Pier Luigi Bersani, al momento unico candidato certo di tutto l’arco politico a palazzo Chigi, sembra intenzionato a tirare dritto sulla strada della partecipazione, convocando ancora una volta gli elettori, questa volta per decidere i futuri rappresentanti in Parlamento.
Proprio come Beppe Grillo e il suo MoVimento 5 Stelle, che hanno recentemente scelto gli aspiranti deputati e senatori con le Parlamentarie, anche il Pd, dunque, sulla spinta di alcuni esponenti tra cui Pippo Civati, uomo di punta del partito in Lombardia, dice basta alle liste bloccate e invoca la benedizione popolare sui futuri rappresentanti istituzionali. Sarà davvero così? Vediamo.
“So bene che è uno sforzo ai limiti dell’impossibile” ha twittato Bersani dopo l’annuncio delle primarie per i parlamentari democratici. Tanto arduo che, a due settimane dalle date annunciate, non si conoscono ancora con certezza modalità di accesso e nomi dei partecipanti in lizza per i seggi.
Oggi, a quanto pare, dovrebbe essere il giorno clou in cui verranno diramate le regole per le elezioni primarie – parte seconda, anche se sembra già definita la platea d’interesse: quella – naturalmente – degli iscritti, cui si aggiungeranno i votanti alla corsa per la candidatura a premier. Coloro i quali, cioè, abbiano firmato l’appello della coalizione di centrosinistra, qualificandosi idealmente come elettori dello schieramento – non ancora del tutto definito – che dal Pd arriva, per ora, fino a Vendola.
I principali destinatari della sortita di Bersani sembrano, però, i coinquilini che hanno visto il proprio leader soccombere al ballottaggio, quel Matteo Renzi la cui unica sortita di respiro nazionale, dopo la batosta alle urne, è stata sbattere la porta in faccia a Berlusconi, che aveva speso per lui parole al miele, invitandolo a mollare Bersani.
Ora, però, è proprio all’ala più “movimentista” del Pd che il segretario-candidato premier e i suoi strizzano l’occhio, quella che meno si riconosce nella forma di partito strutturato, invocando rappresentanze più “liquide” e non imposte dall’alto. Un agglomerato, questo, non necessariamente estremista – lo stesso Renzi è tutto fuorché un girotondino – ma che non nasconde il proprio disappunto, specialmente sulle modalità di scelta verticistiche dei propri rappresentanti.
Tutto bene, allora, se non fosse che, a quanto si evince dai primi retroscena, qualcuno il seggio a Montecitorio o a palazzo Madama se lo sarebbe già guadagnato: è il caso, secondo il Corriere della Sera, del professor Carlo Galli, lo spin doctor bersaniano Miguel Gotor, dell’economista Massimo D’Antoni, dell’editorialista Michele Ciliberto, più le due giuriste Laura Bazzicalupo e Laura Corazza.
Questi, i nomi più in vista. Stando alle anticipazioni, però, starebbe prendendo piede l’idea di disporre in via ufficiale come uno su cinque dei futuri parlamentari Pd siano direttamente espressione della segreteria. Dunque, se ciò venisse confermato, i futuri vincitori delle primarie di fine anno andranno a comporre non più dell’80% tra i deputati e senatori democratici nella prossima legislatura.
Sarà abbastanza per i delusi renziani? Forse sì, ma intanto i social, sui quali il sindaco fiorentino ha dimostrato buona dimestichezza in campagna elettorale, sono già in fermento. Da pochi giorni è infatti attivo su Facebook il gruppo “Matteo Renzi deve fondare un nuovo partito” che conta già oltre 6mila adesioni.
Il promotore della pagina social mette in chiaro che l’iniziativa non avrebbe alcuna correlazione con il Comitato del leader “rottamatore”. Il deus ex machina della petizione online risponde al nome di Matteo Festini, 48enne di Pistoia, che così si presenta: “Di professione faccio l’Infermiere. Non sono iscritto al PD ma ho sempre votato centrosinistra e ora mi sono stufato delle vecchie cariatidi che ammorbano la politica italiana”. A giudicare dal responso degli utenti web, non sono pochi a pensarla come lui.
Un malcontento diffuso che Bersani, per primo, conosce e sta cercando con tutte le sue forze di rassicurare, anche di fronte allo spettro di una candidatura di Mario Monti, potenzialmente un osso molto duro nella corsa a palazzo Chigi. Primarie o non primarie, però, emergono già le prime avvisaglie che qualche voto per strada Bersani finirà inevitabilmente per perderlo.
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