La definizione normativa è contenuta nell’art. 12 del D. Lgs. 38/2000, che recita:
“Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purchè necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida“.
Tra queste, l’ipotesi che più spesso è fonte di diatribe è quella relativa all’infortunio occorso al lavoratore in occasione del trasferimento dello stesso dall’abitazione al luogo di lavoro, o viceversa.
A tal proposito, in oramai numerosi interventi, la Cassazione ha individuato tre requisiti, perchè si possa parlare di infortunio in itinere, e precisamente:
a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento (tale percorso deve costituire per l’infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione);
b) la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito ed attività lavorativa, (non devono esserci le “divagazioni” di cui sopra o avvenga in orari non collegabili all’attività lavorativa);
c) la necessità (da accertarsi caso per caso, cfr. Corte di Cassazione, Sezione lavoro, Sentenza 17/01/07, n. 995) dell’uso del veicolo privato.
Ciò premesso, e che quindi devono essere soddisfatte contemporaneamente le predette condizioni, come interviene l’Inail?
L’Inail provvede, a seconda dei casi che adesso vedremo, al pagamento o di una somma in linea capitale o di una rendita.
In particolare, l’intervento si differenzia in base alla gravità della lesione riportata.
Occorre, dunque, distinguere tre ipotesi:
1. in caso la lesione sia inferiore al 6%: l’Inail non corrisponde alcun indennizzo (c.d. franchigia);
2. in caso di lesione compresa tra il 6% al 16%: l’Inail indennizza il danno biologico in capitale, mentre non vi è alcun indennizzo per le eventuali conseguenze patrimoniali. Per il danno biologico sono state approntate delle tabelle, rispettivamente una tabella per le menomazioni e una tabella di indennizzo, i cui importi sono stati aggiornati del 8,68% con Decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 marzo 2009.
3. in caso di lesione pari o superiore al 16%: l’Inail indennizza il danno biologico in rendita, per il calcolo della quale è stata predisposta l’apposita tabella delle rendite nonchè un ulteriore quota di indennizzo in rendita relativa alle conseguenze patrimoniali presunte. A tal proposito è stata predisposta una apposita tabella dei coefficienti. Il coefficiente si applica alla retribuzione effettivamente percepita dal soggetto (sono peraltro previsti dei massimali e minimali di legge, e ciò per il richiamo effettuato dall’art. 13 all’art 74 del T.U. INAIL che a sua volta richiama gli articoli 116-120 in tema di liquidazione della rendita).
In nessun caso, comunque, trattandosi di un sistema indennitario, e non di un sistema di responsabilità civile sotto la vigenza del principio dell’integrale risarcimento, è prevista la possibilità di provare la perdita patrimoniale nel singolo caso specifico, ragion per cui le conseguenze patrimoniali vengono presunte per legge.
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