Chi vuole rientrare nei nuovi minimi, infatti, non deve aver svolto negli ultimi 3 anni un lavoro autonomo; c’è di più, come recita il decreto legge 98/2011, la nuova attività non deve essere la semplice continuazione di un lavoro già eseguito in passato, sia come dipendente che come autonomo. Il forfait del 5% rappresenta, senza dubbio, un incentivo molto interessante e permette di sfruttare tutte le vie d’ingresso possibili, anche perché oltre alla riduzione d’imposta, c’è la mancata applicazione di Iva, Irap, studi di settore e spesometro, ma non bisogna sottovalutare il ruolo della crisi economica.
Del resto il regime dei minimi è pensato proprio per quelle fasce che risentono maggiormente della congiuntura economica negativa, ossia i giovani disoccupati e coloro che il lavoro l’hanno perso. Il 70% delle adesioni, secondo i dati forniti dall’osservatorio delle Finanze sulle partite Iva, è rappresentato da giovani sotto i 35 anni a dimostrazione del fatto che mettersi in proprio per molti under 35 è stata una necessità prima ancora che una scelta.
Un terzo di quanti hanno optato per il nuovo regime, tra i settori, è attivo nell’ambito delle professioni, seguito a distanza dal commercio; fra l’altro, le attività professionali e tecnico – scientifiche incidevano per il 40% già tra i vecchi minimi, validi fino al 2011. Nel momento in cui si ottiene il regime favorevole, la questione diventa come mantenerlo; la legge, infatti, impone come vincoli che i ricavi non superino i 30 mila euro annui, mentre gli investimenti non devono superare i 15 mila euro in un triennio.
La voce investimenti comprende più elementi di quel che si possa credere, basti pensare infatti che rientrano in questo ambito anche il semplice affitto per l’ufficio o la sede; praticamente è consentita una spesa minima di 416,66 euro al mese. Problematico non è, però, solo il tetto sugli investimenti ma anche i 30.000 euro dei ricavi, alla lunga, possono essere un problema; infatti se allo sforare della quota non fosse sufficiente cavarsela con l’Irpef al 38%, la legge prevede il ritorno alla tassazione ordinaria che si rivelerebbe inaffrontabile per i contribuenti che rimangono sotto i 15 mila euro di guadagno.
La riforma Fornero ha disposto numerosi controlli sulle false partite Iva, i controlli cominceranno solo nel 2014, ma chi non rispetta i requisiti stabiliti dalla legge rischierà di essere identificato come lavoratore dipendente o collaboratore a progetto. La legge, inoltre, per come è strutturata potrebbe andare a trovare proprio coloro che hanno ecceduto dell’uso del regime dei minimi, lavorando magari in modo esclusivo con un solo committente e con una postazione fissa di lavoro nei suoi locali; proprio due delle spie di irregolarità selezionate dalla riforma del lavoro.
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