Morte del congiunto e risarcibilità delle spese di trasferta per partecipare al funerale

Renato Savoia 07/09/11

Indubbiamente il danno patrimoniale, in caso di risarcimento del danno da morte, corre spesso e volentieri il rischio di essere trattato un po’ come il fratello minore (e pure bruttarello).

Allo stesso tempo proprio sulle voci di danno patrimoniale l’assicuratore di turno cerca il più delle volte di “limitare i danni”.

La sentenza 10528 del 2011 aiuta a ricordare il principio per quel che concerne la risarcibilità delle spese di viaggio occorse ai congiunti del defunto per partecipare alle esequie.

Non solo.

Affronta altresì l’aspetto della risarcibilità anche della spesa, sostenuta invano, della vacanza (già pagata) da un congiunto che vi abbia dovuto rinunciare, e quindi non ne abbia potuto godere, a seguito del decesso.

Per quanto riguarda il primo aspetto, ribadendo un proprio orientamento, la Terza Sezione afferma che “le spese sostenute dai familiari della vittima di un fatto illecito per partecipare alle esequie del loro congiunto, ivi comprese quelle di viaggio, in quanto normali e doverose secondo la coscienza sociale ed il costume, vanno comprese fra i danni derivanti dal fatto illecito in base ad un nesso di regolarità causale, e, come tali, sono risarcibili … potendo essere liquidati anche in via equitativa ex art. 1226 c.c.

Per quanto concerne il secondo, negato dalla Corte Territoriale, la Cassazione sconfessa i giudici di merito per aver negato “la risarcibilità del mancato utilizzo del soggiorno … non essendovi un nesso di connessione diretta e necessaria tra l’evento e il pregiudizio paventato“.

                                                                                                                                                 *************

* * * * *

Cass. civ. Sez. III, Sent., 13-05-2011, n. 10528

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

******************** – Presidente

********************** – Consigliere

*********************** – Consigliere

************************ – Consigliere

****************************** – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24677/2006 proposto da:

*****, *****, *****, *****, considerati domiciliati “ex lege” in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ***** con studio in ***** , giusta delega in atti; – ricorrenti –

contro

***** ASSICURAZIONI S.P.A., *****; – intimati –

sul ricorso 29752/2006 proposto da:

***** ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del procuratore speciale Dott. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, ***** presso lo studio dell’avvocato *****, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale; – ricorrente –

contro

*****, *****, *****, *****, considerati domiciliati “ex lege” in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ***** con studio in *****, giusta delega in atti; – controricorrenti –

contro

*****; – intimato –

avverso la sentenza n. 214/2005 della CORTE DI APPELLO DI LECCE – SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO – SEZIONE UNICA CIVILE, emessa il 18/5/2005, depositata il 22/06/2005, R.G.N. 336/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 25/02/2011 dal Consigliere Dott. ************************;

udito l’Avvocato *****;

udito l’Avvocato ***** (per delega dell’Avv. *****);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore *******************************, che ha concluso per il ricorso principale:

accoglimento 5^, 6^ e 8^ motivo e rigetto degli altri; ricorso incidentale: inammissibile 1^ motivo, accoglimento 2^ motivo di ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 22/6/2005 la Corte d’Appello di Lecce, in parziale accoglimento del gravame interposto dai sigg.ri *****, *****, ***** e *****, e in parziale riforma della sentenza Trib. Taranto 21/8/2002 di condanna della società ***** Assicurazioni s.p.a. e del sig. ***** al risarcimento – in via solidale – dei danni dai medesimi subiti in conseguenza del decesso del sig. *****. (rispettivamente, marito della prima e padre dei secondi) all’esito di sinistro stradale avvenuto il ***** in agro di ***** per fatto e colpa del *****, rideterminava l’ammontare liquidato dal giudice di prime cure nella complessiva somma di Euro 350.000,00 (di cui Euro 250.000,00 a titolo di danno patrimoniale), oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice della corte di merito la ***** e gli **** propongono ora ricorso per cassazione, affidato ad 8 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società ***** Assicurazioni s.p.a., che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria, cui resistono con controricorso la ***** e gli *****.

La ***** e gli ***** hanno presentato altresì note d’udienza.

Motivi della decisione

Con il 1^ motivo i ricorrenti in via principale denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si dolgono che la corte di merito abbia omesso di esaminare la questione della responsabilità della compagnia assicuratrice per mala gestio, erroneamente ritenendo insussistente il colpevole ritardo nella liquidazione del danno, per essersi la medesima “in corso di causa … adoperata per transigere le controversie insorte con i trasportati ***** e *****”.

Lamentano che erroneamente la corte di merito ha limitato l’ammontare del risarcimento del danno patrimoniale alla somma di Euro 250.000 “attese le conclusioni formulate in prime cure”, laddove la domanda era stata estesa “a quella maggiore o minore somma che si / riterrà più equa”.

Si dolgono che la corte di merito abbia respinto la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance avanzata dalla ***** per ravvisata mancanza di prova della perdita del risultato, anzichè della mera possibilità di conseguirlo.

Lamentano essere stata omessa la pronunzia relativamente al danno da perdita del rapporto parentale, in ordine al quale non può ovviare il riferimento alle Tabelle, giacchè le Tabelle di Lecce fanno riferimento al danno morale soggettivo, ma “nulla dicono a proposito del danno da rottura del rapporto parentale”; e, per altro verso, la compagnia assicuratrice non è stata condannata al pagamento al fondo di garanzia della somma ai sensi del D.L. n. 857 del 1976, art. 3 (conv. in L. n. 39 del 1977).

Con il 2 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1224 c.c., L. n. 990 del 1969, art. 22, L. n. 990 del 1969, art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che la corte di appello abbia ritenuto insussistente il colpevole ritardo nella liquidazione del danno, erroneamente argomentando dal rilievo che la medesima si era “in corso di causa … adoperata per transigere le controversie insorte con i trasportati ***** e *****”.

Con il 3^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano che erroneamente la corte di merito ha limitato l’ammontare del risarcimento del danno patrimoniale alla somma di Euro 250.000 “attese le conclusioni formulate in prime cure”, laddove la domanda era stata estesa “a quella maggiore o minore somma che si riterrà più equa”.

Con il 4^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che la corte di merito abbia respinto la domanda di danno per perdita di chance avanzata dalla ***** per non essere stata provata la perdita del risultato, anzichè della mera possibilità di conseguirlo.

Con il 5^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 c.c., art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono del mancato riconoscimento delle spese per il rientro della ***** dalla vacanza – studio in corso a *****.

Con il 6^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c., art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono dell’operato calcolo del danno morale in termini di frazione del danno patrimoniale.

Con il 7^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c., artt. 2, 29 e 30 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano omissione di pronunzia relativamente al danno da perdita del rapporto parentale, in ordine al quale non può ovviare il riferimento alle Tabelle giacchè le Tabelle di Lecce fanno riferimento al danno morale soggettivo ma “nulla dicono a proposito del danno da rottura del rapporto parentale”.

Con l’8^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 57, 58, 59 e 60, D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, D.M. 8 agosto 2004, n. 127, art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono dell’erroneità della liquidazione effettuata dalla corte di merito senza tenere conto della specifica nota spese depositata, e senza distinguere tra diritti di procuratore ed onorari.

Il 1^, il 2^, il 3^, il 5^ ed il 6^ motivo, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, in caso di mala gestio impropria, relativa cioè al rapporto come nella specie tra danneggiato ed assicuratore, è ben possibile che l’integrale risarcimento del danno arrecato in conseguenza di sinistro stradale comporti che la somma a tal fine complessivamente liquidata sia rappresentata, oltre che dal massimale di polizza, dalle altre somme che a quest’ultimo debbano essere aggiunte per interessi moratori, rivalutazione e spese (cfr. in particolare Cass., 31/7/2006, n. 17460).

Al riguardo, si è altresì precisato, diversamente dall’assicurato che intenda invocare la responsabilità ultramassimale del proprio assicuratore della r.c.a. (c.d. mala gestio propria), il danneggiato non ha l’onere di formulare la relativa domanda in modo espresso, potendo la stessa ritenersi ricompresa nella richiesta di condanna dell’assicuratore medesimo all’integrale risarcimento del danno (da ultimo v. Cass., 28/6/2010, n. 15397).

Per farsi luogo alla corresponsione del risarcimento è dalla legge previsto il termine di 60 giorni dalla richiesta del danneggiato, trascorso il quale gli effetti negativi conseguenti al mancato tempestivo versamento delle somme a tale titolo dovute sono posti a carico dell’assicuratore, che del fatto produttivo del danno di cui risponde il danneggiante sopporta il rischio (cfr., da ultimo, Cass., 18/1/2011, n. 1083).

Orbene, nell’affermare che la responsabilità dell’assicuratore “non è in astratto ravvisabile ove sia stato superato lo spatium deliberandi L. n. 990 del 1969, ex art. 22”, e per essersi “in corso di causa” la medesima “adoperata … per elidere le conseguenze dannose almeno di alcune delle domande proposte pervenendo a transazioni stragiudiziali che hanno avuto l’effetto di far dichiarare cessata la materia del contendere con riguardo alle domande della trasportata ***** e ex se e iure proprio da *****”, a tale stregua omettendo di valutare la mancata messa a disposizione in concreto nel termine stabilito di quanto dovuto senza costringere controparte ad iniziare addirittura il giudizio, ed altresì trascurando di considerare la mancata conclusione – nel suindicato termine – di favorevoli accordi transattivi -non solo con terzi – ma anche con i danneggiati odierni ricorrenti, emerge evidente come la corte di merito ha nell’impugnata sentenza disatteso invero i suindicati principi.

Fondata è altresì la doglianza relativa alla ravvisata limitazione della domanda di risarcimento del danno patrimoniale, laddove gli odierni ricorrenti avevano in effetti sin dal primo grado esteso la domanda alla “maggiore o minore somma che si riterrà più equa”.

Come questa Corte ha al riguardo già avuto modo di affermare, l’indicazione della somma richiesta può avere invero valore meramente indicativo allorquando la parte, pur dopo la relativa quantificazione, chieda che il danno sia comunque liquidato secondo giustizia ed equità, potendo in tal caso il giudice attribuire una somma anche superiore a quella indicata, rimanendo esclusa solamente la possibilità di darsi ingresso a voci di danno diverse da quelle espressamente elencate (cfr. Cass., 13/2/2002, n. 2078; Cass., 12/7/1999, n. 7345. Per l’affermazione che nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno, qualora l’attore, dopo avere indicato analiticamente le voci di danno di cui chiede il ristoro ed il relativo ammontare, abbia dichiarato di rimettersi comunque “alla valutazione equitativa del giudice”, il giudice non può pronunciare condanna per importi superiori a quelli richiesti dalla parte, giacchè quella formula in difetto di una esplicita dichiarazione in tal senso, non può intendersi come una domanda di somme anche maggiori rispetto a quelle indicate, ma solo come richiesta al giudice di effettuare la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell’art. 1226 c.c., v. peraltro Cass., 16/2/2010, n. 3593).

Del pari fondata, in tema di danno patrimoniale, è la censura concernente il mancato riconoscimento delle spese per il rientro della *****.

Come questa Corte ha già avuto modo dalla vacanza-studio in corso a ***** di porre in rilievo, le spese sostenute dai familiari della vittima di un fatto illecito per partecipare alle esequie del loro congiunto, ivi comprese quelle di viaggio, in quanto normali e doverose secondo la coscienza sociale ed il costume, vanno comprese fra i danni derivanti dal fatto illecito in base ad un nesso di regolarità causale, e, come tali, sono risarcibili (cfr. Cass., 21/05/1977, n. 2124), potendo essere liquidati anche in via equitativa ex art. 1226 c.c. (v. Cass., 15/2/1971, n. 373).

Orbene, nel negare la risarcibilità “del mancato utilizzo del soggiorno a ***** non essendovi … un nesso di connessione diretta e necessaria tra l’evento e il pregiudizio paventato”, la corte di merito ha invero nel caso disatteso il suindicato principio.

Quanto alla censura relativa all’erroneità del calcolo del danno morale quale frazione del danno patrimoniale va osservato che tale statuizione si profila indubbiamente erronea laddove non si ravvisi invero la sussistenza nella specie di un mero lapsus calami, in ragione della omessa indicazione della parola “non” tra “danno” e “patrimoniale”, come emerge invero logicamente evidente in considerazione dell’operato riferimento alle “tabelle di liquidazione in uso nel distretto (e che questa Corte ha già fatto proprie in analoghe fattispecie)”, essendo notorio che le “tabelle” in uso nei vari distretti sono state elaborate ai fini della liquidazione in via equitativa del danno non patrimoniale, e non anche del danno patrimoniale, la cui determinazione risponde invero alla diversa logica dell’esatta commisurazione del relativo ammontare, ai sensi degli artt. 1223, 1224, 1225, 1227 e 2056 c.c., in relazione allo specifico caso concreto.

In tal senso dovendo pertanto correggersi la motivazione dell’impugnata sentenza, va peraltro sotto diverso profilo posto in rilievo che il mero riferimento alla banda percentuale compresa tra 1/3 e 1/2 non consente di cogliere quale sia stato nel caso il punto di riferimento dalla corte di merito nel caso in concreto preso in considerazione ai fini della debita personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale (cfr. Cass., 28/11/2008, n. 28423; Cass., 29/3/2007, n. 7740; Cass., 12/7/2006, n. 15760).

Orbene, la fondatezza dei motivi di ricorso nei suesposti termini, assorbita ogni altra e diversa questione, comporta l’accoglimento in relazione del ricorso principale.

Va conseguentemente esaminato il ricorso proposto in via incidentale dalla ***** Assicurazioni s.p.a..

Con il 1 motivo quest’ultima denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che erroneamente la corte di merito l’ha condannata al pagamento di somma superiore al massimale, giacchè la domanda di mala gestio è stata da controparte proposta per la prima volta con l’atto d’appello, sicchè trattasi di inammissibile domanda nuova.

Con il 2^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia “illegittimamente liquidato i danni morali in una frazione del danno patrimoniale”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Oltre che formulati in violazione del principio di autosufficienza, laddove viene fatto riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito senza invero debitamente riportarli nel ricorso (es. alla domanda introduttiva del giudizio di primo grado e all’atto di appello di controparte), diversamente da quanto dalla ricorrente in via incidentale sostenuto va ribadito quanto già più sopra osservato circa l’inconfigurabilità dell’onere per il danneggiato di formulare la relativa domanda in modo espresso, potendo la stessa ritenersi come nella specie ricompresa nella richiesta di condanna dell’assicuratore medesimo all’integrale risarcimento del danno (v. Cass., 28/6/2010, n. 15397; Cass., 31/7/2006, n. 17460).

Per altro verso, va ribadito altresì il rilievo che il riferimento, ai fini del calcolo del danno morale, alla frazione del “danno patrimoniale” risulta nel caso frutto in realtà di mero errore materiale, in ragione dell’omissione della parola “non” tra “danno” e “patrimoniale”.

L’accoglimento nei sensi fatti sopra palesi del ricorso principale comporta la cassazione per quanto di ragione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce perchè, in diversa composizione, proceda a nuovo esame, facendo dei disattesi principi applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso principale, rigetta l’incidentale. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione.

Renato Savoia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento