- costituzione del fondo delle risorse decentrate;
- piano dettagliato degli obiettivi;
- bilancio di previsione.
Detto in parole molto più semplici, la costituzione del fondo e la determinazione degli obiettivi gestionali non dipendono dall’approvazione del bilancio di previsione e, quindi, non solo possono, ma debbono precedere il bilancio, quando questo – come sempre avviene da un quarto di secolo – sia approvato ben al di là dell’inizio dell’esercizio finanziario.
Qualcuno potrebbe storcere le labbra alla lettura di queste conclusioni, osservando che ai sensi dell’articolo 169, comma 1, del d.lgs 267/2000 “La giunta delibera il piano esecutivo di gestione (PEG) entro venti giorni dall’approvazione del bilancio di previsione, in termini di competenza”. Tale disposizione in apparenza impedisce di adottare qualunque atto di programmazione gestionale, specie se letta in modo coordinato col comma 3-bis del medesimo articolo 169: “Il PEG è deliberato in coerenza con il bilancio di previsione e con il documento unico di programmazione. Al PEG è allegato il prospetto concernente la ripartizione delle tipologie in categorie e dei programmi in macroaggregati, secondo lo schema di cui all’allegato n. 8 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’articolo 108, comma 1, del presente testo unico e il piano della performance di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel PEG”.
Tuttavia, non si deve fare a meno di tenere presente che le disposizioni normative citate poco sopra fanno riferimento alla scansione temporale “ordinaria” di approvazione del bilancio, che dovrebbe intervenire entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello al quale fa riferimento il Peg. Pertanto, in via “ordinaria” il Peg segue, non oltre 20 giorni, l’approvazione del bilancio di previsione.
Le norme citate sopra non prevedono – lacuna oggettivamente imperdonabile – l’ipotesi nella quale l’approvazione del bilancio di previsione intervenga molto in là nel tempo, come regolarmente avvenuto negli ultimi 26 anni di storia, sì che l’approvazione dei bilanci di previsioni nei termini “ordinari” è, in realtà, divenuto un fatto “straordinario”, perché la regola è l’approvazione molto, molto in avanti nel tempo (nel 2013 si è giunti fino a novembre).
Come interpretare ed attuare, allora, disposizioni normative generale ed astratte che configgono con la realtà?
Dando rilievo esclusivamente al dato formale e letterale, le amministrazioni non potrebbero pianificare la gestione prima dell’approvazione del bilancio; conseguentemente, non potrebbero nemmeno dare corso ad una contrattazione decentrata che, applicando l’articolo 15, commi 2 e, soprattutto, 5, del Ccnl 1.3.1999, consenta di valorizzare nuovi servizi (o di mantenerli in essere, come da nuovo orientamento Aran del 2015), ai fini dell’incremento delle risorse decentrate ai fini della produttività; ma, nemmeno le risorse stabili destinate alla produttività potrebbero essere impiegate.
Infatti, se il titolo legittimante la spesa delle risorse, che ovviamente è il contratto decentrato, seguisse un bilancio di previsione approvato da aprile in poi (non può certo considerarsi inizio di anno la primavera inoltrata), il rischio che Corte dei conti, Aran e Servizi ispettivi del Mef considerino tale Ccnl un tardivo intervento a sanatoria di obiettivi già fissati, sarebbe molto alto, come la giurisprudenza della magistratura contabile, i pareri dell’Aran e le ispezioni dovrebbero aver insegnato.
Ma, ancora, dando rilievo al dato formale dell’articolo 169 del d.lgs 267/2000, si dovrebbe ammettere che in assenza di bilancio di previsione le amministrazioni agiscano senza alcuna guida programmatoria per la gestione, totalmente alla cieca.
L’esperienza, tuttavia, insegna che non è affatto così. Per quanto il Peg formalmente segua e non preceda il bilancio, quest’ultimo altro non è se non l’assemblaggio secondo le regole contabili delle spese necessarie allo svolgimento delle singole attività. Di fatto, la bozza del Peg è la base per la redazione del bilancio.
In secondo luogo, non tutti gli obiettivi di un Peg hanno necessariamente una correlazione con le previsioni di spesa del bilancio. Pensiamo, ad esempio, ad alcuni contenuti obbligatori degli obiettivi, imposti dalla legge: il monitoraggio del rispetto dei tempi dei procedimenti amministrativi o di pagamento; l’attuazione di strumenti anticorruzione, come da piano triennale anticorruzione. Oppure, pensiamo ad attività di organizzazione dei servizi, come estensione dell’apertura di orari di servizio degli uffici, oppure riduzione programmata di tempi di attesa o di chiusura delle procedure, o ancora incremento del numero di ore dedicate a controlli sui tributi od ai servizi domiciliari di carattere sociale.
E’ evidente che un piano dettagliato degli obiettivi può comunque essere adottato, almeno per quella parte di obiettivi non implicanti spesa di risorse di bilancio.
In ogni caso, comunque, il buon senso e alcune indicazioni della Corte dei conti fanno comprendere che costituzione del fondo e determinazione degli obiettivi gestionali siano autonomi dal bilancio di previsione.
Partiamo da un primo importante elemento di valutazione. La Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, con propria deliberazione 18/2014 in merito alla situazione delle amministrazioni locali prive di bilancio ed in gestione provvisoria ha indicato quanto segue: “Si ribadisce la necessità che gli enti si dotino di strumenti provvisori di indirizzo e di programmazione finanziaria e operativa (quali ad esempio il Piano esecutivo di gestione provvisorio e/o direttive vincolanti degli organi di governo) al fine di sopperire all’assenza, all’inizio dell’esercizio, degli strumenti di programmazione previsti dall’ordinamento. Ciò deve consentire di raggiungere i principali obiettivi sopra richiamati, in attesa della definitiva approvazione del bilancio di previsione. E’ quindi da evitare una gestione in esercizio provvisorio “al buio”, carente, cioè, di indirizzi approvati dai competenti organi di governo”.
Dunque, secondo la magistratura contabile non solo l’assenza di un bilancio di previsione non impedisce l’approvazione del Peg, ma addirittura è dovere d’ufficio approvarne uno anche in via provvisoria, per non dare vita a una gestione “al buio”. La cosa è ovvia: anche in esercizio provvisorio o gestione provvisoria non possono mancare indirizzi operativi per la gestione.
Sicchè, la Sezione Autonomie indica in modo espresso ed inequivocabile che, nell’ipotesi “straordinaria” (che, invece, poi è la regola) di assenza del bilancio di previsione ad inizio anno, comunque si pongano in essere provvedimenti – per quanto provvisori – di programmazione sia finanziaria, sia, per quel che qui specificamente interessa, operativa.
Andiamo, adesso, alla deliberazione 23/2016, della Sezione Liguria. In merito alla specifica ipotesi regolata dall’articolo 15, comma 5, del Ccnl 1.4.1999, la deliberazione afferma: “L’art. 15, comma 5 del CCNL 1 aprile 1999, tuttora in vigore per la parte normativa, prevede la possibilità, per gli enti locali, di ampliare la parte variabile del fondo integrativo per il personale dipendente in caso di “attivazione di nuovi servizi o di processi di riorganizzazione finalizzati ad un accrescimento di quelli esistenti”. Pertanto, l’incremento della parte variabile del fondo presuppone necessariamente un preventivo, specifico, programma di nuovi servizi o di miglioramento di quelli esistenti, che abbiano una ricaduta positiva sui cittadini. Appare inevitabile che la scelta dei nuovi servizi, di competenza della Giunta comunale, debba essere fatta al massimo entro i primi mesi dell’esercizio, se non addirittura negli ultimi mesi dell’esercizio precedente, per evitare che si indichino ex post obiettivi già raggiunti, trasformando uno strumento di incentivazione della produttività e del merito in una non commendevole modalità di integrazione postuma dello stipendio del dipendente pubblico”[1].
Come si nota, da un lato la magistratura contabile impone l’approvazione di documenti di programmazione operativa nelle more dell’approvazione del bilancio di previsione; dall’altro, ritiene che l’approvazione di progetti finalizzati all’incremento delle risorse variabili vada effettuata entro i primi mesi, per evitare di “compensare prestazioni già svolte o in corso di svolgimento quasi ultimato”.
Come si nota, si tratta di pronunce interpretative “additive”, poste, cioè, a colmare le gravi lacune ordinamentali, improntate al senso comune ed all’ovvia necessità di programmare e a inizio anno le attività.
Le indicazioni della magistratura contabile forniscono indiscutibile conferma, allora alle seguenti necessità:
- la programmazione operativa (in quanto, per altro, propedeutica sul piano logico e fattuale alla redazione del bilancio di previsione) deve essere compiuta entro i primi mesi dell’esercizio finanziario, ma buona cosa è addirittura disporla entro la conclusione dell’anno precedente (del resto, ad esempio la programmazione delle opere pubbliche va attivata e chiusa l’anno precedente);
- detta programmazione operativa va sempre approvata formalmente, anche se solo eventualmente in via provvisoria, laddove non si giunga all’approvazione del bilancio entro ilo 31.12 dell’anno precedente o, al massimo, entro il mese di marzo;
- la costituzione del fondo delle risorse decentrate, intesa come individuazione del tetto massimo delle risorse utilizzabili, va effettuata sempre entro l’inizio dell’anno; essa è necessaria sia per le risorse variabili, ma anche per le risorse stabili; oltre tutto, poiché l’avvenuta costituzione scongiura il pericolo di perdere le risorse non direttamente disciplinate dai Ccnl per effetto delle disposizioni esiziali dell’allegato 4/2, punto 5.2, al d.lgs 118/2011, è necessario costituire il fondo subito, sia coerentemente con l’eventuale programmazione operativa che istituisca o mantenga in opera servizi nuovi o ampliativi, sia per evitare conseguenze dannose sul piano delle relazioni sindacali e finanziario;
- il contratto collettivo decentrato di lavoro va a sua volta stipulato il più presto possibile; tuttavia, mentre per atti unilaterali come appunto la programmazione operativa o la costituzione del fondo non appare possibile andare oltre il primo trimestre, margini di maggiore tolleranza possono aversi per un atto di natura negoziale. In ogni caso, visto che la magistratura contabile è particolarmente intollerante nei confronti di ritardi che possano lasciar apparire atti di gestione delle risorse umane quali sanatorie di attività gestionali già in corso o concluse, è sempre doveroso ricordare che laddove i tempi per la stipulazione del Ccdi dovessero andare troppo oltre aprile o maggio, per evitare conseguenze negative sul piano della responsabilità erariale le amministrazioni possono, ma meglio è ritenere che debbano, avvalersi dell’atto unilaterale in via provvisoria, previsto dall’articolo 41, comma 3-ter, del d.lgs 165/2001.
E’ ovvio che in assenza del bilancio di previsione, avente natura autorizzatoria, nessuno degli atti indicati sopra autorizza ad impegnare la spesa (per quanto, la spesa di personale sia impegnata automaticamene, almeno per quel che riguarda il trattamento fondamentale che ricomprende alcune voci anche del fondo, come le progressioni orizzontali o l’indennità di comparto, o le retribuzioni di posizione e risultato).
I provvedimenti di spesa, in assenza del bilancio di previsione, sono autorizzati solo nei limiti consentiti dall’articolo 163 del d.lgs 267/2000 e nel rispetto dei presupposti ivi contemplati.
Tuttavia, l’ente beneficia della formalizzazione, sia pure in termini provvisori, della programmazione, che consente da subito di stabilire quali obiettivi gestionali comunque perseguire e di fissare in via preventiva le condizioni per l’eventuale erogazione della retribuzione di risultato.
Il Ccdi, per altro, occorre ricordarlo sempre, non ha per oggetto la quantificazione delle risorse da destinare, ma solo i criteri di destinazione. E’, dunque, perfettamente possibile che una volta approvato il bilancio di previsione, istruito sulla base delle determinazioni di costituzione del fondo, possano esservi modifiche nella fissazione ultima delle risorse, modifiche, però, tendenzialmente di limitatissima portata, se l’atto di costituzione sia comunque stato posto in essere nel rispetto della disciplina. Fermo restando che la vera “costituzione” del fondo non può che discendere comunque dal bilancio di previsione, contrariamente a quanto, per via solo “tralatizia” sostengono da sempre Aran, Corte dei conti e Servizi ispettivi del Mef: è, infatti, il bilancio che autorizza la spesa. Il provvedimento di costituzione del fondo altro non è se non un atto ricognitivo, avente valore costitutivo vero e proprio per la sola parte di incremento facoltativo delle risorse variabili, per altro deciso non dal dirigente, bensì dalla giunta in applicazione dell’articolo 15, commi 2 e 5, del Ccnl 1.4.1999.
[1] La deliberazione, per ulteriore approfondimento e chiarezza, precisa: “Sul punto non si può non rilevare come, effettivamente, la giurisprudenza contabile abbia più volte ravvisato la responsabilità amministrativa a carico della Giunta, del Segretario comunale e dei Responsabili del personale e della ragioneria per l’erogazione di compensi di produttività non preceduta da una adeguata e preventiva pianificazione del lavoro (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale della Sardegna n. 274/2007; Sezione giurisdizionale della Lombardia 8 luglio 2008, n. 457; Sezione giurisdizionale del Lazio 2 maggio 2011, n. 714; Sezione giurisdizionale della Campania 13 ottobre 2011, n. 1808; Sezione II Centrale di Appello, 12 febbraio 2003 n. 44; Sezione III Centrale di Appello, 17 dicembre 2010, n. 853)”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento