Nell’attuale contesto di crisi molte imprese si trovano nell’impossibilità di adempiere al pagamento delle imposte. Quando gli omessi versamenti per importi rilevanti riguardano le ritenute d’acconto operate e l’Iva gli imprenditori (o i legali rappresentanti delle società) subiscono, oltre alle azioni esecutive del Concessionario per la riscossione, anche un procedimento penale che può portare a una condanna alla reclusione da 6 mesi a 2 anni.
La giurisprudenza recente, come nel caso esaminato nel presente intervento, sta ragionevolmente “mitigando” le possibili conseguenze negative derivanti dai reati di omesso versamento nelle ipotesi in cui quest’ultimo non dipenda dalla volontà del contribuente, ma dalla crisi economica.
Il reato di omesso versamento dell’Iva (Art. 10 ter D. Lgs. n. 74/2000)
Nel testo originario del Decreto Legislativo numero 74 del 2000 (“Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”) non erano previste fattispecie delittuose riguardanti l’omesso versamento di imposte. Uno dei principi cardine del nuovo diritto penale tributario, infatti, era quello di punire penalmente solo i comportamenti aventi un particolare grado di antigiuridicità e insidiosità in campo fiscale (si pensi, per esempio, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti), lasciando nel campo delle sanzioni amministrative le violazioni tributarie di minore entità.
Nel corso del 2004 e del 2006 il Legislatore, tuttavia, ha introdotto i reati di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis) e dell’imposta sul valore aggiunto (art. 10 ter), pur prevedendo una soglia di non punibilità di 50 mila Euro per periodo d’imposta. I reati citati rappresentano delle “forme particolari di appropriazione indebita ai danni dello Stato” e costituiscono delitti. L’integrazione del reato richiede, pertanto, la sussistenza dell’elemento soggettivo costituito dal dolo.
Il caso esaminato dal Tribunale di Milano
Un imprenditore del settore informatico è stato assolto dal giudice per l’udienza preliminare “perché il fatto non costituisce reato”, in quanto il contribuente aveva regolarmente dichiarato l’importo dovuto a titolo di Iva (180 mila Euro), non provvedendo al versamento a causa della grave crisi economica che aveva colpito l’azienda poi fallita. Tale condotta, secondo il GUP, esclude la presenza dell’elemento soggettivo del reato costituito dal dolo impedendo la sussistenza del reato.
I requisiti individuati dalla giurisprudenza per escludere il reato di omesso versamento
Sulla base della pronuncia citata e di altre sentenze emesse recentemente da altri tribunali si può affermare che nella giurisprudenza penale si sta consolidando un orientamento che esclude la sussistenza dei reati di omesso versamento quando:
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è assente il dolo, cioè la volontà del contribuente di nascondere all’Erario l’ammontare del debito che viene regolarmente dichiarato;
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è presente una causa di forza maggiore, rappresentata dalla crisi aziendale, che impedisce il versamento dell’imposta dovuta.
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