In realtà, ci sono almeno due inesattezze nella normale definizione della terza prova: non è un vero e proprio “rischiatutto” a crocette – almeno, non nella maggior parte dei casi – e rappresenta, per gli studenti, forse la prova meno temuta.
Dopo le prime due giornate campali, caratterizzate da veri e propri tour de force nei forni degli istituti superiori di questo inizio estate bollente, con temi consegnati a pomeriggio inoltrato e versioni di latino – o compiti di matematica, per i licei – portate a termine tra fatica e stanchezza, questa volta il dispendio nervoso sarà certamente inferiore.
Normalmente, i volti degli studenti all’uscita dalle scuole superiori, nel giorno della terza prova, sono assai più distesi: un po’ per la minore durata del test, un po’ perché si arriva con l’ansia spremuta dalle prime due giornate, si tratta essenzialmente di uno scoglio in vista del gran finale del colloquio, che segnerà l’atto finale degli studenti nella scuola di secondo grado.
Per la verità, si tratta anche della prova con cui gli studenti hanno maggiore dimestichezza, essendo strutturata in 4 o 5 materie, con possibilità di domande a risposta aperta o, in alternativa, con le temute “crocette”. Una modalità che, durante l’anno, i professori tendono a sperimentare in classe man mano che l’esame si avvicina, per aiutare gli studenti a sintetizzare i concetti e ricavare i nuclei centrali del programma.
Di norma, c’è almeno una lingua straniera nel ventaglio delle materie proposte: comunque sia, i candidati conoscono bene quelle uscite nel “sorteggio” di fine anno scolastico, di modo che hanno tutto il tempo per prepararsi a dovere. Ovviamente, le sorprese per gli studenti più continui nel corso dell’anno saranno minime, mentre, per chi cerca di arrivare al 60 con tutte le proprie forze, un buon voto nella terza prova può essere il trampolino verso l’impresa, da completare, quindi, all’interrogazione.
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