Con un decreto direttoriale dei ministeri di Economia e Lavoro sarà sancito l’adeguamento e il conseguente aggiornamento dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni future.
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Il nuovo adeguamento peserà maggiormente sulle donne lavoratrici che già nel 2018 dovranno lavorare un anno in più per raggiungere l’età pensionabile a 66 anni e 7 mesi.
La reazione dei sindacati e del mondo politico non si è fatta attendere. Le tre Confederazioni chiedono quindi “il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita previsto per il 2019 e l’avvio del confronto per una modifica dell’attuale meccanismo per superare e differenziare le attuali forme di adeguamento, tenendo conto anche delle diversità nelle speranze di vita e nella gravosità dei lavori”.
Cgil, Cisl e Uil spiegano che “l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aumento di cinque mesi dell’aspettativa di vita, certificato oggi dall’Istat, porterebbe l’età pensionabile degli italiani a 67 anni, requisito che, a normativa vigente, si sarebbe dovuto raggiungere, nel 2021”. “Quindi – proseguono – non si tratta, come affermato scorrettamente da alcuni professori e esponenti delle istituzioni, di minare la tenuta finanziaria del sistema previdenziale ma, al contrario, di garantirne nel tempo la sostenibilità anche sociale”.
Il Governo si è dichiarato disponibile ad intervenire per eventuali correttivi, visto che manca ancora 1 anno allo scatto, anche se i tecnici di Palazzo Chigi segnalano che bloccare l’adeguamento al livello attuale fino al 201 comporterebbe un aumento della spesa previdenziale fino a 5 miliardi tra il 2019 e il 2020.
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