Avv.Vittorio Miniero – toto@appaltiamo.it
L’art.9 ter del decreto legge 78/2015, convertito con Legge 125/2015, ha introdotto una nuova prescrizione che richiede alle amministrazioni sanitarie di attivarsi per ottenere una riduzione della spesa corrente.
Il comma prevede più interventi da realizzarsi da parte delle amministrazioni, dei quali però per ora uno solo è già vigente (gli altri interventi necessitano di decreti attuativi).
Il riferimento è alla lettera a) del comma 1 dell’articolo citato che dispone:
“a) per l’acquisto dei beni e servizi di cui alla tabella A allegata al presente decreto, gli enti del Servizio sanitario nazionale sono tenuti a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti in essere che abbia l’effetto di ridurre i prezzi unitari di fornitura e/o i volumi di acquisto, rispetto a quelli contenuti nei contratti in essere, e senza che cio’ comporti modifica della durata del contratto, al fine di conseguire una riduzione su base annua del 5 per cento del valore complessivo dei contratti in essere;”
Il comma 4 prosegue ancora disponendo che: “4. Nell’ipotesi di mancato accordo con i fornitori, nei casi di cui al comma 1, lettere a) e b), entro il termine di trenta giorni dalla trasmissione della proposta in ordine ai prezzi o ai volumi come individuati ai sensi del comma 1, gli enti del Servizio sanitario nazionale hanno diritto di recedere dal contratto, in deroga all’articolo 1671 del codice civile, senza alcun onere a carico degli stessi. E’ fatta salva la facolta’ del fornitore di recedere dal contratto entro trenta giorni dalla comunicazione della manifestazione di volonta’ di operare la riduzione, senza alcuna penalita’ da recesso verso l’amministrazione. Il recesso e’ comunicato all’amministrazione e ha effetto decorsi trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione da parte di quest’ultima”.
Infine completa l’opera il quinto comma, prevedendo: “gli enti del Servizio sanitario nazionale che abbiano risolto il contratto ai sensi del comma 4, nelle more dell’espletamento delle gare indette in sede centralizzata o aziendale, possono, al fine di assicurare comunque la disponibilita’ dei beni e servizi indispensabili per garantire l’attivita’ gestionale e assistenziale, stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro, anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni piu’ convenienti in ampliamento di contratto stipulato, mediante gare di appalto o forniture, da aziende sanitarie della stessa o di altre regioni o da altre stazioni appaltanti regionali per l’acquisto di beni e servizi, previo consenso del nuovo esecutore”.
Le tre prescrizioni normative non brillano per chiarezza espositiva e, pertanto, si crede utile offrire una chiave di lettura operativa che proponga alle amministrazioni un metodo di applicazione legittimo.
In considerazione del fatto che la norma consente alle amministrazioni di ridurre gli importi contrattuali o, in caso di mancata accettazione dell’operatore economico, di recedere unilateralmente dal contratto passando ad altro operatore economico a prezzi contrattuali più vantaggiosi, si ritiene che la base di partenza della procedura debba essere una ricerca di mercato tra tutti i contratti in essere stipulati dalle amministrazioni sanitarie (e dalle centrali di committenza nazionali e regionali) per verificare se esista un contratto a prezzi più vantaggiosi al quale l’amministrazione che recedesse dal proprio potrebbe aderire.
Ritengo che molta parte della forza contrattuale nel pretendere una rinegoziazione con l’impresa esecutrice dipenda dalla disponibilità di un’alternativa.
Terminata tale ricerca di mercato occorre avanzare una proposta di rinegoziazione al proprio operatore economico.
Occorre fare attenzione a tale fase, dacchè dall’invio della proposta di rinegoziazione decorrono i trenta giorni entro i quali, in caso di mancato accordo, l’amministrazione deve esercitare il proprio diritto di recesso unilaterale.
Qualora nei trenta giorni si trovi un accordo negoziale che, innovando rispetto alle precedenti condizioni contrattuali (tranne la durata che deve rimanere immutata), garantisca un risparmio, le parti potranno formalizzare tale accordo novativo.
Qualora, nei trenta giorni decorrenti dalla data di invio della proposta di rinegoziazione, le parti non trovino un accordo negoziale innovativo che consenta un risparmio, spetta all’amministrazione l’onere di recedere dal contratto d’appalto e di procedere con l’adesione ad altro contratto d’appalto per ambito oggettivo omogeneo e che preveda una spesa inferiore.
La adesione ad altro contratto dovrà avere la durata necessaria per l’espletamento di una nuova procedura di gara.
Ovviamente, nel caso in cui l’amministrazione nella indagine di mercato non sia riuscita a trovare una valida alternativa al contratto attualmente in esecuzione, ritengo sia dovuta una archiviazione del procedimento che dia conto del tentativo effettuato e della impossibilità di ottenere un valido risultato, in considerazione della mancanza di contratti alternativi ai quali aderire e della disponibilità del proprio fornitore a ridurre il valore contrattuale.
Si allegano di seguito schemi esplicativi della procedura che si crede opportuno realizzare.
Ipotesi con proposta del fornitore e rinegoziazione
Ipotesi senza proposta del fornitore e recesso
Ipotesi senza né rinegoziazione né recesso
Ipotesi con rinegoziazione alle condizioni del fornitore
Per approfondire l’argomento partecipa al Convegno:
GLI ACQUISTI DI BENI E SERVIZI IN SANITA’ DOPO LE ULTIME NOVITA’: LA SPENDING REVIEW (LEGGE N. 125/2015) E LA RINEGOZIAZIONE DEI CONTRATTI, SOGGETTI AGGREGATORI, PREZZI DI RIFERIMENTO, IL NUOVO BANDO-TIPO PER SERVIZI E FORNITURE
Milano, 30 settembre 2015
Relatori
Alessandro Massari
Avvocato amministrativista. Direttore della Rivista “Appalti&Contratti”.
Maurizio Greco
Direttore della Struttura complessa Programmazione e Gestione Beni e Servizi, Azienda USL di Chiavari. Esperto ed autore di pubblicazioni in materia di contrattualistica pubblica.
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