Mediazione familiare: il respiro nuovo e la creazione di un nuovo patto tra genitori

Nella lingua ebraica la parola neshamà significa respirare; secondo la Kabbalah il modo di pensare di una persona si riflette nel modo in cui respira, ovvero nel come vive la sua vita.

La parola Neshamà ha diversi significati. Significa anima divina ed intelletto relazionati insieme. E’ il primo respiro divino infuso nella materia informe che ha generato l’uomo, è la scintilla divina eleva il nostro intelletto, è la creazione.

Con i nostri pensieri, le parole e le azioni, noi creiamo la qualità delle nostre relazioni e la soluzione alle nostre difficoltà, acquisendo la capacità di trasformare tutto quello che percepiamo come negativo in un valore positivo.

Neshamà è anche riuscire a ricostruire nuove relazioni laddove l’uragano delle rabbie ha distrutto ogni cosa.

La mediazione familiare è questo: un nuovo percorso in cui si cambia senza cambiare guardando il mondo da nuove prospettive.

Obiettivo principale di questo percorso è la realizzazione della cooperazione tra ex-coniugi per un triplice scopo:

– permettere paritariamente l’esercizio della funzione genitoriale ad entrambi i coniugi e di garantire aifigli l’accesso alla storia delle due famiglie d’origine;

– aiutare la coppia a passare al di là del trauma della separazione e del divorzio, restituendosi legittimazione perchè nel momento in cui si smette di essere coppia, deve essere formulato un altro patto reciproco;

– salvaguardare i legami con le famiglie d’origine, cui va riconosciuto il compito di mantenere il legame con le nuove generazioni nell’ottica di scambio e sostegno reciproco.

Il concetto che si smette di essere coniugi ma non si cessa mai di essere genitori è il filo di Arianna che porta ad un nuovo modo di riscrivere il proprio passato e le proprie relazioni.

I genitori separati spesso spostano il terreno di “scontro” da quello del rapporto coniugale a quello genitorale, devastando l’equilibrio emozionale dei figli che apparentemente vorrebbero tutelare.

Il passato non va cancellato anche quando c’è stata la violazione del patto coniugale che va ora riscritto su nuove basi.

Abramo Lincoln disse: “La cosa migliore che puoi fare per tuo figlio è amare sua madre”, e questo insegnamento dovrebbe essere spesso ricordato, con ovvia condizione di reciprocità, ogniqualvolta vi sia la tentazione di dimenticarlo, abbandonandosi a contenziosi legali senza fine dai costi emotivi ed economici devastanti.

Occorre imparare a separarsi bene, realizzando una trasformazione del legame che, quando si è genitori resta per tutta la vita, anche se c’è stato divorzio legale.

Questo processo consentirà di scongiurare il rischio di una relazione solo filiale, restituendo valore alla funzione genitoriale anche quando non si è più coniugi.

La mediazione familiare consente l’acquisizione degli strumenti idonei a realizzare questo obiettivo e può rappresentare anche un nuovo modo per alleggerire il carico di un contenzioso nei nostri Tribunali, originato nella stragrande maggioranza di casi dalle rabbie e dalle ripicche personali, sottraendo risorse di ogni genere ai figli, vere e incolpevoli vittime del naufragio coniugale.

Maria Giuliana Murianni

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