La promessa è stata mantenuta nel Consiglio dei ministri del 15 ottobre scorso. Tra le tante novità in ambito previdenziale, nel Disegno di legge riguardante la Legge di Bilancio 2019-2021 figura anche la proroga della c.d. “opzione donna”, che apre la strada al pensionamento anticipato a numerose lavoratrici. Ma cos’è e cine funziona la proroga opzione donna? Quali sono i requisiti pensionistici da maturare per l’accesso? Andiamo per ordine e riepiloghiamo nel dettaglio la nuova misura che vedrà luce già dal prossimo anno.
Tutte le novità su Opzione Donna
Manovra 2019, opzione donna: cos’é
Innanzitutto, si ricorda che la disciplina dell’opzione donna deriva dall’art. 1, co. 9 della L. n. 243/2004 (c.d. Legge Maroni). Il disposto normativo ha previsto in favore delle lavoratrici, sia autonome che subordinate, la possibilità di pensionarsi con qualche anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata.
Si segnala che attualmente per andare in pensione con la pensione di vecchiaia è necessario vere almeno 66 anni e 7 mesi d’età, nonché 20 anni di contributi minimi, oppure 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età anagrafica per la pensione anticipata.
L’opzione donna va nel senso di alleggerire tali requisiti permettendo di pensionarsi in maniera anticipata.
Manovra 2019, opzione donna: come funziona
L’accesso all’opzione donna è subordinata al verificarsi di alcuni requisiti stabiliti dalla legge su menzionata. In pratica, anche per l’anno 2019, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all’accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di un’età pari o superiore a:
- 57 anni per le lavoratrici dipendenti;
- e a 58 anni per le lavoratrici autonome.
Tali requisiti devono essere stati raggiunti entro il 31 dicembre 2015.
Per raggiungere la contribuzione utile per il perfezionamento dei 35 anni, occorre prendere in considerazione i contributi accreditati a qualsiasi titolo (es. obbligatori, da riscatto e/o da ricongiunzione, volontari, figurativi), con esclusione di quelli accreditati per malattia e disoccupazione.
Per il 2019, come sancito dal comunicato diffuso da Palazzo Chigi:
“Per le donne si proroga “Opzione Donna”, che permette alle lavoratrici con 58 anni, se dipendenti, o 59 anni, se autonome, e 35 anni di contributi, di andare in pensione”.
Resta da capire entro quando debbano raggiungere questi requisiti: entro il 31 dicembre 2018 o il 31 dicembre 2019?
Manovra 2019, opzione donna: come si calcola
Ma l’aspetto sicuramente più penalizzante per chi decide di avvalersi dell’opzione donna, è il metodo di calcolo della pensione. In tali casi, infatti, l’intero assegno pensionistico sarà soggetto al meccanismo di calcolo contributivo anche se la lavoratrice presenta periodi contributivi accreditati prima dell’1 gennaio 1996, per i quali generalmente si applica il calcolo retributivo. A causa di questo il decurtamento potrebbe oscillare tra il 20 e il 25 per cento dell’assegno.
Manovra 2019, opzione donna: finestre mobili
Oltre al metodo di calcolo contributivo, occorre considerare anche le finestre mobili: ossia quel meccanismo che differisce l’erogazione del primo assegno pensionistico rispetto alla data di maturazione dei requisiti pensionistici.
Nel caso dell’opzione donna, quindi, la liquidazione della pensione avviene
- dopo 12 mesi dalla maturazione dei predetti requisiti per le dipendenti;
- ovvero, dopo 18 mesi per le autonome.
Da notare che la decorrenza della pensione può avvenire anche oltre il termine del 31 dicembre 2015, fermo restando che entro la predetta data la lavoratrice maturi i suddetti requisiti pensionistici. Tra l’altro, non è necessario esercitare il diritto di opzione in maniera tempestiva, in quanto è possibile presentare domanda anche successivamente alla maturazione dei requisiti pensione, come ad esempio al momento d’invio dell’istanza di pensione.
Manovra 2019, opzione donna: istanze retroattive?
Dunque, dopo il blocco dello scorso anno, il governo ripristina una misura che era prevista in via sperimentale soltanto fino al 31 dicembre 2015, successivamente prorogata dall’art. 1, co. 281 della L. 208/2015 – per l’anno 2016 – e dall’art. 1, co. 222 della L. n. 232/2016, per l’anno 2017.
Resta da sciogliere il nodo in merito alla possibilità per le lavoratrici di poter chiedere alla propria cassa previdenziale le mensilità arretrate.
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