Sta di fatto che la “santa alleanza” finisce in Tribunale e , poi in Cassazione, perchè una delle due “amiche” cita in giudizio l’altra per ottenere la condanna del risarcimento del danno e il rimborso della metà di quanto da lei versato per le giocate sul numero ritardatario 14 sulla ruota di Genova.
Era accaduto infatti che la ricorrente avesse anticipato, per effetto del “patto” e per sei mesi, per la sua “socia” le somme per le giocate sul famigerato 14 senza che il numero uscisse e, soprattutto, senza ricevere un solo centesimo dall’amica.
Invocava, pertanto la tutela giuridica ex art.1935 cc, che testualmente recita:”Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate.”.
La Corte di Cassazione, con sentenza n.20622 depositata il 7 ottobre scorso, ha statuito che la giocatrice non ha alcun diritto alla restituzione delle poste versate anche per l’amica per le puntate sul famigerato 14 in quanto non è applicabile la tutela prevista dal citato art.1935 cc.
Le lotterie, infatti, danno luogo ad azione in giudizio solo quando siano legalmente autorizzate, e vi sia un rapporto diretto tra il giocatore e l’ente gestore autorizzato al gioco.
La vicenda dedotta in giudizio si riferiva invece ad un rapporto “interno” tra la giocatrice e la sua “amica sodale”, rapporto che non assume alcuna evidenza esterna e conseguente tutela.
L’ art. 1935 c.c., si riferisce espressamente ai rapporti del giocatore con la lotteria, cioè con l’ente che gestisce il gioco autorizzato, e “nulla autorizza ad estendere la medesima disciplina ai molteplici e variegati accordi che possono ruotare intorno al giocatore ed ai suoi compari, ma che non vengano ad assumere alcuna evidenza esterna, né alcun rilievo, nei confronti dell’ente organizzatore del gioco”.
Dice il saggio: ”Chi gioca al lotto, in rovina va di botto!“
MGM
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Cassazione, sez. III, 7 ottobre 2011, n. 20622
(***************** – Rel. ********)
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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 18 settembre 2003 M.O. ha convenuto davanti al Tribunale di Torino C.I., chiedendone la condanna al pagamento di Euro 50.271,63, in rimborso della metà della somma da essa anticipata per giocare al lotto sul numero ritardatario 14, sulla ruota di Genova, fra il settembre 2001 ed il marzo 2002. Assumeva l’attrice che la C. si era impegnata a dividere con lei in parti uguali l’importo delle giocate e dell’eventuale vincita; che essa aveva anticipato le somme delle puntate senza che il numero uscisse, finché nel marzo 2002 aveva abbandonato il gioco, divenuto troppo costoso. La C. aveva rifiutato di rimborsare la metà della spesa.
La convenuta ha resistito alla domanda, negando che fosse intervenuto alcun accordo ed eccependo comunque l’incoercibilità della pretesa promessa, ai sensi dell’art. 1933 cod. civ., trattandosi di debito di gioco. Il Tribunale ha respinto la domanda attrice. Proposto appello dalla soccombente, sul rilievo che l’accordo intercorso con la C. era collegato ad un gioco autorizzato dallo Stato e pertanto si doveva ritenere munito di azione in giudizio, ai sensi dell’art. 1935 cod. civ., la Corte di appello di Torino – con la sentenza impugnata in questa sede – ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo che l’art. 1935 sia applicabile solo nei rapporti diretti fra il giocatore e l’organizzatore del gioco autorizzato; non nei rapporti fra i giocatori…
Motivi dalla decisione
(…)
2.- Con l’unico motivo, denunciando violazione degli art. 1321, 1326, 1813, 1933 e 1935 cod. civ., 28 r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933; 9 e 10 legge 2 agosto 1982 n. 528, 14-17 d.p.r. 7 agosto 1990 n. 303, la ricorrente assume che – essendo dotato di azione il diritto del giocatore al pagamento della vincita al lotto, trattandosi di gioco autorizzato – analoga disciplina deve applicarsi ai contratti collegati al gioco medesimo, quali gli accordi intercorsi fra i giocatori per la ripartizione delle spese inerenti alle puntate e dei guadagni provenienti dalle vincite.
3.- Il motivo non è fondato.
Va premesso che la stessa ricorrente afferma di avere anticipato alla controparte il denaro per le giocate nell’ambito di un rapporto nel quale entrambe intendevano correre i rischi del gioco, dividendone le spese e le eventuali vincite.
Essa non può pertanto invocare in suo favore i principi più volte enunciati dalla giurisprudenza in tema di mutuo fra giocatori, secondo cui il mutuante ha normalmente azione in giudizio per la restituzione delle somme mutuate, salvo che si dimostri che egli stesso abbia voluto partecipare al gioco od avesse un diretto interesse a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario (cfr. Cass. civ. Sez. 1, 6 aprile 1992 n. 4209; Cass. civ. Sez. V 3, 31 gennaio 2008 n. 2386).
La ricorrente fonda la sua pretesa su principi diversi, cioè sul fatto che l’accordo da essa stipulato con la C. (di cui questa peraltro contesta l’esistenza) è collegato ad un gioco autorizzato e pertanto va anch’esso assoggettato alla disposizione dell’art. 1935 cod. civ. La tesi non può essere condivisa.
L’art. 1935 cod. civ. dispone che “Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, quando siano state legalmente autorizzate“, facendo espresso riferimento ai rapporti del giocatore con la lotteria, cioè con l’ente che gestisce il gioco autorizzato.
Nulla autorizza ad estendere la medesima disciplina ai molteplici e variegati accordi che possono ruotare intorno al giocatore ed ai suoi compari, ma che non vengano ad assumere alcuna evidenza esterna, né alcun rilievo, nei confronti dell’ente organizzatore del gioco. Le leggi che regolano il gioco del lotto, citate dalla ricorrente, non contengono alcun accenno a tal genere di accordi e neppure formalmente prevedono la possibilità che la ricevuta della giocata sia intestata a più persone. L’eventuale intestazione plurima darebbe senz’altro luogo ad azione in giudizio, venendo ad istituire un rapporto diretto fra i giocatori e la lotteria. Ma la stessa regola non può valere per gli accordi meramente privati fra 1 giocatori, che si svolgono con modalità normalmente Inidonee a fornire alcuna certezza in ordine al relativi contenuti (non a caso è largamente controversa, nella specie, la stessa esistenza dell’accordo) ed avvengono sotto la spinta di motivazioni largamente influenzate da fattori irrazionali.
Le leggi sul gioco del lotto dettano regole precise al fine di garantire la certezza del rapporto, l’individuazione del giocatore, l’entità minima e massima di ogni giocata e le proporzioni fra la giocata e la vincita, cosi modulando il gioco in vista delle finalità per cui è stato istituito, e contemporaneamente delimitando il rischio corso dal giocatore a quello chiaramente predeterminato.
Gli accordi privati che ruotano intorno al gioco, ancorché autorizzato, restano al di fuori di ogni regolamentazione, affidati alle passioni ed alle influenze reciproche, nell’ambito di quei rapporti sociali che (non a caso) la legge considera non meritevoli di tutela, al di fuori dei limitati effetti della soluti retentio. Né vale invocare i principi del collegamento negoziale. Non è detto che i contratti collegati debbano essere sempre assoggettati alla medesima disciplina del contratto a cui si collegano: la normativa ad essi applicabile può essere più o meno influenzata dal collegamento, ma deve essere comunque individuata con riguardo alla natura del contratto ed agli interessi in discussione.
La natura dei rapporti, nei termini che si sono sopra descritti, induce ad escludere che le scommesse private collegate al gioco del lotto possano essere attratte entro l’ambito di applicazione dell’art. 1935 cod. civ..
4.- Il ricorso deve essere rigettato.
7.- Le spese, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
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