L’usura nel contenzioso bancario: tassi d’interesse e limiti di legge

Redazione 25/07/14
Il tema dell’usura è sempre al centro delle cronache specializzate e non. Nei giorni scorsi, è caduto l’emendamento al decreto competitività che ripristinava la pratica dell’anatocismo, mentre gli istituti bancari continuano ad applicare tassi ai limiti della legalità ai propri correntisti. Ne discutiamo con l’avvocato Roberto Di Napoli, esperto in materia e autore del volume in uscita a fine luglio per Maggioli Editore “L’usura nel contenzioso bancario”.

foto avv di napoli

Tutti ne parlano, ma ben pochi conoscono la definizione specifica di questo fenomeno criminoso. Tecnicamente, che cos’è l’usura?

In effetti, molti, comunemente, utilizzano, spesso, il  termine “usura” per qualificare una richiesta eccessiva o sproporzionata rispetto alla prestazione (quasi sempre di denaro) ricevuta. In realtà, però, l’utilizzo di tale termine, frequente nel linguaggio comune, non sempre è corretto tecnicamente. Ci può essere una richiesta (avanzata da colui che si ritiene “usuraio”) che è illegittima ma non è usuraria. Ad esempio: può esserci la richiesta di una somma, avente origine da un prestito, comprensiva del capitale e degli interessi il cui tasso, però, non è stato determinato per iscritto validamente, con la conseguenza che quegli interessi, benchè non usurari, non possano essere richiesti in quella misura e, in sede giudiziale, verrebbero ricalcolati al tasso sostitutivo previsto dall’art. 117 d.lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario) o, in alcuni casi, al tasso di interesse legale ai sensi dell’art. 1284 cod. civ.; oppure: ci può essere una richiesta, pari al saldo per l’utilizzo di un’apertura di credito in conto corrente, non conforme alla reale e legittima posizione contabile a causa, ad esempio, dell’addebito, nel corso del rapporto, di commissioni ed oneri non dovuti e/o della loro capitalizzazione trimestrale (anatocismo che, per i rapporti instaurati successivamente al 2000, sarebbe, in astratto, legittimo ma solo nel rispetto di alcune condizioni). In tali casi, si è in presenza di una pretesa illegittima che, in un eventuale giudizio civile, in accoglimento delle eccezioni o domande proposte dall’utente bancario, potrebbe essere ridotta (in seguito a consulenza tecnica contabile d’ufficio) e, se seguita anche da “minaccia”, da parte di  chi vanti una somma non dovuta, di un’ingiusta azione giudiziaria, potrebbe essere anche illecita e perseguibile penalmente. La fattispecie del reato di usura, però, si perfeziona in ipotesi diverse.

Tecnicamente, il reato di usura si consuma, secondo quanto prescritto dall’art. 644 cod. pen.,  quando un soggetto si fa promettere o dare, quale corresponsione di denaro o altra utilità, interessi o altri vantaggi “usurari” . Prima del 1996, la valutazione di usurarietà era lasciata all’interprete o, meglio, al giudice. Con l’entrata in vigore della legge 7 Marzo 1996 n. 108, è la stessa legge che determina quando gli interessi sono usurari. Ed, infatti, l’art. 644, terzo comma, cod. pen. specifica che “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono usurari”.

Cop Di Napoli

Cioè? Quale legge?

La stessa legge 7 Marzo 1996, n. 108, come dicevo, ha modificato il testo dell’art. 644 cod. pen. e dell’art. 1815, secondo comma, cod. civ., prevedendo, all’art. 2, un meccanismo attraverso il quale, in sostanza, ogni trimestre, il Ministro del Tesoro (ora, Ministro dell’Economia) “sentita” la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano Cambi rileva il tasso effettivo globale medio degli interessi, riferiti ad anno, applicati dalle banche nel trimestre precedente per ogni categoria di operazioni (il cui elenco può variare ogni anno). Il tasso effettivo globale medio pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale,  aumentato del 50%, è il limite massimo oltre il quale vi è usura. Dal 2011, a dire il vero, la norma è stata modificata e, ora, il limite è fissato nel tasso medio rilevato, per la relativa categoria di operazioni, nel trimestre precedente aumentato di un quarto cui si aggiunge un ulteriore margine di 4 punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore di otto punti percentuali. Quest’ultima modifica, a dire il vero, così come ritenuto da vari tecnici contabili e associazioni di consumatori ancora prima che venisse approvata, sembra avere costituito un ulteriore “regalo” alle banche visto che ha comportato l’innalzamento dei tassi soglia.

Quali sono le pene previste dal codice penale?

L’art. 644 cod. pen. prevede la pena da due a dieci anni di reclusione e la multa da 5 a 30 mila euro. Sono previste, inoltre, alcune circostanze aggravanti “ad effetto speciale” che comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà in alcuni casi e cioè: se il colpevole ha agito nell’esercizio di un’attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare; se sono state richieste in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; se il delitto è stato commesso approfittando dello  stato di bisogno della persona offesa, o, se è stato commesso ai danni di chi svolge attività imprenditoriale o professionale o artigianale.

 

Il reato è sempre più collegato con il comportamento degli istituti di credito:  sono diversi i limiti nel caso in cui l’usura sia riscontrata in un rapporto bancario?

In effetti, qualche volta, si è letto che il negato accesso al credito espone i soggetti esclusi al rischio di restare vittime di usurai. Ciò sarà anche vero ma si è sottovalutato, per troppo tempo, il comportamento posto in essere dalle stesse imprese creditizie che non può essere giustificato o considerato meno grave per il semplice fatto che sia stato commesso da un responsabile di banca. Dobbiamo ricordare, infatti, che ciò comporterebbe l’applicazione di una circostanza aggravante e non di una causa scriminante del reato. I limiti oltre i quali il tasso di interesse verrebbe considerato usurario sono gli stessi di cui parlavo prima, chiunque sia l’autore del reato: sia esso il “cravattaro” di strada o sia il “colletto bianco” direttore di una filiale o direttore generale o presidente di una banca, questi ultimi due, anzi, secondo i principi espressi anche dalla Cassazione, soggetti ad un dovere di informazione ancora più rigoroso di quello imposto ad ogni cittadino.

 

Il fenomeno dell’anatocismo può contenere un’usura mascherata in determinate condizioni?

Certamente. L’anatocismo, causando la crescita esponenziale del debito, è uno dei fattori che determina il superamento del tasso massimo consentito (tasso soglia) e, dunque, può determinare l’usura.

 

Come possono tutelarsi i cittadini per evitare di cadere nella rete degli usurai?

I cittadini, innanzitutto, da alcuni anni, sono esposti ad un rischio di sovraindebitamento e servirebbe, pertanto, una seria “educazione al consumatore” che non so quanto sia effettivamente desiderata da parte di multinazionali o dalle stesse società finanziarie. Si pensi che ci sono prodotti come elettrodomestici, pc, televisori che vengono pubblicizzati ad un prezzo inferiore a condizione, però, che il pagamento avvenga a rate con finanziamento. In questi casi, quindi, è evidente che servirebbe una seria campagna di “educazione al consumo”. Non si possono, però, confondere i fenomeni e rischiare che si possa generare l’errata convinzione che la vittima di usura si sia procurata, da sola, il danno. L’attuale crisi economica, il senso di sfiducia avvertito da un numero sempre crescente di cittadini verso i diritti fondamentali della persona e le difficoltà nell’accesso al credito fanno aumentare il rischio che i cittadini si rivolgano agli usurai, chiamiamoli, di strada o “cravattari”.

 

Restando al tema dell’ “Usura nel contenzioso bancario”, che è anche il titolo del Suo ultimo lavoro, come può, invece, un imprenditore evitare di stipulare un contratto usurario?

Non sempre è facile riconoscere l’usurarietà del contratto o, meglio, dell’effettivo costo del finanziamento, altrimenti, è probabile che non verrebbe stipulato né da una parte né dall’altra. Vi è da dire, innanzitutto, che la maggior parte dei contratti bancari sono già predisposti su moduli standard (si pensi ai contratti di conto corrente o ai moduli con cui è concessa fideiussione) che il cliente è costretto a firmare o a rinunciare. Anche in altri contratti, stipulati per atto pubblico, poi, è difficile ipotizzare che sia previsto espressamente un tasso usurario. L’usura, spesso, è stata riscontrata, però, laddove, al momento della stipula, non si è considerato che il tasso effettivo globale, ossia, il costo effettivo dell’operazione, determinato attraverso il calcolo di ogni onere ulteriore rispetto agli interessi (si pensi al costo per polizze assicurative o agli interessi di mora), superava il tasso massimo vigente in quel trimestre (“tasso soglia”). Si consideri, poi, che, come è noto, nei rapporti di conto corrente, la banca si riserva la facoltà di variare il tasso di interesse e le altre condizioni economiche anche durante il rapporto e, considerate tutte le voci di costo, diventa così possibile che sia superato il limite massimo.

Si comprende, quindi, come sia difficile se non impossibile, per l’imprenditore, sia rinunciare al credito bancario sia accorgersi e denunciare prontamente l’usura eventualmente riscontrata.

Ancora più inaccettabile è che il cittadino o imprenditore, dopo essersi fidato del mercato legale del credito e, magari, dopo avere denunciato, debba vedersi assolto l’imputato o, ancora prima, archiviata la denuncia anche se, a parità di tasso di interesse, il “cravattaro”, ossia, lo strozzino di strada verrebbe arrestato per la semplice richiesta.

 

Come è possibile che la promessa o dazione di un tasso di interesse, ad esempio, del 30%, a fronte di un “tasso soglia” del 12%, mentre configurerebbe il reato di usura se commesso da un usuraio comune, se, invece, commessa da un responsabile di banca non sia ugualmente considerato reato visto che, addirittura, il fatto che lo commetta la banca dovrebbe comportare l’aumento di pena?

E’ proprio questo l’interrogativo che si sono posti molti imprenditori, le loro difese e che, a dire il vero, è stato anche oggetto di varie pronunce da parte della giurisprudenza. Il dibattito è stato determinato a causa della confusione creata dalle Istruzioni della Banca d’Italia che, sin dall’Agosto del 1996, diramando alle banche le istruzioni per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi aveva anche indicato una formula nella quale, ad esempio, in materia di aperture di credito in conto corrente, gli interessi sarebbero dovuti essere rapportati ai numeri, ossia, al capitale effettivamente utilizzato in proporzione con la durata dell’utilizzo, mentre, invece, alcune voci di costo e spese sarebbero dovuti essere rapportati all’importo utilizzato (anche se non utilizzato, dunque). Si prevedeva, inoltre, che voci di costo pur abbastanza gravose, quali le commissioni di massimo scoperto, sarebbero dovute essere escluse dal calcolo. L’ulteriore anomalia, pur a prescindere dalla formula suggerita dalla Banca d’Italia ma non, di certo, dalla legge,  è che lo stesso criterio, secondo le difese delle banche, sarebbe dovuto essere utilizzato anche per calcolare il tasso effettivo applicato prima di confrontarlo col tasso soglia: ciò, in quanto, secondo le difese delle banche, non sarebbe corretto confrontare un tasso effettivo calcolato applicando ogni interesse, commissione, spesa ed oneri con un tasso soglia determinato attraverso la rilevazione di tassi non comprensivi di alcune voci di costo. La Cassazione, a partire dal 2010, con varie pronunce, ha confermato l’orientamento già espresso da vari giudici di merito, ossia, che né le Istruzioni della Banca d’Italia né i decreti ministeriali costituiscono fonte di legge e, anzi, nel 2011, gli stessi giudici di legittimità hanno affermato che dette circolari non sono vincolanti laddove in contrasto con la legge.

Sembrerà assurdo ma, in pratica, secondo la logica e la difesa delle banche, la “misura” del costo del credito -che, si comprende, non essendo la matematica un’opinione, non può essere calcolata con criteri diversi a seconda della qualifica dei soggetti- dovrebbe, invece, calcolarsi con una formula “singolare” e “ad hoc” laddove si tratti di rapporti bancari.

Ritengo, poi, che la stessa Banca d’Italia si sia contraddetta nelle varie circolari dal momento che, ad esempio, la formula attualmente suggerita per il calcolo del TAEG nel credito al consumo è proprio quella contestata dalla difesa delle banche nei giudizi laddove l’imprenditore rilevi l’usurarietà del rapporto.

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….Ma l’art. 644 cod. pen. o altre leggi stabiliscono come deve calcolarsi il tasso di interesse applicato, ossia, quali sono le voci di costo che devono calcolarsi per verificare quale sia la percentuale di tasso di interesse richiesto?

Certo. Sin dal 1996, appunto, l’art. 644 cod. pen., al quarto comma, prevede che per la determinazione del tasso di interesse usurario si deve tenere conto di ogni commissione, remunerazione “a qualsiasi titolo” e delle spese collegate alla erogazione del credito escludendo solo quelle per imposte e tasse che, ovviamente, non costituiscono un profitto per le banche. In conformità a tale norma, anche l’art. 2 l. 108/1996 prevede che il Ministro dell’Economia debba trimestralmente rilevare il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese escluse quelle per imposte e tasse, degli interessi praticati nel trimestre precedente.

 

E, per quale motivo, le Istruzioni della Banca d’Italia hanno indicato una formula non conforme al dettato normativo?

Questa è una domanda a cui la risposta, secondo quanto riportato da vari organi di stampa proprio nel mese scorso, se l’accusa dovesse trovare conferma nel corso del giudizio, l’ha ipotizzata il P.M. della Procura di Trani che, come ho ricordato anche nel mio ultimo libro, ha notificato un avviso conclusione indagini anche ad ex responsabili della Banca d’Italia sostenendo il “concorso morale in usura”. In ogni caso, a prescindere dall’esito, resta il fatto che esse non costituiscono fonte di legge, così come riconosciuto dalla Corte di Cassazione e, in ogni caso, ci possono essere casi in cui si sia consumato il reato di usura anche con tasso di interesse inferiore al tasso soglia.

 

Ci sono stati casi di responsabili di banche condannati penalmente?

Certo, accanto a molte pronunce con le quali alcuni responsabili sono usciti indenni, pur in presenza di un tasso accertato come usurario, in quanto si è ritenuto mancante l’elemento soggettivo, ossia, il dolo, ci sono stati, però, anche alcuni casi di condanne per applicazione di un tasso di interesse che risultava usurario anche seguendo le istruzioni della Banca d’Italia.

 

Lei stava accennando –e dedica un apposito paragrafo nel volume- al caso di interessi usurari anche se inferiori al tasso limite. Può spiegare meglio?

L’art. 644 cod. pen., al terzo comma, seconda parte, prevede un’ipotesi residuale di usura (usura “in concreto”, da taluni definita anche “usura soggettiva”) che può ugualmente verificarsi anche se gli interessi sono inferiori al limite, laddove, in considerazione delle “concrete modalità del fatto”, essi sono sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altra attività quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Anche per quest’eventuale ipotesi è fondamentale prestare la massima attenzione verificando la correttezza ed efficienza delle indagini. Nel volume, ho accennato ad un “caso pratico” in cui, per ben 3 volte, era stata richiesta l’archiviazione ed, invece, è stato rinviato a giudizio il Direttore Generale della banca proprio perché, durante le indagini, si è ravvisato il comportamento vessatorio ai danni della vittima.

 

Sotto il profilo civilistico, cosa comporta l’accertata usurarietà?

In teoria, se sono convenuti interessi usurari, la sanzione civilistica sarebbe la “non debenza” di alcun interesse tanto è vero che, nei rapporti di conto corrente, quantomeno nei trimestri in cui si è rilevata l’usura, la giurisprudenza prevalente dispone la decurtazione degli interessi per quei periodi.

 

Nel Suo libro, Lei ricorda anche recenti provvedimenti in merito all’usura determinata, nei contratti di mutuo, dagli interessi di mora o dai costi per polizze assicurative. Anche per tali oneri c’è stato contrasto?

Si. Anche in tal caso, le Istruzioni della Banca d’Italia si sono discostate da quanto previsto dall’art. 644 cod. pen. Varie pronunce, sia della Cassazione che dei giudici di merito, hanno ribadito che anche gli interessi di mora devono essere tenuti in considerazione ai fini della valutazione di usurarietà così come i costi per la polizza assicurativa, solitamente, collegata al contratto di mutuo o finanziamento. Bisogna dire, però, anche che, soprattutto nell’ultimo anno, alla diffusione di tali pronunce sono seguiti veri e propri “slogan” da parte di associazioni, movimenti appena creati, società che hanno indotto a fare cause anche in mancanza dei presupposti e suggerendo criteri di calcolo che, come ho ricordato nel libro, varie pronunce hanno ritenuto non corretti indicando, invece, la corretta metodologia.

 

Lei dedica alcuni paragrafi anche a provvedimenti coi quali, rilevata l’usurarietà, è stata sospesa l’esecutorietà di decreti ingiuntivi o sono state sospese procedure esecutive o, addirittura, sequestrati titoli esecutivi. E’ possibile, quindi, per l’imprenditore, difendersi e ottenere la tutela dei propri beni.

Certamente. Nel corso degli ultimi anni, la giurisprudenza formatasi nel settore del contenzioso bancario ha dimostrato la preparazione e competenza specifica di molti giudici oltre che di avvocati e consulenti contabili. Anzi. Sia pur non possa negarsi, sotto alcuni aspetti, esistente, ancora, un contrasto giurisprudenziale e, a volte, anche dei paradossi, va detto, però, che la giurisprudenza ha colmato il vuoto legislativo per non dire, proprio, che ha tutelato l’ordinamento più di quanto ha fatto la politica visto che, mentre, sono svariate le pronunce dai giudici di merito fino a quelli di legittimità e, perfino, della Corte Costituzionale che si sono dimostrate vero presidio della legalità, non mi risulta un numero pari di provvedimenti legislativi a tutela degli utenti bancari: dal 1999 ci sono state varie norme “salvabanche”, alcune delle quali, per fortuna, dichiarate incostituzionali.

L’imprenditore – persona offesa in procedimento penale per usura o per estorsione che abbia chiesto l’accesso al Fondo di solidarietà, poi, può chiedere al Procuratore della Repubblica la sospensione per 300 giorni di scadenze di rate di mutuo o di vendite: la ratio dovrebbe essere quella di evitare che, nelle more del procedimento amministrativo finalizzato ad ottenere i benefici economici, debba continuare a rivolgersi all’usuraio. Come ho ricordato nel libro, alla fine dello scorso mese di Giugno, una sentenza della Corte Costituzionale dovrebbe avere superato i dubbi sull’automaticità o meno della sospensione delle procedure una volta che sia stato emesso il provvedimento.

 

Quali contromisure stanno prendendo le istituzioni per prevenire questi comportamenti che aggravano gli effetti della crisi? Ritiene siano sufficienti?

Ritengo, innanzitutto, che chi, per qualsiasi funzione ricoperta, rappresenta le istituzioni debba prendere atto che chi ha denunciato l’usura non è, necessariamente, un debitore. Anzi. Se ha contestato l’an della pretesa, deve essere prioritaria la tutela sua, dei suoi beni e della sua famiglia. Serve anche un cambio di mentalità che dovrebbe iniziare, però, dal legislatore. La legge fallimentare o le norme del codice di procedura civile dovrebbero maggiormente garantire la dignità e il diritto di proprietà del presunto debitore o dell’esecutato. La necessaria speditezza o celerità delle procedure non dovrebbe violare alcuni diritti di quest’ultimo, soprattutto quando il titolo, ad esempio, sulla quale si fondi una procedura esecutiva, sia un titolo formatosi stragiudizialmente. In questi casi, massima dovrebbe essere la sensibilità e l’attenzione del giudice nel valutare la sospensione o la prosecuzione della procedura.

Ci sono imprenditori, poi, che, cogliendo l’invito, spesso, perfino, pubblicizzato dallo Stato, a denunciare l’usura, hanno denunciato ma non ricevono facilmente i benefici economici promessi e, nelle more dei giudizi, non sanno come fronteggiare, l’indomani, le spese per sopravvivere. Come ho accennato nelle ultime pagine del mio ultimo libro, sono necessarie varie modifiche alla legge che prevede i benefici alle vittime di usura e del racket. Si potrebbe iniziare con misure più semplici e meno costose per lo Stato. Faccio un esempio: leggiamo, purtroppo, quasi quotidianamente, notizie drammatiche di suicidi o di persone disperate che non sanno come affrontare la giornata, come sfamare la famiglia o come pagare i dipendenti. Esiste un numero verde del Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative anticket ed antiusura (80099000) che, però, è attivo (quando non risulta occupato) solo in alcune ore della giornata escluso il sabato. Sarebbe utile se, invece, anche nelle ore notturne, si assicurasse una risposta eventualmente da uno o due psicologi che sappiano come tranquillizzare l’utente quantomeno per incoraggiarlo ad attendere l’indomani o, nei casi più urgenti, per coordinarsi con le Forze dell’Ordine.  E’ inaccettabile che un cittadino che denuncia l’usura o l’estorsione, nelle more dei giudizi, debba essere lasciato abbandonato. Non è degno di un Paese civile.

 

Redazione

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