Licenziamento senza preavviso: si può fare? Cosa dice la legge

Paolo Ballanti 20/08/24
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Il periodo di preavviso si concretizza in un lasso di tempo, quantificato di norma dai contratti collettivi, che deve obbligatoriamente intercorrere tra la data in cui il dipendente o l’azienda comunica alla controparte il licenziamento e l’ultimo giorno di vigenza del contratto di lavoro.

Nel corso del preavviso entrambe le parti conservano i diritti e gli obblighi proprio del rapporto di lavoro, che prosegue regolarmente.

Questo significa che il dipendente è tenuto ad assicurare lo svolgimento della prestazione lavorativa manuale e / o intellettuale dedotta nel contratto o nelle intese successivamente intercorse e l’azienda, dal canto suo, è obbligata a corrispondere la retribuzione.

Grazie alla prosecuzione provvisoria del contratto, il preavviso permette alla parte che subisce il recesso di:

  • nel caso delle dimissioni, trovare uno o più sostituti e / o riorganizzare l’attività economico – produttiva (a beneficio del datore di lavoro);
  • nel caso del licenziamento, di avere il tempo necessario per trovare un’altra occupazione (a beneficio del dipendente).

Con riguardo al licenziamento assume quindi un’importanza fondamentale il riconoscimento da parte dell’azienda del periodo di preavviso, che consente all’interessato di avere una fonte di sostentamento economico per meglio affrontare la perdita del lavoro.

Le ipotesi in cui il preavviso non dev’essere obbligatoriamente riconosciuto per legge dall’azienda sono estremamente rare. Analizziamo la questione in dettaglio.

Indice

Quando il datore di lavoro NON deve dare preavviso

Il datore di lavoro che intima il licenziamento non è tenuto a rispettare il preavviso (definito dai contratti collettivi o, in mancanza di questi, dagli usi o secondo equità) nelle seguenti ipotesi:

  • Licenziamento nel corso o al termine del periodo di prova;
  • Licenziamento per giusta causa all’esito di una procedura di contestazione disciplinare.

Licenziamento nel corso o al termine del periodo di prova

Il periodo di prova si configura come un momento di sperimentazione, posto all’inizio del contratto di lavoro, in cui entrambe le parti testano la bontà di una reciproca convivenza.

Trattandosi di una sperimentazione, prima che il rapporto di lavoro si consolidi definitivamente (con applicazione delle regole ordinarie in tema di dimissioni e licenziamenti), datore di lavoro e dipendente hanno la possibilità, nel corso o al termine della prova, di interrompere il contratto:

  • senza alcuna motivazione;
  • senza essere soggetti all’obbligo di rispettare un periodo di preavviso.

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Il licenziamento nel settore privato

Con un approccio per quesiti e problemi, si offre una panoramica della normativa in tema di licenziamenti nei rapporti di lavoro privato, le cui disposizioni si sono stratificate e sovrapposte nel tempo in relazione alla natura e alle dimensioni occupazionali del datore di lavoro, al settore, alla qualifica, alla data di assunzione, alla data di licenziamento, al tipo di rapporto, creando un sistema difficilmente intellegibile per l’operatore. Verrà illustrato come distinguere il licenziamento dalle ipotesi affini, quale forma deve rivestire e per quali motivi si può legittimamente licenziare, con quale procedura e con quale tempistica; come impugnare un licenziamento, attraverso quali adempimenti da compiere prima del giudizio e come evitare le decadenze di legge, come impostare un ricorso avverso un licenziamento illegittimo e quali sono le caratteristiche del rito da seguire. Saranno passati in rassegna i principali vizi che possono affliggere l’atto espulsivo, indicato con quali mezzi dimostrarne la sussistenza, come si riparte l’onere della prova, e, in parallelo, quale tutela è stata accordata dal legislatore al lavoratore nelle diverse e sofferte fasi evolutive della disciplina della materia (legge n. 604/1966, legge n. 300/1970, legge n. 92/2012, D.Lgs. n. 23/2015,D.L. n. 87/2018 ed altre): in particolare, in quali casi viene accordata la reintegra nel posto di lavoro e in quali casi è disposto il risarcimento del danno, nonché le diverse modalità per la sua quantificazione. Per ciascun argomento verrà dato conto dello stato della giurisprudenza sulle principali problematiche solle- vate dalla normativa, anche con riferimento al diritto dell’Unione Europea.Maria Giulia Cosentino Magistrato ordinario, prima ancora avvocato, funzionario del Ministero delle Finanze, borsista al primo corso concorso per dirigenti pubblici della S.N.A.; oggi giudice del lavoro presso la Corte d’Appello di Roma e dal 2016 giudice tributario componente della Commissione Tributaria Provinciale di Roma. Fra il 2012 e il 2016 è stata componente del Comitato Pari Opportunità del Distretto e della Commissione per gli esami di Stato per il conseguimento del titolo di Avvocato. Dopo l’ingresso in magistratura, dal 2001 al 2004 è stata giudice civile a La Spezia; dal 2004 al 2010, fuori ruolo, ha ricoperto l’incarico di giurista esperto per la semplificazione normativa ed amministrativa presso il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri; dal 2008 al 2010, anche Vice Capo del Settore Legislativo per il Ministro per l’Attuazione del Programma di Governo; dal 2010 al 2017 giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma. Autrice di numerose pubblicazioni in tema di diritto del lavoro; diritto del pubblico impiego; pari opportunità nella pubblica amministrazione; semplificazione normativa; diritto dell’ambiente e dell’energia.

Maria Giulia Cosentino | Maggioli Editore 2019

Licenziamento per giusta causa: cos’è?

Il licenziamento per giusta causa è un’ipotesi di recesso unilaterale dal rapporto di lavoro per volontà dell’azienda a causa di comportamenti (anche extra-aziendali) del dipendente talmente gravi da non consentire la prosecuzione provvisoria del rapporto nel corso del periodo di preavviso.

Pertanto, in situazioni simili, il datore di lavoro può intimare il licenziamento che avrà effetto senza attendere il decorso del preavviso.

Questo significa che il rapporto di lavoro potrà potenzialmente risolversi già nel giorno stesso di comunicazione al lavoratore del licenziamento. In tal caso l’ultimo giorno di vigenza del contratto corrisponderà al giorno in cui il dipendente firma per ricevuta o riceve tramite raccomandata A / R la missiva dove il datore di lavoro rende noto il licenziamento per giusta causa.

Licenziamento per giustificato motivo soggettivo, cosa cambia?

Nell’ambito di quelli che sono i provvedimenti disciplinari che l’azienda può adottare nei confronti dei dipendenti figura il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.

In quest’ultimo caso, tuttavia, la sanzione ricorre a seguito di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, di gravità non tale (a differenza della giusta causa) da impedire la prosecuzione provvisoria del rapporto nel corso del preavviso.

In conclusione, se viene intimato il licenziamento per giustificato motivo soggettivo il datore di lavoro è tenuto a rispettare il periodo di preavviso.

Un esempio di licenziamento per giusta causa senza preavviso

Facciamo l’esempio del dipendente Caio il quale:

  • si è reso responsabile di una condotta che il codice disciplinare interno valuta come sanzionabile con il licenziamento per giusta causa;
  • si è visto contestare la condotta nel rispetto della normativa di legge;
  • ha fornito giustificazioni all’azienda;
  • il datore di lavoro, all’esito del procedimento disciplinare, opta per la sanzione del licenziamento per giusta causa.

Il provvedimento è comunicato con raccomandata a mani del lavoratore, ricevuta il giorno 9 agosto 2024. Nella missiva si afferma che il rapporto di lavoro è da considerarsi risolto alla data di ricevimento della stessa.

Di conseguenza, l’ultimo giorno di vigenza del contratto corrisponde al 9 agosto 2024. Quest’ultima data sarà da indicare nel campo “Data di cessazione” del modello telematico “UnificatoLav o “UniLav” che l’azienda è tenuta a trasmettere ai Centri per l’impiego entro i cinque giorni successivi l’evento di cessazione.

Licenziamento non per giusta causa senza preavviso, cosa succede?

In tutte le ipotesi di licenziamento, diverse da quello per giusta causa o nel periodo di prova, se il datore di lavoro non riconosce tutto o parte del preavviso imposto dalla contrattazione collettiva lo stesso è tenuto a riconoscere al dipendente, in busta paga, un’indennità economica a titolo di mancato preavviso.: l’indennità sostitutiva di preavviso.

Quest’ultima è calcolata in misura pari alla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente se il preavviso fosse stato rispettato, comprese le seguenti voci:

  • ratei di mensilità aggiuntive;
  • provvigioni;
  • premi di produzione;
  • partecipazioni a utili o a prodotti;
  • indennità sostitutive di mensa e di alloggio;
  • ogni altro compenso di carattere continuativo;

La sola eccezione riguarda i rimborsi spese.

Da notare che l’indennità sostitutiva del preavviso, da corrispondere nella busta paga di competenza dell’ultimo mese in forza in azienda, è da considerarsi:

  • soggetta alle trattenute a carico del dipendente a titolo di contributi previdenziali e assistenziali;
  • soggetta al calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali a carico azienda;
  • soggetta al calcolo delle trattenute fiscali a carico del dipendente, con applicazione della stessa aliquota prevista per il Trattamento di fine rapporto (Tfr).

Oltre al riconoscimento dell’indennità sostitutiva, il mancato preavviso non ha altri effetti sul licenziamento che, pertanto, comporta comunque l’interruzione del contratto di lavoro alla data indicata dall’azienda nella missiva trasmessa al dipendente.

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Foto copertina: istock/PeopleImages