La manovra correttiva è intervenuta a estendere il calcolo del suddetto parametro alle società partecipate (aggiungendo un periodo al comma citato).
Comuni e province sono ora obbligati a considerare le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara o che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.
E’ vero, si discute da tempo del consolidamento delle partecipate locali nella misurazione dei vincoli di finanza pubblica di comuni e province, ma l’applicazione operativa della norma scritta in manovra incontra una lunga serie di problemi, a fronte dei quali sono possibili molteplici interpretazioni, che di fatto ne impediscono il calcolo in modo certo.
Di seguito, proviamo a sintetizzare i problemi applicativi e le possibili soluzioni.
1. Soggetti da consolidare
Rientrano tutte le società, eccetto quelle che hanno ricevuto l’affidamento mediante gara; sono escluse, per legge, pure le quotate.
Poiché la norma fa riferimento alle “società”, sono da ritenere fuori dal campo applicativo gli altri soggetti partecipati, quali i consorzi, le fondazioni, ecc.
2. Grandezze da considerare
Un aspetto dirompente della norma appena inserita in manovra è il confronto di valori tratti da sistemi contabili totalmente differenti: da un lato, dalla contabilità finanziaria, il sistema contabile obbligatorio nel mondo pubblico locale e, dall’altro, dalla contabilità economica, il sistema del mondo societario (le differenze sono molte e forti, basti pensare all’Iva, trattata nel pubblico come se fosse un costo).
Ciò detto, la spesa del personale delle società andrebbe ricavata dal conto economico e precisamente dal conto B9 (costi del personale), escludendo i valori non monetari (i punti c. trattamento di fine rapporto e d. trattamento di quiescenza e simili). Mentre restano necessariamente fuori dal perimetro le prestazioni lavorative incluse in altre voci del conto economico (come il lavoro interinale).
La base di riferimento a cui rapportare il personale abbraccia:
– la macro voce B) Costi della Produzione, dalla quale vanno lasciate fuori le componenti non finanziarie, quali il punto 10 (ammortamenti e svalutazioni) e i punti 12 (accantonamenti per rischi) e 13 (altri accantonamenti);
– gli oneri relativi alla gestione finanziaria, ai punti 17 (interessi ed altri oneri finanziari) e 17-bis (b. perdite su cambi);
– la gestione tributaria (escluse le imposte differite e anticipate).
Quindi, allo scopo di omogeneizzare i dati delle partecipate con quelli degli enti locali, sono da lasciar fuori i costi relativi alle operazioni straordinarie, riclassificate alla voce E (Proventi ed oneri straordinari) e D (Rettifiche di valore di attività finanziarie).
3. Modalità di calcolo, anche in relazione alla tipologia di aziende
Una volta individuate le voci di spesa per il consolidamento, occorrerà rapportarle alla percentuale di partecipazione sul capitale sociale di ogni singolo comune o provincia e sommare i risultati ottenuti con i valori della spesa del personale e della spesa corrente.
Sono però da chiarire alcuni aspetti operativi, così da consentire l’individuazione di parametri certi. In primo luogo, se dai costi del personale viene espunto l’accantonamento del TFR, devono essere sommate le eventuali erogazioni corrisposte nell’anno, indipendentemente dalla data di maturazione. Per motivi di semplificazione, quindi, il TRF potrebbe essere considerato come costo (quota di accantonamento annuo), anche se non ha natura finanziaria.
Un altro problema si pone in relazione alle società strumentali, rispetto alle quali il conteggio andrebbe effettuato soltanto sommando i costi del personale al numeratore del rapporto, senza aggiungere il totale dei costi societari al valore delle spese correnti, ciò al fine di non duplicare i valori, atteso che tra le spese correnti dell’ente locale sono comprese anche le spese per servizi addebitati dalla partecipata strumentale.
Mentre restano in piedi i dubbi se togliere o meno i corrispettivi e i trasferimenti erogati dall’ente a favore delle società partecipate eroganti servizi pubblici, in particolare se sono in house.
Lo stesso indicatore cosiddetto del 40%, va ricordato, appena due mesi fa era stato preso di mira dalle Sezioni riunite della Corte dei conti (deliberazione n. 27 del 12 maggio 2011), le quali avevano chiarito che il concetto di spesa di personale va inteso in senso ampio, al lordo delle voci escluse; mentre nella prassi molti enti calcolavano il rapporto intendendo per spesa di personale quell’aggregato utilizzato per confrontare la riduzione rispetto all’anno precedente. Il concetto di spesa lorda andrà però mano mano “affinato”. Si ritiene possano essere escluse le voci di personale a carico dei finanziamenti europei, che quindi non gravano sul bilancio dell’ente locale.
Recentemente un chiarimento arrivato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Toscana (deliberazione n. 191 del 21 luglio 2011), stabilisce che non va considerata la spesa di personale comandato o in convenzione presso altra amministrazione il cui onere viene interamente rimborsato.
In conclusione, appare chiaro lo stato di confusione che ruota intorno a questo “ago” decisivo per decretare lo stop o meno delle assunzioni.
Sono molte le amministrazioni appena insediate che vorrebbero progettare il mandato anche in termini di risorse umane, ma non riescono a farlo per via dei dubbi “di calcolo” con cui devono fare subito i conti.
In attesa di un chiarimento ministeriale, l’auspicio è che il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti emani delle linee guida operative che aiutino i tecnici nel calcolo. Di sicuro a giovarne saranno anche i revisori dei conti, ai quali spettano precisi obblighi di controllo in materia di assunzioni di personale.
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