Solitamente l’assunzione di questi incarichi consente di cumulare un nuovo stipendio senza perdere quello originario, con l’unico limite rappresentato dalla temporaneità della situazione, stante l’obbligo a ritornare al loro posto dopo 10 anni (soglia aumentata dalla L. 190/2012 a fronte degli originari 5 anni). Nulla quaestio chiaramente nel caso di dimissioni del magistrato che da libero cittadino sia investito di tali incarichi, ma non è questa l’ipotesi in esame.
All’interno di tale schema di decreto, approvato in via preliminare il 22 gennaio 2013 dal Cdm e già trasmesso il 29 gennaio alle Camere per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti – la delega infatti scade il 28 marzo 2013 – è contemplata la possibilità di assumere incarichi non solo legislativi (ad esempio nell’ambito dei vari Ministeri, come Capo Gabinetto, in Autorità amministrative indipendenti, Presidenza del Consiglio etc..etc…) ma anche propriamente gestionali (e quindi direttore delle Agenzie Fiscali, capo dipartimento ministeriale, presidente di società come Eni, Finmeccanica, Enel o Rai…) che dovrebbero spettare in via esclusiva all’Esecutivo, essendo la magistratura organo terzo ed imparziale rispetto agli interessi pubblici da gestire. Il rischio, in buona sostanza, è quello di istituzionalizzare e legittimare una situazione di conflitto permanente di interessi tra organi dello Stato, cui il Governo ha replicato con Comunicato Stampa del 7 marzo 2013 , precisando che gli incarichi ivi indicati sarebbero solo quelli già consentiti dalle vigenti leggi senza ampliamento alcuno.
Altro aspetto contestato è quello della possibilità di superare il limite temporale dei 10 anni mediante collocamento in aspettativa senza assegni (cioè senza doppio stipendio, ma con al massimo una maggiorazione fino al 25%), aspettativa che per la legge anticorruzione non incontra alcun limite temporale. La norma infatti recita testualmente: “i magistrati ordinari contabili, amministrativi, militari, gli avvocati e i procuratori dello Stato che ricoprono cariche apicali o semiapicali presso organi o enti partecipati o controllati dallo Stato sono comunque collocati obbligatoriamente in aspettativa senza assegni”.
Il neoeletto presidente del Consiglio di Stato Giorgio Giovannini, intervistato sull’argomento ha affermato “trovo che la situazione attuale sia abbastanza equilibrata perchè lascia all’organo di autogoverno la valutazione caso per caso. Invece, l’irrigidimento della normativa non mi trova molto d’accordo”, aggiungendo altresì che il limite temporale massimo di dieci anni, nonostante sia un aspetto ancora da esaminare, dovrebbe avere portata retroattiva e valere così anche per il passato.
Qui il testo del decreto approdato in Consiglio dei Ministri
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