Ottenere il risarcimento per le lesioni lievi sarà (forse) più facile

Massimo Quezel 07/11/16
Esiste una qualificazione, per così dire, “quantitativa” delle tipologie di danni fisici che un soggetto può subire, che permette di distinguere le cosiddette “microlesioni” dalle “macrolesioni” o, per usare la terminologia del Legislatore, tra le “lesioni di lieve entità” e le “lesioni di non lieve entità”. Le prime prevedono un grado di invalidità permanente fino a 9 punti percentuali, le seconde riguardano tutte le menomazioni con grado maggiore, fino al 100%.

L’accertamento dell’esistenza di tali lesioni e la loro entità è di competenza del medico specializzato in medicina legale e delle assicurazioni, il quale sottopone il danneggiato agli accertamenti clinici ed eventualmente strumentali necessari.

La nuova normativa in vigore dal 2012 e il presunto obbligo di accertamento strumentale

Nel 2012 è intervenuta una legge, la numero 27 del 24 marzo, che ha previsto una nuova normativa con particolare riguardo alle tipologie di accertamenti necessari per poter dar luogo al risarcimento delle lesioni di lieve entità, introducendo due articoli di complessa interpretazione che hanno dato luogo a forti contrasti tra gli operatori del settore, nonchè a dubbi e perplessità anche da parte dei giudici.

Le due norme incriminate sono previste nell’art. 32 della suddetta legge, più precisamente nei commi 3-ter e 3-quater. Il comma 3-ter modifica l’art. 139 del Codice delle Assicurazioni, aggiungendo la seguente precisazione: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.

Il comma 3-quater invece specifica che “Il danno alla persona per lesioni di lieve entità […] è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione”.

Ad una prima lettura le due norme appaiono in contrasto tra loro, ed è necessario un notevole sforzo interpretativo per riuscire a coordinarle. A voler cercare di trovare un senso a tali confuse disposizioni si potrebbe intendere che il comma 3-ter richieda un accertamento strumentale per provare l’esistenza di una invalidità di tipo permanente, mentre il comma 3-quater “conceda” un accertamento anche soltanto visivo per provare una invalidità di tipo temporaneo.

Di fatto, con queste due norme, i medici legali sono stati privati della possibilità di fare riferimento alla scienza medica nello svolgimento del proprio lavoro di accertamento. Secondo i criteri previsti dalla medicina legale, infatti, il ricorso ad esami strumentali (più o meno invasivi) per determinare l’esistenza di lesioni sotto il 9% non può che essere alternativo ad un accertamento visivo o clinico, e non necessario o obbligatorio. In altre parole queste nuove norme hanno cercato di spazzare via decenni di storia della medicina legale, ingerendosi in una materia prettamente medico-scientifica e soprattutto generando il pericoloso equivoco che, laddove non sia presente un accertamento strumentale ma esclusivamente un accertamento clinico, non esista alcuna menomazione.

La Cassazione fa (finalmente) chiarezza

C’è da dire che la giurisprudenza di merito, dopo una inevitabile titubanza iniziale, si è da tempo pronunciata secondo una interpretazione costituzionalmente orientata della nuova normativa, ritenendo necessaria e sufficiente, ai fini dell’accertamento della lesioni di lieve entità, le metodologie scelte dal medico stesso e non da una norma evidentemente iniqua.

Con una recente sentenza, la n. 18773 del 26/09/2016, la Corte di Cassazione è intervenuta in questo acceso dibattito, pronunciandosi a favore dei danneggiati.

Nel caso concreto portato all’attenzione degli ermellini, i giudici di primo e secondo grado avevano escluso il risarcimento delle lesioni fisiche sulla base dell’assunto secondo cui le stesse non risultavano accertate strumentalmente.

La Suprema Corte, però, ha riconosciuto come risarcibili anche le lesioni accertate obbiettivamente (seppur non “strumentalmente”) dal medico legale, sulla base del convincimento al quale fosse giunto lo stesso medico, in scienza e coscienza e in applicazione delle “leges artis”, chiarendo in modo inequivocabile che le disposizioni previste al comma 3-ter e 3-quater dell’art. 32 della legge 27/2012 identificano semplicemente i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina legale, senza prevedere un ordine gerarchico tra gli stessi.

Ciò significa che è lasciato al medico legale stabilire quali accertamenti si rendono necessari in concreto, non certo al legislatore.

Massimo Quezel

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