È questo il senso delle parole del viceministro, né più né meno. E, piaccia o no, ha ragione: il meccanismo su cui si regge la tanto gentil e onesta economia globale ha bisogno di ingranaggi che girano presto e bene. Se si vuole concupirla, bisogna studiare presto e bene, e poi lavorare presto e bene. Chi non lo fa, è fuori dal meccanismo.
Tra tutti i vati possibili di questa autoevidente verità tecnica, a noi è sicuramente toccato in sorte il più sgraziato: il buon Martone è riuscito a trasformare uno sprone alla competitività in salsa liberal-meritocratica in un insulto gratuito a chi, magari, alla gara del “farlo prima e meglio” non vuole o non può partecipare: amanti della cultura (i tecnici leggano: settore turismo) in sé e per sé e prescelti da destini malevoli.
Ai veri destinatari delle parole di Martone –a quelli che sì, volevano proprio competere, e hanno perso – non è sembrato vero di potersi far scudo dei disagi oggettivi di queste persone per poter nascondere –ancora una volta – le loro sconfitte. E così, chi mascherandosi da defensor cruscae (“che linguaggio poco istituzionale!”) chi da paladino dei buoni sentimenti (“che insensibilità!”), tutti i veri sfigati hanno dato addosso al viceministro, reo di aver ricordato loro che all’università non è sufficiente essere entrati per essere fighi. Quello è il Billionaire.
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