Una di queste è gettare alle ortiche decenni di messaggi ambientalisti, disincentivando l’uso dei mezzi pubblici a favore del mezzo personale. (per chi non cogliesse il nesso tra ambientalismo e mezzi pubblici: venti persone che si muovono su un autobus inquinano meno di venti persone che si muovono su venti automobili). Come ci fa notare lo spot di una nota marca automobilistica, la gente che usa i mezzi pubblici perlopiù puzza, ti butta cibo addosso e ti prende a gomitate per predisposizione genetica. L’invito, quindi, è quello di dare ascolto alla propria misantropia e a precipitarsi verso l’autosalone più vicino. Una narice in stato virginale val bene un ecosistema disastrato.
Un’altra decisione dolorosa è quella di promuovere il consumo di cibo spazzatura come preferibile rispetto all’attività sportiva. Una catena di fast food, per esempio, si è vista costretta a far passare il messaggio secondo cui un panino ipercalorico rende un bambino più felice di una vittoria a calcio. A livello di immagini, il tutto si traduce nel duello di sguardi tra dei bambini infangati che festeggiano con un trofeo in mano, e un rubicondo barilotto che brandisce, ben più orgoglioso, il suo trofeo di cartone rosso e grassi idrogenati. È il pingue pargolo ad averla vinta: il suo faccione felice rivela ai suoi atletici coetanei l’insensatezza del loro stile di vita, in una bisunta epifania. Per lo sgomento, i bambini della squadra di calcio si lasciano cadere la coppa dalle mani, che finisce nel fango in un fracido “al diavolo lo sport, vado a strafogarmi di schifezze”.
La crisi, come ormai dicono tutti, è un’occasione per ripensare il nostro sistema di valori. Ecco: ripensandoci, è meglio che l’ambiente vada in malora e che le nuove generazioni anneghino nelle transaminasi, piuttosto che assistere passivi al calo dei consumi.
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