annuo presunto, nonché ogni variazione dello stesso. In caso di superamento del limite di cui sopra, le Sedi procederanno all’immediata sospensione del trattamento pensionistico e al recupero delle somme indebitamente erogate nel corso dell’anno di riferimento.
- genitori che non abbiano ancora compiuto il 65esimo anno di età, che siano titolari di pensione diretta ovvero non siano a carico del defunto;
- fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato che non siano inabili o titolari di pensione diretta.
Pensione di reversibilità: nessun assegno per le coppie di fatto
Pensione di reversibilità: come si calcola
Per il calcolo della pensione di reversibilità ovviamente si parte dall’assegno di pensione maturato dal dante causa al momento del decesso. L’importo viene definito applicando le attuali regole per il calcolo della pensione: quindi per la parte di contributi accreditati prima del 1° gennaio 1996 si applicano le regole del retributivo, mentre per quelli che fanno riferimento al periodo successivo si applica il contributivo.
A questo punto, partendo dall’importo della pensione maturata dal dante causa, possiamo capire quanto spetta ai beneficiari che hanno diritto alla reversibilità.
A tal fine, bisogna applicare alcune percentuali, che variano in funzione del grado di parentela con il defunto, come di seguito specificato:
- 60%, solo coniuge;
- 70%, solo un figlio;
- 80%, coniuge e un figlio ovvero due figli senza coniuge;
- 100% coniuge e due o più figli ovvero tre o più figli;
- 15% per ogni altro familiare, avente diritto, diverso dal coniuge, figli e nipoti.
Qualora abbiano diritto a pensione i figli, ovvero i genitori o i fratelli o sorelle, le aliquote di reversibilità sono le seguenti:
- un figlio: 70%;
- due figli: 80%;
- tre o più figli: 100%;
- un genitore: 15%;
- due genitori: 30%;
- un fratello o sorella: 15%;
- due fratelli o sorelle: 30%;
- tre fratelli o sorelle: 45%;
- quattro fratelli o sorelle: 60%;
- cinque fratelli o sorelle: 75%;
- sei fratelli o sorelle: 90%;
- sette fratelli o sorelle: 100%.
Pensione di reversibilità: taglio dell’importo
Da notare che non basta attenersi esclusivamente alle suddette percentuali per effettuare il calcolo della pensione di reversibilità. Qualora i superstiti possiedano altri redditi, occorre applicare un taglio alla pensione di reversibilità.
Nel dettaglio, non sono previsti tagli per chi ha redditi che non superano di tre volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione.
Quindi, per il 2021 il limite da non superare per beneficiare dell’intera quota della pensione di reversibilità è pari a 20.107,62 euro.
Sopra di questa soglia scattano dei tagli, pari a:
- reddito compreso tra le tre e le quattro volte il trattamento minimo, quindi tra 20.107,62 euro e 26.810,16 euro: taglio del 25%;
- reddito compreso tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo, quindi tra 26.810,16 euro e 33.512,70 euro: taglio del 40%;
- reddito superiore alle cinque volte il trattamento minimo, quindi a 33.512,70 euro: taglio del 50%.
Si specifica, infine, che le suddette riduzioni non si applicano quando nel nucleo familiare ci sono figli minorenni, studenti o inabili.
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