Le norme regolanti i trapianti non verranno applicate, il decreto, al contrario, dovrà sottostare alle direttive più stringenti che disciplinano il settore dei farmaci. Il testo nella sua recente versione conclusiva, nonostante possa a ragione rappresentare “un significativo passo avanti”, scontenta dunque i pionieri di Stamina. In seguito alla prima rivoluzionaria trasposizione normativa da parte del Senato, la sbarra è stata calata dalla commissione affari sociali alla Camera tramite un emendamento che annuncia la produzione delle cellule staminali, secondo la metodica della Fondazione, nelle tredici cell factories italiane autorizzate dall’Aifa, e pertanto trattate come farmaci. Le cellule staminali devono quindi subire un trattamento specifico in un laboratorio Gmp (Good Manufacturing Practicies), ovvero farmaceutico, mentre la richiesta avanzata da Vannoni e Andolina, reclamava l’utilizzo di laboratori Glp (Good Laboratory Practice), ossia gli stessi usati per i trapianti, “con procedure comunque garantite, ma molto più brevi e di più facile accesso“. “L’Italia si mette all’avanguardia ma poteva fare una rivoluzione, la montagna ha partorito un topolino“, è stato lo sconcerto mostrato da Marino Andolina, antesignano del metodo insieme a Vannoni, pediatra, immunologo e vicepresidente della Fondazione Stamina. Ora, ha continuato Andolina, “Si torna alla direttiva europea, secondo i dettami delle multinazionali. (…) Non si parla più di terapie compassionevoli, non si parla di diffusione sul territorio nazionale, nei diversi ospedali, in modo da poter curare tutte le persone che lo chiedono bensì di un protocollo di ricerca, sicuramente molto serio, ma che riguarderà poche decine di persone“.
La certezza del proseguimento terapeutico può dirsi soltanto per quei soggetti che hanno già intrapreso la cura, come spiegato dal medico, ma oltre a questi, così come previsto dal nuovo testo, i pazienti che saranno ammessi alla sperimentazione potranno risultare al massimo una decina. La questione che si apre ora riguarda anche le modalità con cui verranno stabiliti i protocolli applicativi, temendo i rappresentanti di Stamina che essi possano rivelarsi eccessivamente “restrittivi“. Il timore della Fondazione Stamina ha ad oggetto le eventuali limitazioni che il testo applicativo potrebbe arrecare al novero delle patologie. “Egoisticamente -ha ammesso l’immunologo- l’aspetto positivo è che noi di Stamina vediamo la nostra metodica finalmente ‘sdoganata’: è dimostrato che non è pericolosa per la salute ed è abbastanza efficace per meritare una sperimentazione. Questo per noi di Stamina potrebbe essere anche una soddisfazione ma per centinaia di famiglie che non potranno far curare i propri cari è una tragedia“. Un margine di appagamento per il sì quasi unanime pronunciato ieri dal Senato è comunque necessario, la conversione in legge del decreto Balduzzi diventa “un piccolo significativo passo in avanti rispetto al nulla che c’era, meglio che niente”, ha affermato ai microfoni di TmNews Marino Andolina.
In termini di bilanci, soltanto tra diciotto mesi, a partire al primo luglio, al termine della fase di sperimentazione, potranno essere avanzate le prime effettive valutazioni e la speranza ovviamente è quella che i vari esiti possano garantire una tale inequivocabilità da poter rendere interamente estendibile il metodo Stamina. Andolina non ha mostrato alcun dubbio sull’efficacia e sulla positività del prodotto: “Abbiamo risultati documentati in cartella clinica“. E per chi dovesse ancora nutrire delle perplessità, il pediatra immunologo semplicemente conclude: “Basta andare a vedere i pazienti che sono stati curati con il metodo Stamina, come erano prima e come sono adesso, dopo“. Oggi, circa una trentina di persone, tra cui molti bambini con malattie insanabili, in Italia sono stati sottoposti a trattamenti con il metodo delle cellule staminali mesenchimali. Il metodo ha fatto nascere molte polemiche in ambito scientifico: la Fondazione Stamina, ha scritto El Paìs, ricorre a trapianti di staminali per curare vari tipi di malattie, senza che ci siano basi scientifiche e studi approvati dalle autorità sanitarie italiane. Anche la rivista scientifica Nature non si è esentata dai dubbi: “La decisione inaspettata ha inorridito gli scienziati, che ritengono il trattamento pericoloso perché non è mai stato rigorosamente testato. Secondo alcuni è pura alchimia”. Il presidente della Fondazione, Davide Vannoni, psicologo dell’università di Udine, ha garantito “di aver sviluppato la terapia nel 2004 in Russia, dopo che gli era stata curata con successo una paralisi facciale causata da un virus”. Da allora la sperimentazione su alcuni pazienti, molti quelli, a detta dello stesso Vannoni, malati di Parkinson, Alzheimer e altre malattie neurologiche su cui non sono stati pubblicati né gli esiti né i particolari della terapia, sembrano aver apportato esclusivi risultati positivi. E le proteste mosse nelle settimane scorse dai familiari dei pazienti per la sospensione esecutiva delle cure non hanno fatto altro che convalidarne la valenza e l’efficacia. Il padre di Celeste, la bimba affetta da atrofia muscolare spinale, che insieme a tanti altri ‘piccoli inguaribili’ ha intrapreso il metodo portato avanti da Vannoni e Andolina, è tornato oggi a ripetere: “Perché nessuno mi chiede come sta ora mia figlia?“.
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