Per una volta, Sergio Rizzo, sul Corriere del 7 ottobre, modifica le sane abitudini ed invece della solita filippica contro le province, evidenzia – con buon ritardo – le inefficienze dei comuni e le follie del federalismo.
Bisogna dargli atto che questa volta non ha utilizzato comunicati preconfezionati del Ministero per gli affari regionali (o Anci, che forse è lo stesso), ma si è riferito ad un’inchiesta de Il Sole 24 ore.
Pochissime considerazioni. La tardiva consapevolezza che il federalismo è una sciagura per il Paese è comunque benvenuta. Questo simulacro malriuscito di federalismo ha dato come frutto l’assurdo: l’abolizione dell’unica tassa comunale davvero federalista, l’Ici sulla prima casa, a partire dalla quale si è scatenata una commedia dell’arte indegna, sugli effetti, sulla necessità di ripristinarla, di sostituirla con l’Imu, che poi viene abolita, ma poi risorge dalle sue ceneri. E, il tutto, con oneri comunque a carico dello Stato, perchè i comuni non si sono sognati di ridurre le spese, che dal 2008 al 2012 sono aumentate da circa 47 miliardi a circa 51 miliardi, per un incremento di oltre il 7%.
Il comune di Roma denuncia un “buco” di 867 milioni di euro; Milano circa 500. La somma di tali deficit supera la cifra di 1,3 miliardi. Due soli comuni sono capaci, dunque, ddei creare un deficit per le casse dello Stato (perchè sarà l’erario, tutti noi, a ripianarlo) molto superiore a qualsiasi ottimistica stima riguardante l’abolizione delle province.
Questi sono i fatti sui quali un Governo dovrebbe seriamente riflettere quando è intenzionato a rivedere l’assetto dell’ordinamento degli enti locali. I dati numerici, ancora una volta, dimostrano che le province non sono un problema. E che l’assegnazione delle loro competenze, una volta che le province fossero abolite, ai comuni sarebbe causa certa di ulteriori buchi e sprechi.
Ma il Governo ed il Ministro Delrio, espressione dei comuni che danno lezioni di buona amministrazione alle province, mentre creano voragini nei conti pubblici, ancora insistono in un progetto di riforma caotico.
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