Ormai, la sua popolarità è a livelli incredibili: arrivato quasi nell’indifferenza generale a guidare un partito ormai travolto dagli scandali, che non avevano lasciato indenni i padri fondatori, primi tra tutti a macchiarsi degli stessi vizi criticati al grido di “Roma ladrona”, oggi Salvini è nientemeno che l’alter ego più credibile di Matteo Renzi.
Con Berlusconi ormai concentrato a salvare il salvabile delle sue aziende e della sua posizione personale, tramite accordi di dubbia natura con lo stesso premier, e Grillo perennemente sull’Aventino telematico, Salvini rappresenta l’alternativa più concreta al carisma dell’ex sindaco fiorentino.
Così, in men che non si dica, Matteo Salvini ha rivitalizzato un partito – la Lega Nord – ormai ai minimi di consenso e fiducia anche nelle sue enclave storiche di consenso. Una china che ha avuto il suo apice nella vittoria di Giuliano Pisapia a Milano nel 2011, lì dove il traino dei voti leghisti aveva sempre consentito facili affermazioni ai candidati di centrodestra.
Dopo la disfatta delle elezioni 2013, dove il Carroccio raccolse percentuali minime rispetto ai fasti di qualche anno prima, l’azzeramento dei vertici e l’allontanamento – dai riflettori – di quel “cerchio magico” che venne addossato delle responsabilità per le rovine del partito di Umberto Bossi, allora, la Lega Nord, forte della tenuta di Roberto Maroni alle regionali sempre in Lombardia, decise di affidarsi a un politico emergente.
Quali sono le ragioni del successo di Salvini?
L’età. Salvini è nato nel 1973, ha solamente due anni in più del premier Renzi e in questo rappresenta la risposta più concreta dell’arco di centrodestra, con Berlusconi ormai vicino agli 80 anni, non più credibile come alternativa al giovane segretario Pd. Da questo punto di vista, invece, Salvini ha le carte in regola.
L’uso dei social. Salvini è abilissimo ad aizzare i suoi seguaci sui social network, dove è presente in maniera costante e non si esime di lanciarsi in tweet e commenti su quelle che, dal suo punto di vista, sono le nefandezze di governo e amministratori avversari. E senza vergogna, ha posato per alcune foto imbarazzanti sul settimanale “Oggi“, diventate virali in men che non si dica, portandogli, sì, una massa di commenti negativi, ma mantenendolo stabile al centro dell’attenzione.
L’immigrazione. Prima con gli scandali di Roma capitale, e ora con il risveglio delle paure di attentati, Salvini e la Lega hanno gioco facile nell’imporre i propri argomenti all’attenzione dei mezzi di comunicazione. I campi rom, così come le notizie che parlano di possibili cellule jihadiste in Italia, non fanno che aumentare la visibilità delle radicali posizioni leghiste su questi argomenti. Così, Salvini è da diversi mesi ospite quasi fisso dei talk show politici, dove, non a caso, mantiene le proprie posizioni ma assume un volto più docile, rispetto al lupo che pare celarsi dietro i suoi aggiornamenti Facebook.
Il referendum di abolizione della legge Fornero. Ma la vera ragione che ha permesso alla Lega Nord di non sprofondare dopo lo tsunami dei diamanti africani e delle lauree albanesi del Trota, è l’aver colto il malessere di grandissima parte della popolazione elettorale in Italia verso la riforma delle pensioni. Passata nel clima di generale sopportazione che distinse i primi mesi del governo Monti, la legge, per cominciare, ha generato fin da subito centinaia di migliaia di esodati, sospesi nel limbo tra lavoro e pensione: quindi, ha impedito a una moltitudine di contribuenti di chiudere con il lavoro, obbligandoli a rimanere in servizio per annualità non previste. Così, appena arrivato alla segreteria della Lega, Salvini ha lanciato cinque quesiti referendari, tra cui quello per abolire proprio la riforma Monti-Fornero, riscuotendo un successo oltre ogni previsione e tagliando il traguardo del mezzo milione di firme. Il tutto, mentre il MoVimento 5 Stelle, che tanto aveva criticato prima di arrivare in Parlamento le ricette di Monti e della Bce, si intestardiva a discutere di espulsioni e scontrini. A breve, è atteso il responso della Corte costituzionale. Con molta probabilità, il verdetto dei giudici sarà negativo e la legge resterà lì dov’è, ma il risultato politico del Carroccio è già in cassaforte da tempo.
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