Articolo 18 tra vecchio e nuovo testo: una scheda riepilogativa

Redazione 15/03/12
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A) L’attuale articolo 18

L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prevede che il lavoratore non può essere licenziato in mancanza di giusta causa (nozione nell’ambito della quale sono fatti rientrare tutti quei comportamenti del lavoratore talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto, neppure a titolo provvisorio) o di giustificato motivo soggettivo (ovvero per inadempimenti meno gravi degli obblighi contrattuali, come l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro, minacce e/o percosse, reiterate violazioni del codice disciplinare, superamento del periodo di comporto in caso di malattia).

In entrambi i casi, si parla di licenziamento disciplinare, ossia dovuto a comportamenti colposi o dolosi del lavoratore e che, a seconda della gravità degli stessi, si qualificano come licenziamenti per giusta causa o licenziamenti per giustificato motivo (soggettivo).

Rientra nel campo di applicazione dell’attuale art. 18 anche il licenziamento effettuato in mancanza di giustificato motivo oggettivo, vale a dire per ragioni attinenti ad un’eventuale crisi aziendale oppure per motivi di natura economica e/o tecnica, quali la riorganizzazione del lavoro, le innovazioni tecnologiche, la modifica dei cicli produttivi, ecc.

Il lavoratore che sia stato stato licenziato in mancanza di giusta causa o di giustificato motivo (soggettivo od oggettivo) può fare ricorso all’Autorità Giudiziaria, la quale – accertata l’illegittimità del licenziamento, emette una sentenza avente ad oggetto l’obbligo del datore di lavoro di reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato nel proprio posto di lavoro. In alternativa, laddove il lavoratore non intenda tornare ad occupare il posto di lavoro, la legge consente a quest’ultimo di rinunciare alla reintegrazione e di chiedere il pagamento di una indennità sostitutiva, pari a 15 mensilità della sua retribuzione globale di fatto. E’ la cd. “tutela reale”.

Questa norma si applica a tutte le aziende con più di quindici dipendenti. Nelle aziende che hanno fino a 15 dipendenti, invece, laddove il Giudice dichiari illegittimo il licenziamento, il datore può scegliere tra la riassunzione del lavoratore ed un risarcimento in suo favore. Trattasi della cd. “tutela obbligatoria”.

Il Governo ora propone di modificare l’attuale art. 18, secondo lo schema che segue.

B) L’articolo 18 nella proposta del Governo

In particolare, la proposta di riforma sui licenziamenti prevede che il diritto al reintegro nel posto di lavoro resti soltanto nel caso dei licenziamenti discriminatori, dovuti cioè ad attività od idee del lavoratore espresse dentro o al di fuori del proprio ambiente di lavoro.

Nei casi di licenziamento per motivi economici o di natura organizzatoria (quindi, di licenziamento per giustificato motivo oggettivo), la proposta prevede, invece, a tutela del lavoratore ingiustamente licenziato, la sola corresponsione di un indennizzo in suo favore. In tal caso, quindi, il lavoratore non avrebbe diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro.

Viene quasi da dire che la proposta di riforma renderebbe più facile licenziare per motivi economici, così riducendo gli strumenti di garanzia previsti dal nostro sistema a tutela del lavoratore!

Per i licenziamenti disciplinari (ossia per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo), si prevede che sia il Giudice a decidere se il lavoratore debba essere reintegrato oppure indennizzato.

In tal caso, quindi, si verificherebbe, in ipotesi di riforma, un mero abbassamento del livello di tutela previsto dall’attuale art. 18 in favore del lavoratore. Rimarrebbe, infatti, possibile (a discrezione del Giudice) la reintegra nel posto di lavoro.

É, infine, previsto un tetto al risarcimento in caso di reintegro, che la proposta stabilisce sia di 24 mesi.

Valeria Battaglia

Redazione

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