Ciò è quanto ha statuito, correttamente, il Tar Lombardia, Brescia, sez. II, con la pronuncia del 10 aprile 2015 n. 514.
Rammenta il giudice escusso che il RUP (privo di poteri dirigenziali/gestionali) non è l’organo cui compete effettuare “la scelta del soggetto affidatario del contratto” come impone il comma 2, dell’articolo 84 del codice.
La precisazione, evidentemente, vale a ricondurre la determinazione di nomina come atto gestionale che può essere adottata solo dal soggetto realmente in grado di impegnare, a valenza esterna, l’ente rappresentato.
Nel caso di specie trattato dal giudice, invero non frequente perché questione normalmente (ed erroneamente) trascurata, tra le varie doglianze, il ricorrente lamentava, appunto, non solo la “violazione dell’art. 84, comma 2, del d. lgs. 163/2006” ma la violazione della stessa disposizione contenuta nel regolamento dei contratti della stazione appaltante secondo cui “la nomina delle commissioni giudicatrici sarebbe di competenza del responsabile del procedimento” evidenziando che nell’appalto di cui si trattava “la nomina sarebbe intervenuta ad opera del responsabile del settore provveditorato del Comune”.
Inoltre, sempre secondo la censura, “a nulla rileverebbe il fatto che, nel caso di specie, le due figure coincidano (peraltro anche con quella di Presidente di gara)”.
E’ del tutto ovvio, invece, che nel caso di coincidenza RUP/dirigente/responsabile del servizio, ogni censura avrebbe dovuto cadere considerato che la nomina sarebbe stata effettuata da un soggetto con prerogative gestionali ben in grado di firmare la determinazione.
Ovviamente, il giudice non ha ritenuto meritevole di considerazione il rilievo, confermando che un RUP privo di competenze gestionali, e quindi nel caso in cui non coincida con il dirigente/responsabile del servizio, non può assolutamente considerarsi organo competente alla nomina dell’organo collegiale.
Nel caso in cui il RUP sia soggetto diverso dal responsabile del servizio, la funzione di questi – soprattutto nel caso di specie -, è meramente propositiva/esecutiva dovendosi occupare (anche coordinando il procedimento) della redazione concreta della proposta di determinazione da sottoporre all’attenzione dell’organo competente (niente di più di quanto accade ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lett. e) della legge 241/90).
Quanto espresso, emerge chiaramente dal dato normativo desumibile dallo stesso regolamento attuativo del codice.
Non v’è dubbio alcuno che la determinazione di nomina della commissione di gara costituisca, a tutti gli effetti, un atto gestionale che può (proprio perché può) implicare anche un impegno di spesa soprattutto se tra i commissari siano stati nominati/individuati soggetti esterni alla stazione appaltante.
Nel caso di organo collegiale, invece, composto da soli commissari interni non è previsto alcun compenso ed anzi l’erogazione di emolumenti determina un danno erariale a carico di chi abbia, inopinatamente, provveduto.
Il giudice escusso, in modo chiaro, puntualizza che “la nomina della Commissione di gara, intervenuta ad opera del responsabile del settore provveditorato del Comune, in tale veste e non anche come responsabile del procedimento non pare integrare una reale ed effettiva violazione dell’art. 84, comma 2, del d. lgs. 163/2006”.
Proseguendo con l’annotazione secondo cui, “ai sensi dell’art. 272 del DPR 207/2010”, in tema di appalti di servizi – ma analoghe riflessioni possono essere espresse tanto per gli appalti di forniture quanto per gli appalti di lavori – “quello di nominare la commissione di gara non rientra tra i compiti propri del responsabile del procedimento nella gara per l’affidamento di servizi, coerentemente con il fatto che egli non può essere qualificato come organo competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto”.
L’eventuale norma diversa contenuta nel regolamento della stazione appaltante.
Il giudice, inoltre, rileva che la disposizione contenuta nel regolamento dei contratti della stazione appaltante “in modo del tutto anomalo e con una disposizione la cui legittimità, pur dubbia, non è contestata con il ricorso in esame, assegna tale competenza al responsabile del procedimento”.
Si trattava, in ogni caso, di una disposizione, francamente, non applicabile perché in palese contrasto con la norma giuridica (appunto, art. 84, comma 2 del codice).
In ogni caso, come premesso, la circostanza che i due ruoli confluissero nella stessa persona rendeva comunque irrilevante la censura.
In questo senso, ancora in pronuncia, ben si rileva che “appare così giustificabile l’errore in cui può essere incorsa la Dirigente della struttura competente all’affidamento dell’appalto (competente anche all’aggiudicazione dello stesso), che ha provveduto alla nomina della Commissione alla luce di tale propria qualità e non anche della sua contestuale posizione di responsabile del procedimento. L’identità e la coincidenza della persona che ricopre le due vesti induce, dunque, a qualificare tale errore come un mero errore formale, inidoneo a determinare l’annullamento dell’atto ex art. 21 octies della legge n. 241/90, in quanto non si ravvisa motivo per il quale il contenuto del provvedimento avrebbe potuto essere, nella sostanza, diverso se adottato dallo stesso soggetto vestendo i panni del responsabile del procedimento”.
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