Naspi stagionali 2020: a chi spetta, importo, domanda, tempistiche, novità

Paolo Ballanti 16/10/20
I lavoratori stagionali che perdono involontariamente l’occupazione possono accedere all’indennità di disoccupazione Naspi stagionali 2020, erogata dall’Inps.

Baristi, camerieri, bagnini, cuochi, braccianti e tutti coloro che lavorano stagionalmente nei prncipali settori turistico, agricolo e alimentare possono accedere a questa agevolazione. Ogni anno, al termine del loro periodo di lavoro. Quest’anno l’emergenza Covid ha chiamato in causa ancora di più questa tipologia di dipendenti a tempo. Quest’anno possono inoltre beneficiare della proroga di 2 mesi della Naspi, assieme a tutti gli altri lavoratori che perdono involontariamente il lavoro.

La prestazione, riconosciuta previa domanda e al ricorrere di una serie di requisiti, ha la funzione di garantire una copertura economica per il tempo necessario alla ricollocazione del disoccupato e comunque non oltre 24 mesi.

La NASPI spetta ai lavoratori subordinati, ivi compresi coloro che vengono assunti con contratto a tempo determinato in settori interessati da picchi produttivi in determinati periodi dell’anno, in virtù delle condizioni meteo (ad esempio piscine all’aperto, terme, stabilimenti balneari nonché le attività di bar / ristorazione ivi presenti) o dei flussi turistici, si pensi ad alberghi e campeggi. Si parla in questo caso di lavoratori stagionali.

Nei paragrafi che seguono analizzeremo nel dettaglio quali soggetti possono accedere all’indennità di disoccupazione NASPI, le sue caratteristiche e come inoltrarne richiesta all’INPS

>> Nuova indennità Covid 1.000 euro: beneficiari ed esclusi. Istruzioni Inps

Naspi stagionali 2020: chi ne ha diritto

La NASPI spetta ai lavoratori dipendenti che abbiano perso involontariamente l’occupazione, compresi gli apprendisti e i soci lavoratori delle cooperative con rapporto di lavoro subordinato.

Oltre ai casi classici del licenziamento e della cessazione del rapporto a tempo determinato alla data di scadenza, hanno potenzialmente diritto alla NASPI (se sussistono anche gli altri requisiti) i lavoratori che abbiano perduto il lavoro a causa di:

  • Licenziamento disciplinare;
  • Risoluzione consensuale del rapporto avvenuta in sede protetta o a seguito del rifiuto del lavoratore di essere trasferito ad altra sede dell’azienda distante più di 50 km dalla residenza o raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi di trasporto pubblici;
  • Dimissioni per giusta causa;
  • Dimissioni presentate durante il periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto fino ad un anno di vita del bambino).

>> Naspi: pagamento, esempi retribuzione, durata, did

I requisiti per accedere alla Naspi stagionali 2020

Naspi stagionali 2020: stato di disoccupazione

La NASPI spetta per tutto il periodo in cui permane lo stato di disoccupazione, da intendersi come l’assenza di qualsiasi impiego di lavoro dipendente o autonomo

In aggiunta, l’interessato deve trasmettere la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID), in forma telematica sul portale ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) ovvero direttamente in sede di invio all’INPS della domanda di NASPI. La dichiarazione, peraltro, può essere trasmessa già durante il periodo di preavviso in caso di licenziamento.

Entro trenta giorni dalla DID è necessario confermare il proprio stato di disoccupazione attraverso la stipula presso il Centro per l’impiego competente del Patto di servizio.

Nel Patto, il disoccupato si impegna a partecipare a iniziative di formazione o inserimento / reinserimento professionale nonché accettare offerte di lavoro congrue.

Naspi stagionali 2020: 13 settimane di contributi minimi

Per accedere alla NASPI è richiesto un requisito contributivo, nello specifico aver totalizzato almeno tredici settimane di contributi nei quattro anni precedenti la cessazione del rapporto.

Nel calcolo delle settimane si devono considerare anche quelle per cui i contributi (seppur dovuti) non sono stati versati dall’azienda.

Naspi stagionali 2020: 30 giorni di lavoro nell’ultimo anno

L’indennità NASPI spetta, in aggiunta ai due requisiti citati, se l’interessato ha prestato almeno 30 giornate di effettivo lavoro nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

In particolare, le giornate conteggiate sono quelle che nel flusso UNIEMENS (utilizzato dalle aziende per comunicare mensilmente all’INPS i dati riguardanti le retribuzioni e gli eventi che interessano i lavoratori) vengono identificate con “S”, a prescindere dal numero di ore prestate.

>> Naspi 2020: come fare se si trova lavoro

Naspi stagionali 2020: importo erogato

L’importo della NASPI per lavoratori stagionali varia in funzione delle retribuzioni percepite nei quattro anni che precedono la disoccupazione. Si prende infatti a riferimento la “retribuzione imponibile ai fini previdenziali” per intenderci la base di calcolo su cui si applicano le percentuali dei contributi da versare all’INPS, di norma indicata nel cedolino paga con le diciture “imponibile FAP” o “imponibile INPS”.

La retribuzione dei quattro anni precedenti dev’essere divisa per il numero di settimane in cui sono stati versati contributi.

Il risultato ottenuto viene moltiplicato per il coefficiente fisso 4,33.

Facciamo l’esempio di Caio, disoccupato dal 1º settembre 2020 in virtù della cessazione del rapporto di lavoro stagionale il 31 agosto 2020. Per calcolare la retribuzione di riferimento dev’essere assunto l’imponibile INPS del periodo 1º settembre 2016 – 31 agosto 2020. Ipotizziamolo pari a 30 mila euro. Nello stesso lasso temporale le settimane per cui sono stati versati contributi sono 160. Di conseguenza i passaggi per calcolare il valore di riferimento sono:

  • 30.000,00 euro / 160 settimane = 187,50;
  • 187,50 * 4,33 coefficiente fisso = 811,88 euro.

A questo punto per ottenere l’importo lordo mensile della NASPI è necessario confrontare la retribuzione media di 811,88 euro con i seguenti valori:

  • Nell’anno 2020 se la retribuzione media è inferiore a 1.227,55 euro l’importo della NASPI sarà pari al 75% del valore di riferimento;
  • Sempre nel corrente anno se la retribuzione media è superiore a 1.227,55 euro l’importo della NASPI sarà pari al 75% di 1.227,55 euro cui si aggiunge il 25% della differenza tra la retribuzione mensile di riferimento e 1.227,55 euro.

Riprendendo l’esempio di Caio, considerando che questi ha una retribuzione media mensile di 811,88 euro, l’importo lordo mensile della NASPI sarà pari a:

811,88 euro * 75% = 608,91 euro.

Al contrario, se la retribuzione di riferimento di Caio fosse stata superiore a 1.227,55 euro (ipotizziamo euro 1.820,00) l’importo lordo mensile della NASPI sarebbe:

1.227,55 * 75% + il 25% della differenza tra 1.820,00 – 1.227,55 euro = 1.068,77 euro.

L’importo di euro 1.068,77 è esente da contributi ma soggetto a tassazione IRPEF.

A prescindere dall’importo lordo della NASPI, questa non potrà essere superiore al massimale mensile di euro 1.335,40, valido per il 2020.

Da ultimo, la NASPI è soggetta ad una riduzione progressiva pari al 3% mensile a partire dal primo giorno del quarto mese di fruizione.

Naspi stagionali 2020: quanto dura il pagamento 

L’indennità per i lavoratori stagionali è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle coperte da contributi nei quattro anni precedenti la disoccupazione, comunque nel limite massimo di ventiquattro mesi.

In via eccezionale a causa dell’emergenza COVID-19, se il periodo di fruizione della NASPI cessa tra il 1º maggio e il 30 giugno, l’indennità è prorogata per altri due mesi decorrenti dalla data di scadenza. Se ad esempio quest’ultima coincide con il 16 maggio, l’interessato avrà diritto a due mensilità aggiuntive fino al 15 luglio.

Per accedere alla proroga non sarà necessaria alcuna domanda, in quanto l’INPS provvederà d’ufficio all’estensione delle prestazioni.

Non possono accedere all’estensione straordinaria coloro che hanno beneficiato delle indennità previste per far fronte all’emergenza COVID-19.

Per i due mesi ulteriori, l’importo della NASPI sarà pari all’ultima mensilità percepita per la prestazione originaria.

Naspi stagionali 2020: come fare domanda

Per accedere alla NASPI è necessario presentare domanda, a pena di decadenza, entro 68 giorni dalla data di cessazione. A causa dell’emergenza COVID, per gli eventi di disoccupazione avvenuti nel periodo 1º gennaio 2020 – 31 dicembre 2020, il termine di decadenza per la presentazione delle istanze è esteso da 68 a 128 giorni.

Le richieste devono essere inoltrate sul sito dell’INPS – sezione “Prestazioni e servizi” – “NASpI: indennità mensile di disoccupazione”, se in possesso delle credenziali PIN, SPID, CIE o CNS. In alternativa è possibile inoltrare domanda chiamando il Contact center dell’Istituto o rivolgendosi a CAF, patronati o intermediari abilitati.

Proroga Naspi 2020: 2 mesi in più causa Covid

Da ricordare infine, quando parliamo di Naspi, che la vecchia proroga – sempre di due mesi – da parte del Decreto Rilancio è stata nuovamente differita dal recente Decreto Agosto (D.L. n. 104/2020), a causa del protrarsi della pandemia e del contagio da Coronavirus in Italia. Ma chi sono i soggetti che possono beneficiarne?

In pratica i soggetti per i quali il periodo ordinario dell’indennità NASpI (e anche Dis-coll) sia scaduto tra il 1° maggio ed il 30 giugno 2020, possono beneficiare della proroga di 2 mesi. Lo stesso vale per i lavoratori con scadenza del periodo tra il 1° marzo ed il 30 aprile. In sintesi, spettano:

  • due mensilità in più ai beneficiari di Naspi e DIS-COLL scadute tra il 1° maggio ed il 30 giugno 2020;
  • due mesi in più (per complessivi quattro) anche per l’ammortizzatore sociale scaduto tra il 1° marzo ed il 30 aprile 2020.

L’importo riconosciuto per ciascuna mensilità aggiuntiva è pari all’importo dell’ultima mensilità spettante per la prestazione originaria. A tal fine, per il 2020 sono previsti oneri per 1.318,5 milioni di euro.

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Quadro sinottico Decreti Covid-19 – eBook

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Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro.   Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali. 

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Il presente volume intende affrontare le diverse sfaccettature del lavoro nero, cercando di guidare il professionista nelle problematiche, di carattere non solo nazionale ma altresì transfrontaliero, che lo caratterizzano. Infatti, il fenomeno è assai complesso e può presentarsi sotto molteplici forme ed aspetti, ponendosi sempre come vulnus di diritti individuali, sociali ed economici: il lavoro non dichiarato ha gravi implicazioni per i lavoratori interessati che si trovano spesso a dovere accettare condizioni di lavoro assai precarie, con retribuzioni inferiori rispetto a quelle contrattual-collettive, con violazioni dei diritti individuali e ridotta tutela in materia di sicurezza sul lavoro, a non avere opportunità di sviluppo delle proprie competenze. Il lavoro nero determina quindi danni sia al lavoratore, sia a tutta la società, per il minor gettito fiscale e dei contributi e all’intera economia per l’evidente distorsione che determina alla concorrenza.Il testo non è una mera ricognizione di commento a disposizioni di legge, ma ha in sé il valore aggiunto di avere sempre sullo sfondo il valore del lavoro e della persona. Michele Di Lecce Magistrato, dal giugno 2003 a febbraio 2012 é stato Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Alessandria. Dal febbraio 2012 al dicembre 2015 é stato Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova e ha assunto anche l’incarico di Procuratore Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo per il distretto di Genova. E’ stato professore a contratto di Diritto Giurisprudenziale del Lavoro presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Pavia, nonché docente di Diritto Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Piemonte Orientale. Ha fatto parte di commissioni ministeriali per la riforma del sistema sanzionatorio penale e del diritto penale del lavoro. Fa parte di Comitati Scientifici di riviste giuridiche e tecniche. È stato di recente nominato Garante di Ateneo dall’Università degli studi di Genova per gli anni accademici 2017-2021.Corrado Marvasi, Avvocato, attualmente si dedica alla ricerca in campo giuridico, cercando di coniugare l’esperienza maturata in tanti anni di professione con l’approfondimento del diritto nei suoi vari settori. Autore di diverse monografie in tema di diritti reali, di espropriazione per pubblica utilità, di mandato e di carattere processualistico.

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Con un approccio per quesiti e problemi, si offre una panoramica della normativa in tema di licenziamenti nei rapporti di lavoro privato, le cui disposizioni si sono stratificate e sovrapposte nel tempo in relazione alla natura e alle dimensioni occupazionali del datore di lavoro, al settore, alla qualifica, alla data di assunzione, alla data di licenziamento, al tipo di rapporto, creando un sistema difficilmente intellegibile per l’operatore. Verrà illustrato come distinguere il licenziamento dalle ipotesi affini, quale forma deve rivestire e per quali motivi si può legittimamente licenziare, con quale procedura e con quale tempistica; come impugnare un licenziamento, attraverso quali adempimenti da compiere prima del giudizio e come evitare le decadenze di legge, come impostare un ricorso avverso un licenziamento illegittimo e quali sono le caratteristiche del rito da seguire. Saranno passati in rassegna i principali vizi che possono affliggere l’atto espulsivo, indicato con quali mezzi dimostrarne la sussistenza, come si riparte l’onere della prova, e, in parallelo, quale tutela è stata accordata dal legislatore al lavoratore nelle diverse e sofferte fasi evolutive della disciplina della materia (legge n. 604/1966, legge n. 300/1970, legge n. 92/2012, D.Lgs. n. 23/2015,D.L. n. 87/2018 ed altre): in particolare, in quali casi viene accordata la reintegra nel posto di lavoro e in quali casi è disposto il risarcimento del danno, nonché le diverse modalità per la sua quantificazione. Per ciascun argomento verrà dato conto dello stato della giurisprudenza sulle principali problematiche solle- vate dalla normativa, anche con riferimento al diritto dell’Unione Europea.Maria Giulia Cosentino Magistrato ordinario, prima ancora avvocato, funzionario del Ministero delle Finanze, borsista al primo corso concorso per dirigenti pubblici della S.N.A.; oggi giudice del lavoro presso la Corte d’Appello di Roma e dal 2016 giudice tributario componente della Commissione Tributaria Provinciale di Roma. Fra il 2012 e il 2016 è stata componente del Comitato Pari Opportunità del Distretto e della Commissione per gli esami di Stato per il conseguimento del titolo di Avvocato. Dopo l’ingresso in magistratura, dal 2001 al 2004 è stata giudice civile a La Spezia; dal 2004 al 2010, fuori ruolo, ha ricoperto l’incarico di giurista esperto per la semplificazione normativa ed amministrativa presso il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri; dal 2008 al 2010, anche Vice Capo del Settore Legislativo per il Ministro per l’Attuazione del Programma di Governo; dal 2010 al 2017 giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma. Autrice di numerose pubblicazioni in tema di diritto del lavoro; diritto del pubblico impiego; pari opportunità nella pubblica amministrazione; semplificazione normativa; diritto dell’ambiente e dell’energia.

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