Secondo i più acerrimi detrattori, il partito grillino si sarebbe conformato alle pratiche che tanto ha contrastato negli anni scorsi, cedendo alla logica spartitoria e agli accordi “di caminetto”. Secondo altri osservatori, non ci sarebbe nulla di scandaloso in quanto accaduto, normale prassi istituzionale tra i due schieramenti più votati.
Ad accendere le polemiche l’ok da parte di Luigi Di Maio all’elezione come presidente del Senato di Maria Elisabetta Alberti Casellati, una berlusconiana di ferro alla seconda carica dello Stato, che in passato non ha nascosto le sue opinioni sulla persecuzione giudiziaria ai danni dell’ex Cavaliere, ingaggiando duelli televisivi anche con Marco Travaglio e altri esponenti dell’ala più legalitaria di politica e informazione.
Alcuni hanno visto un autogol da parte dei pentastellati, concedendo i propri voti a una simile personalità vista la storia del MoVimento e il suo viscerale antiberlusconismo che lo contraddistingue fin dalla nascita.
In realtà, molte delle polemiche sono legate alla possibilità che questo accordo sia da preludio a uno ben più delicato, ossia la formazione di un governo tra centrodestra e M5S, a questo punto un’eventualità concreta, ma sempre difficile.
Tra Salvini e Di Maio sono stati lanciati messaggi d’amore nei giorni scorsi – il primo ha riconosciuto che il leghista ha mantenuto la parola, mentre lo stesso Salvini aveva già messo all’angolo gli alleati di Forza Italia bruciando la candidatura di Paolo Romani – anche se la strada di un governo “grilloleghista” appare comunque in salita.
Sicuramente, più in sordina è passata l’elezione di Roberto Fico a presidente della Camera, uno tra gli attivisti di più lungo corso del M5S, proveniente dalla Commissione di Vigilanza Rai. A issarlo sullo scranno più alto di Montecitorio anche i voti di Lega e Forza Italia, proprio a lui in passato sostenitore confesso di Rifondazione comunista. Insomma, la Legislatura sembra partita sulle basi di un compromesso “storico” che però non è dato sapere se avrà un seguito e – soprattutto – con quale durata.
I prossimi passi di M5S e Lega
Bisognerà aspettare il 3 aprile – data di avvio alle consultazioni da Mattarella – per capire orientamenti e spiragli di possibili accordi tra le forze politiche. Sia Di Maio che Berlusconi si sono affrettati a mettere in chiaro che l’accordo sulle presidenze è altro dai possibili scenari di governo.
Sembra comunque che un tentativo di matrimonio tra i due partiti più antieuropeisti d’Italia possa andare in porto. Diverse le incognite: chi sarà il premier? Quale ruolo avrà Forza Italia? Come coniugare i programmi molto distanti su alcuni punti?
Se non altro, come già anticipato su leggioggi all’indomani delle elezioni politiche, potrebbe nascere quantomeno un governo di scopo, che riscriva la legge elettorale, assicurando la garanzia di maggioranze certe e autonome dopo il voto, e chissà magari instillando qualche riforma molto sentita dall’elettorato, come l’abolizione di privilegi e vitalizi della classe politica.
Più difficile che si possa intervenire su reddito di cittadinanza e legge Fornero, due cavalli di battaglia rispettivamente di grillini e leghisti in campagna elettorale.
Insomma, pochi mesi di governo e poi si tornerà al voto? Stando al quadro attuale, parrebbe di sì, ma a volte guardarsi indietro, può aiutare a presagire l’immediato futuro: i governi nati su queste premesse hanno goduto di vita precaria, ma inaspettatamente lunga.
[Fonte img : Quotidiano.net]
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