Il blocco, ricordiamolo, ha impedito alle aziende di qualsiasi dimensione di intraprendere procedure di licenziamento collettivo e risolvere il rapporto con il dipendente per giustificato motivo oggettivo (GMO).
Sempre il 30 giugno è stato però discusso e approvato il Decreto Lavoro, resosi necessario per risolvere alcune questioni spinose in scadenza proprio il 30 giugno, a partire dal blocco dei licenziamenti. Uno stop che ha scatenato le polemiche di sindacati e parti sociali, in un momento di forte crisi del settore economico del Paese, che potrebbe far tornare le aziende a licenziare in tronco i lavoratori.
>> Decreto Lavoro: le misure su licenziamenti e Cassa integrazione
Il punto di incontro trovato dal governo Draghi, sfociato poi nel Decreto Lavoro, è stata una proroga selettiva del blocco: interesserà i settori che non hanno ancora vissuto una ripresa dalla crisi. Si parla del settore tessile e dei settori correlati (abbigliamento, produzione articoli in pelle, calzature), e agirà di concerto con la previsione di altre 17 settimane di cassa Integrazione. La proroga per questi settori sarà valida fino al 31 ottobre 2021.
Quindi lo stop continuerà ad operare per le relatà del settore moda e tessile. Vediamo nel dettaglio come cambierà la situazione, per aziende e dipendenti, dal 1° luglio 2021.
>> Blocco licenziamenti 2021: quando non impedisce il licenziamento
Licenziamenti 1° luglio: cosa cambia
La fine del blocco dei licenziamenti al 30 giugno 2021 comporta la possibilità per le aziende, dal giorno successivo, di procedere a licenziamenti individuali o plurimi per cause riguardanti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il suo regolare funzionamento. Ciò accade ad esempio per:
- Crisi economica conseguente ad un calo del fatturato;
- Contrazione degli stanziamenti pubblici;
- Soppressione (o esternalizzazione) della mansione cui è addetto il dipendente;
- Cessazione dell’attività produttiva;
- Introduzione di nuove tecnologie che necessitano di un minor numero di addetti.
Per essere considerato legittimo il recesso:
- Il riassetto organizzativo dell’azienda dev’essere effettivo e fondato su aspetti realmente esistenti nel momento in cui il licenziamento è comunicato;
- Deve sussistere un rapporto causa – effetto tra il riassetto aziendale e l’uscita del dipendente;
- La scelta del dipendente da licenziare dev’essere ispirata a principi di buona fede e correttezza;
- L’azienda è tenuta a verificare l’impossibilità di adibire il dipendente ad altre mansioni;
- Il datore di lavoro è tenuto a rispettare il periodo di preavviso imposto dal contratto collettivo applicato.
Licenziamenti collettivi
Con esclusivo riferimento alle aziende che:
- Occupano più di quindici dipendenti (cinque se imprenditori agricoli) nella stessa unità produttiva o comune;
- In ogni caso se hanno complessivamente più di sessanta dipendenti;
possono attivare dal 1° luglio 2021 le procedure di licenziamento collettivo.
Tale procedura è obbligatoria per le realtà che a seguito di una riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività produttiva, intendono ricorrere ad almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni, in un’unica unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito della stessa provincia.
La procedura di licenziamento collettivo è rappresentata da una fase di confronto con le rappresentanze sindacali in azienda o, in mancanza di queste, con le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
Il confronto si apre con una comunicazione del datore di lavoro in cui questi dichiara l’intenzione di procedere a licenziamenti collettivi.
In caso di esito negativo dell’eventuale esame congiunto richiesto dai sindacati, l’Ispettorato territoriale del lavoro può convocare i soggetti coinvolti, tentando di trovare un punto di incontro.
La gestione dei licenziamenti sarà oggetto dell’eventuale accordo sindacale. In mancanza di questo, l’azienda nello scegliere i dipendenti con i quali recedere il contratto, dovrà essere ispirata ai seguenti criteri:
- Carichi di famiglia;
- Anzianità;
- Esigenze tecnico-produttive ed organizzative.
Altre possibili cause di licenziamento
La ripresa dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o collettivi si aggiungerà alle altre ipotesi di recesso del datore di lavoro che mai, in questi mesi di emergenza COVID, sono state oggetto di stop. Ci riferiamo a:
- Licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo;
- Licenziamenti durante o al termine del periodo di prova;
- Licenziamenti per superamento del periodo di comporto;
- Licenziamento del dirigente;
- Licenziamento per raggiunti limiti di età, ai fini dell’accesso alla pensione di vecchiaia;
- Licenziamento dei lavoratori domestici;
- Interruzione del contratto di apprendistato al termine del periodo formativo;
- Recesso dal rapporto con l’ex socio di cooperativa di produzione e lavoro, a fronte di precedente risoluzione del vincolo associativo (in osservanza delle disposizioni statutarie o regolamentari vigenti).
Licenziamenti dal 1° luglio: ricorso alla NASPI
La ripresa dei licenziamenti per GMO porterà i dipendenti ad accedere, in assenza di una nuova occupazione, all’indennità di disoccupazione NASPI.
Il sussidio, erogato dall’INPS, spetta anche ai dipendenti licenziati per giustificato motivo oggettivo che, oltre ad essere in uno stato di disoccupazione involontaria, presentano:
- Almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti la disoccupazione;
- Almeno trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
A pena di decadenza, la domanda di disoccupazione dev’essere presentata all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto.
>> Naspi 2021: cosa cambia con il Decreto Sostegni bis
Licenziamenti: blocco fino al 31 ottobre 2021
È prevista sino al 31 ottobre 2021 un’estensione dello stop ai licenziamenti per le aziende che fanno ricorso agli ammortizzatori sociali con causale “COVID-19”, introdotti dal Decreto legge “Sostegni” (D.l. n. 41/2021 convertito in L. n. 69/2021), nello specifico:
- Ventotto settimane di Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD) o assegno ordinario (ASO) erogato dal FIS, nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021;
- Centoventi giorni di Cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA) nel periodo 1° aprile – 31 dicembre 2021.
- Per le aziende del settore del tessile e correlati (abbigliamento, produzione articoli in pelle, calzature). Codici Ateco 2007 13, 14 e 15
Nel testo del Decreto-legge 30 giugno 2021, n. 99, all’articolo 4, si legge che “I datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, identificati, secondo la classificazione delle attività economiche Ateco2007, con i codici 13, 14 e 15, che, a decorrere dalla data del primo luglio 2021, sospendono o riducono l’attività lavorativa, possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale per una durata massima di diciassette settimane nel periodo compreso tra il primo luglio e il 31 ottobre 2021. Per i trattamenti concessi ai sensi del presente comma non è dovuto alcun contributo addizionale“.
Le aziende di questi settore nel periodo dal 1° luglio al 31 ottobre 2021 possono fruire di altre 17 settimane di Cig gratuita.
Il decreto prevede inoltre altre 13 settimane di Cassa integrazione guadagni straordinaria, fino al 31 dicembre 2021, per tutte le altre aziende.
>> Decreto Sostegni bis: pacchetto novità per dipendenti e lavoro
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