Una convenzione che tutela le vittime e le loro famiglie dalle sparizioni messe in atto dalle forze di polizia, come i più noti casi dei Desaparecidos durante la dittatura militare in Cile e in Argentina.
Negli ultimi anni, la paura di nuove sparizioni è al centro dei rapporti diffusi da Amnesty International che ha accusato le autorità federali e statali del Messico di aver tollerato o rifiutato di affrontare il tema delle sparizioni.
Solo negli ultimi sei anni sono scomparse o risultano disperse almeno 26.000 persone: tra queste sparizioni troviamo le storie che Federico Mastrogiovanni, giornalista e autore del libro – documentario “Ni vivos, ni muertos“, ha raccolto sulle sparizioni forzate in Messico attraverso ricerche ed interviste ai familiari delle vittime, ad attivisti e funzionari pubblici. L’inchiesta di Federico Mastrogiovanni è più che mai attuale in un paese in cui 43 studentidella Escuela Normal Rural “Raul Isidro Burgos“, a Iguala nello stato del Guerrero, sono “desaparecidos“.
Le desapariciones forzadas rappresentano una strategia del terrore condivisa dalle varie forze dell’ ordine e dai governi locali e nazionali. Per questa ragione il testo della Convenzione rappresenta un importante strumento normativo internazionale, capace di coniugare aspetti del diritto internazionale dei diritti umani con quelli del diritto umanitario e del diritto penale internazionale.
La Convenzione rappresenta il risultato del “Gruppo di lavoro ad hoc sulle sparizioni forzate”, creato nel 2002 dalla Commissione per i Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, presieduta all’epoca dall’irlandese Mary Robinson, con lo scopo di elaborare sul piano internazionale uno strumento normativo vincolante per la protezione delle persone dal fenomeno delle sparizioni forzate.
Sebbene il nuovo strumento giuridico sia stato aperto alla firma il 6 febbraio 2007 e sia successivamente entrato in vigore il 23 dicembre 2010, trenta giorni dopo il deposito del ventesimo atto di ratifica o adesione, solo con la recente ratifica anche l’Italia ha aderito alla Convenzione.
L’articolo 2 della Convenzione definisce la sparizione forzata di persone come “l’arresto, la detenzione, il sequestro o qualsiasi altra forma di privazione della libertà che sia opera di agenti dello Stato o di persone o di gruppi di persone che agiscono con l’autorizzazione, l’appoggio o la acquiescenza dello Stato, seguita dal rifiuto di riconoscere tale privazione della libertà o dall’occultamento della sorte riservata alla persona scomparsa e del luogo in cui questa si trova, sottraendola così alla protezione della legge”.
Nessuna circostanza eccezionale può essere invocata dallo Stato per giustificare la sparizione forzata (stato di guerra, instabilità politica o ordine pubblico, art. 1.2).
Le sparizioni forzate rientrano tra le violazioni più gravi dei diritti umani poiché ledono il diritto della persona alla sicurezza ed alla tutela da parte della legge, il diritto a non essere arbitrariamente privato della libertà personale ed il diritto a non essere oggetto di tortura e di altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti. In alcune circostanze, le sparizioni forzate possono portare anche a violazioni del diritto alla vita, della libertà di espressione, religione ed associazione e del divieto di non discriminazione.
Al fine di combattere il fenomeno, ogni Stato parte deve adottare tutte le misure necessarie affinché venga accertata la responsabilità penale di ogni persona sospettata di aver eseguito, ordinato, sollecitato o indotto una sparizione forzata (art. 6).
Nell’ipotesi in cui lo Stato parte decida di non procedere all’estradizione o di non consegnare il presunto colpevole ad un tribunale internazionale da esso riconosciuto, la Convenzione richiede di:
– adottare le misure legali necessarie per garantire la presenza del presunto colpevole sul territorio nazionale fino al termine del procedimento giudiziario;
– sottoporre il caso alle proprie autorità giudiziarie per l’avvio di un processo equo, anche nell’ipotesi in cui non siano state presentate denunce formali ma esistono fatti ragionevoli per credere che la sparizione forzata sia avvenuta.
Il principale obbligo per gli Stati parte della Convenzione è quello di prevedere, all’interno della legislazione nazionale, una norma che condanni come reato la pratica delle sparizioni forzate.
Inoltre, l’art. 5 del nuovo strumento internazionale definisce il ricorso generalizzato e sistematico alle sparizioni forzate come crimine contro l’umanità.
Le disposizioni della Convenzione impongono inoltre agli Stati parte di:
– assicurare che il proprio sistema legale preveda pene severe in caso di condanna e il diritto alla riparazione per le vittime di sparizione forzata (intendendosi per “vittime” la persona scomparsa e tutte le persone fisiche che hanno subito un danno quale risultato diretto della sparizione forzata);
– vietare in modo assoluto qualsiasi tipo di detenzione segreta e istituire garanzie rigorose a tutela delle persone private della libertà, compresa la scrupolosa registrazione delle persone detenute nelle carceri e la possibilità per i detenuti di accedere ad un tribunale (art. 17);
– evitare qualsiasi atto (es. estradizione, espulsione) che comporti il trasferimento di una persona in uno Stato dove potrebbe essere sottoposta a sparizione forzata (art. 16);
– prevedere una protezione speciale a tutela dei minori che siano stati sottoposti a sparizioni forzata e dei minori figli di persone vittime di sparizione forzata, allo scopo di preservarne identità e di evitare adozioni illegali (art. 25);
– garantire il diritto delle vittime a conoscere la verità sulle circostanze della sparizione forzata, lo svolgimento e i risultati dell’inchiesta e la sorte della persona scomparsa (art. 24). L’obbligo di continuare le ricerche permane sino a che divenga nota la sorte della persona scomparsa (art. 24 par. 6).
Ai legali delle persone che denunciano la scomparsa, in caso di comprovato pericolo a causa dello svolgimento dei loro compiti di difensori, potranno essere accordate misure di vigilanza e/o scorta. Per l’esposizione pubblica connaturata all’esercizio della loro professione, i legali non potranno essere sottoposti al programma di protezione previsto dalla normativa vigente, basato sul trasferimento in località segreta e sulla mimetizzazione, né alle speciali misure a cura del Prefetto, che, essendo attuate nella località di origine, confliggono con i presumibili spostamenti di chi esercita l’attività forense.
La protezione speciale prevista dalla legislazione italiana si applicherà solo ai familiari della persona privata della libertà e solo nel caso in cui essi rendano dichiarazioni all’Autorità Giudiziaria sulla sparizione del proprio congiunto. Gli altri soggetti indicati dalla Convenzione, esposti a pericolo, saranno tutelati attraverso le misure di vigilanza e/o scorta.
Nell’ipotesi di sospetti casi di sparizioni forzate diffuse e sistematiche, l’organo di controllo della Convenzione è autorizzato, dopo aver ricercato di ottenere da parte dello Stato in causa tutte le informazioni rilevanti sulla situazione in corso, a portare il caso all’attenzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, tramite il Segretario Generale (art. 34).
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