L’Opzione donna permette oggi alle lavoratrici di andare in pensione all’età minima di 57 anni se posseggono almeno 35 anni di contributi al 31 dicembre 2015. Il sistema costringe però le contribuenti ad avvalersi del solo metodo contributivo per il calcolo della pensione. Vediamo allora come potrebbe cambiare l’Opzione donna per il futuro e in quali casi è davvero conveniente.
Come funziona l’Opzione donna?
L’Opzione donna, introdotta per la prima volta dalla Legge n. 243/2004, è dunque una misura che consente alle lavoratrici dipendenti e autonome di andare in pensione anticipata rispettivamente a 57 e 58 anni se possiedono almeno 35 anni di contributi. L’adeguamento alla speranza di vita ha fatto progressivamente salire l’età pensionabile tramite opzione donna a 57 anni e 7 mesi per le dipendenti e a 58 anni e 7 mesi per le autonome.
La recente Legge di Stabilità 2017 ha esteso la data entro la quale si devono maturare i requisiti di età e di richiesti dal 31 dicembre 2015 al 31 luglio 2016. I 35 anni di contributi, invece, devono essere stati maturati come prima alla data del 31 dicembre 2015.
Resta inoltre fermo il fatto che, una volta maturati i requisiti, le lavoratrici dovranno attendere un ulteriore periodo, detto finestra, pari a 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.
La richiesta di proroga fino a dicembre 2018
L’interrogazione parlamentare promossa negli ultimi giorni potrebbe quindi portare a una proroga dell’Opzione donna per tutto il prossimo anno. In particolare, si sta pensando di posticipare le date di maturazione dei requisiti al 31 dicembre 2018.
Una modifica della normativa che estenderebbe l’Opzione a una platea molto più vasta di lavoratrici, eppure sembra che le risorse per l’ampliamento ci siano tutte. Il Movimento 5 Stelle si riferisce in particolare ai fondi messi a disposizione negli ultimi anni per interventi previdenziali che non sono stati completamente consumati dalle varie riforme già attuate. La Legge di Bilancio 2016, inoltre, ha previsto una possibile proroga dell’Opzione donna da decidersi entri il 30 settembre di ogni anno.
- Per approfondire il tema, Speciale Riforma Pensioni
Le proteste delle lavoratrici e l’apertura del Governo
L’interrogazione parlamentare per la proroga dell’Opzione donna è anche il frutto della recente mobilitazione delle lavoratrici che richiedono l’estensione del beneficio.
Il 23 marzo scorso, in particolare, centinaia di lavoratrici hanno partecipato alla manifestazione di Roma a sostegno dell’ampliamento della pensione anticipata e della tutela di precoci ed esodati. I gruppi Facebook “Movimento Opzione donna” e “Opzione donna proroga al 2018” sono da mesi particolarmente attivi in tal senso, con una delegazione di lavoratrici del primo che ha incontrato la Commissione Lavoro del Senato lo scorso 8 marzo. L’atmosfera, in questi giorni, pare essere quella di un cauto ottimismo sulle future decisioni del Governo.
Gli svantaggi dell’Opzione donna
Ricordiamo, tuttavia, che l’Opzione donna La misura presenta anche degli svantaggi per le lavoratrici.
Chi decide di avvalersi dell’Opzione si vede infatti calcolare l’importo della pensione interamente con le regole del sistema contributivo. Questo porterà a una decurtazione dell’assegno molto rilevante, soprattutto per le lavoratrici che negli ultimi anni hanno percepito uno stipendio più alto: le stime ufficiali parlano di tagli fino al 27%.
Le lavoratrici che vogliono andare in pensione anticipata ma hanno maturato contributi presso diverse gestioni, inoltre, non possono utilizzare il cumulo gratuito dei contributi. A loro disposizione solo la ricongiunzione, che però spesso non conviene perché ha costi molto altri. Inoltre, la ricongiunzione non può essere utilizzata per i contributi maturati presso la Gestione separata dell’Inps: rimarrebbero fuori, in altre parole, gli anni di lavoro come libera professionista, co.co.co e con i voucher.
- Sull’argomento, Speciale Opzione Donna
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