Mentre lo storico intellettuale si rendeva protagonista di un epilogo estremo, dentro la cattedrale ben 1.500 persone, evacuate dai Vigili del Fuoco, si sono ritrovate forzatamente coinvolte nel brutale atto terminale. “Immagino lo choc di questi fedeli. -è intervenuto sul posto il ministro dell’Interno francese, Manuel Valls– È stato il suicidio di un uomo disperato. Sono qui per testimoniare il dolore e la solidarietà della Francia alla Chiesa cattolica”. Come lascito o presunta motivazione della scia che per qualche ora ha macchiato di sangue i gradini di Notre-Dame, Venner ha recapitato sull’altare cinque lettere, il cui contenuto però non è ancora stato reso noto. Il suicidio in chiesa diventa l’unico gesto, per clamore, mai commesso prima dinanzi alla proverbiale somma ‘sacralità’, “Non mi risulta che sia successo mai niente di simile in passato”, ha confermato monsignor Patrick Jacquin, rettore della cattedrale che proprio quest’anno festeggia i suoi 850 anni. Lo storico e saggista suicida era nato il 16 aprile 1935 a Parigi, dopo essere stato paracadutista volontario in Algeria, campione della Francia reazionaria, cultore delle armi ed esperto della storia dei cavalieri e dei samurai, attualmente ricopriva la carica di direttore della rivista bimestrale “Nouvelle Revue d’Histoire”, esplicitamente influenzata dal “nazionalismo europeo”.
Recentemente Venner si era dimostrato un attivo oppositore alla normativa convalidante i matrimoni gay, la tanto discussa “mariage pour tous”, nozze per tutti, la legge che equipara la validità normativa di matrimonio ed adozione nei confronti sia delle coppie etero che di quelle omosessuali. “La manifestazione del 26 maggio e Heidegger” scriveva Venner nel blog con riferimento ai dimostranti anti-nozze gay che hanno annunciato di scendere in piazza la prossima settimana “hanno ragione di gridare la loro impazienza e la loro collera. Una legge infame, una volta votata, può essere sempre abrogata”. “La loro lotta –aveva aggiunto il saggista- non può limitarsi al rifiuto dei matrimoni omosessuali”, per scongiurare il pericolo che la “Francia cada nelle mani degli islamisti”, continuava l’esortazione, dovranno verificarsi “gesti nuovi, spettacolari e simbolici”. E’ in questo modo che sembra aver preso forma il disegno choc attuato dall’intellettuale 78enne, intriso di fanatismo ed esplicitamente indirizzato all’opinione pubblica nazionale, per invertire la condannata rotta progressista e così risollevare anche le coscienze più sopite. L’invettiva premonitrice di Venner aveva esteso l’attacco anche alla classe politica più generale, ed eccezione di Marine Le Pen, si leggeva sul blog, “I governi di tutti i partiti (escluso il Front national), così come i datori di lavoro e la Chiesa, hanno accelerato con tutti i mezzi l’immigrazione afro-maghrebina”.
A breve distanza dal suicidio, su Twitter il primo commento da fonte ‘istituzionale’ è arrivato proprio da Le Pen, “Tutto il nostro rispetto a Dominique Venner, il cui ultimo gesto, eminentemente politico, è stato di tentare di svegliare il popolo di Francia” ha cinguettato dal web la leader dell’estrema destra francese. “Alla pietà per un uomo morto vittima della sua fobia non si può non aggiungere una forte condanna alle parole di Marine Le Pen. È vergognoso ascrivere valori politici a un gesto autolesionista ma comunque profondamente violento” è stata la celere ribattuta del presidente di GayLib (gay di centrodestra), Enrico Oliari, il quale ha poi aggiunto: “L’omofobia fa male anche a chi ne è portatore. Il presidente del Senato Grasso l’aveva detto scherzando il 17 maggio. La notizia del tragico fatto avvenuto dentro la cattedrale di Notre-Dame ne è l’ennesima prova”. Al di là del movente ideologico, discutibilmente contestabile, rimane comunque la “disgrazia” di “un dramma sconvolgente”, sono le parole usate dal rettore della cattedrale, monsignor Jacquin. Il dubbio subito insinuato tra i fedeli, circa la necessità di riconsacrare Notre-Dame, protagonista assoluta dell’atto suicidiario, è stato fugato dallo stesso rettore il quale ha parlato di “rito di riparazione” da svolgersi durante una messa feriale, probabilmente già nella giornata di mercoledì, quale strumento riparatore e da solo sufficiente per ‘ripulire’ le sacre navate dal sangue del gesto peccatore. La riconsacrazione era considerata necessaria in casi simili prima del Concilio Vaticano II, ora il Caeremoniale Episcoporum in vigore, invece, presume la sola riparazione.
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