L’intero lavoro, così come predisposto dalla precedente delega, avrebbe dovuto essere scaricato sull’ex agenzia territoriale, tuttavia sono subentrati alcun alcuni dubbi sulle modalità previste per effettuare una ricognizione coprente 60 milioni di unità immobiliari, anche potendo usufruire di professionisti esterni ma a fronte di un budget alquanto risicato (circa 500mila euro). Quella con cui si ha a che fare, d’altronde, rimane un’opera impegnativa perché comporta l’eliminazione dei “vani”, delle categorie così come delle classi (circoscritte a limitate unità) e la correlata sostituzione del ‘datato’ sistema con i metri quadrati. Innanzitutto, si richiederà la definizione degli ambiti territoriali attinenti al mercato immobiliare di riferimento (in tal senso esistono già le microzone, precedentemente individuate proprio per rispondere a questo scopo). In un secondo momento poi subentrerà l’individuazione di due valori, approssimati alle medie dell’ultimo triennio, e cioè rispettivamente quello patrimoniale e la rendita.
Saranno, si suppone, gli stessi Comuni a sobbarcarsi gli oneri di dover garantire l’aiuto, essendo chiamati a comunicare gli aspetti presenti nell’algoritmo che verrà utilizzato ai fini del calcolo del valore patrimoniale degli immobili appartenenti alle categorie A, B e C che, al contrario, gli uffici del Territorio sono impossibilitati a controllare. Nel nuovo testo-base preparato dal comitato ristretto si è inoltre deciso di ridare corpo alle funzioni catastali dei Comuni. Si tratta di un articolato progetto originatosi con il Dpcm del 14 giugno 2007, che restituiva concretezza al progetto riguardante il passaggio delle funzioni catastali ai Comuni (legge 296/2006). Nel marzo 2008 erano già 5.068 i Comuni che avevano optato, tramite delibera, quali e quante funzioni assumere, si attestavano invece a 2.374 quelli considerati effettivamente “pronti” e infine erano 481 quelli che avevano deciso di affidarsi in toto all’ex agenzia del Territorio, preposta alla gestione centrale del Catasto.
Le delibere di altri 2.213 Comuni erano state invece rimandate al mittente per appurate irregolarità, e proprio in concomitanza con l’individuazione dei dipendenti del Territorio da trapiantare ai Comuni, è bastato un ricorso al Tar Lazio di Confedilizia a bloccare il 3 giugno 2008 l’intero Dpcm. La decisione, precedentemente abrogata dal Consiglio di stato, era stata rinviata al Tar Lazio che aveva emesso una sentenza (4312/2010) convalidante la soppressione dell’articolo 3, comma 4 del Dpcm del 14 giugno 2007. Per questo motivo, il governo avrebbe dovuto emanare un ulteriore Dpcm per meglio definire le peculiari attività di esercizio delle funzioni spettanti ai Comuni, principalmente per scongiurare forme di accertamento catastale arbitrarie. Ora, la delega fiscale rispecchia l’intento di affrontare nuovamente la questione, facendo riemergere l’ipotesi del decentramento al fine di agevolare la fornitura dei dati necessari per la revisione delle rendite e, altresì, di valorizzare le esperienze positive sino ad oggi realizzate, soprattutto in Comuni come Torino e Genova, dove peraltro i controlli sulle mancate comunicazioni di variazioni al Catasto per immobili ristrutturati avevano già prodotto ottimi risultati.
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