L’esercizio del diritto di recesso nell’acquisto del software online

Negli ultimi anni è aumentato in maniera sostanziale l’uso delle piattaforme di commercio elettronico per acquistare beni e servizi da parte dei consumatori. Contemporaneamente è anche cresciuta la consapevolezza di questi ultimi dei diritti che sorgono in base alla conclusione di quelli che il Codice del Consumo definisce contratti a distanza.

Non sarà difficile constatare che, in particolare in relazione alle modalità di esercizio del diritto di recesso, vi è ormai una consapevolezza molto elevata da parte sia degli acquirenti che dei venditori. Eppure, non sempre è del tutto ovvia la tutela che il D. Lgs 206/2005 (c.d. Codice del Consumo) offre in relazione all’acquisto di alcune tipologie di beni; in particolare, appare utile soffermarsi sulle modalità di esercizio del diritto di recesso in caso di acquisto di software attraverso Internet.

Prima di affrontare quelle che potrebbero essere considerate delle vere e proprie criticità nell’applicazione del diritto nel caso di acquisti di software online, è opportuno ricordare che la disciplina del diritto di recesso del consumatore è in via generale prevista dagli articoli 64 e seguenti del D.Lgs 206/2005; inoltre, tale diritto, nel caso in cui si sia concluso un acquisto online, deve essere coordinato con quanto stabilito dagli articoli 50 e seguenti del medesimo Decreto ed in particolare, per quel che a noi interessa, con l’articolo 55 in tema di esclusione del diritto di recesso. Quest’ultimo, infatti, disciplina i casi di esclusione del diritto di recesso e, come avremo modo di verificare a breve, diventa fondamentale negli acquisti del software.

Orbene, come noto, l’articolo 64 del Codice del Consumo stabilisce che per i contratti o le proposte contrattuali stipulate a distanza o fuori dai locali commerciali del venditore, il consumatore ha diritto di recedere senza alcuna penalità entro dieci giorni, salve le ipotesi previste dall’art. 65, commi 3, 4 e 5. Se tale è la disciplina generale del diritto di recesso, ci si deve domandare se anche il software possa essere considerato un bene che, acquistato a distanza – e quindi online – possa godere della tutela offerta a tal uopo dal Codice del Consumo.

Per rispondere a quest’ultimo quesito, potremmo ritenere sufficiente leggere la lettera d) dell’articolo 55 del D. Lgs. 206/2005, laddove, nel prevedere le ipotesi di esclusione del diritto di recesso, viene menzionato esplicitamente il software (in particolare al comma 2, lett. d), come vedremo in seguito). Eppure ciò non è totalmente sufficiente ad affermare di poter sfruttare il diritto di recesso in tutte le ipotesi di acquisto software online. Al contrario, è opportuno verificare se, più in generale, il software possa essere considerato un bene che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3, 18 e 115, comma 1, sia ricompreso nella categoria che il Codice del Consumo definisce “prodotto”. La risposta non può che essere affermativa, se si considera che i programmi per elaboratore sono certamente ascrivibili nella categoria dei beni mobili – seppure immateriali – e se si considera che gli stessi possono essere tutelati anche quali beni di consumo così come individuati dall’art. 128 del Codice del Consumo in relazione alla disciplina della garanzia legale di conformità.

Dunque, superato il problema dell’applicabilità della disciplina del diritto di recesso al software in quanto tale, possiamo affrontare un altro aspetto maggiormente pratico e legato all’acquisto tramite Internet dei programmi per elaboratore. L’articolo 55, comma 2, lett. d) del D.Lgs. 206/2005, stabilisce che è esclusa l’applicazione degli articoli sul diritto di recesso nei casi di “fornitura di prodotti audiovisivi o di software informatici sigillati, aperti dal consumatore”. Sembrerebbe evidente che il Legislatore abbia preso in considerazione l’applicazione del diritto di recesso solo nell’ipotesi in cui il consumatore abbia acquistato un software fornito su un supporto materiale, ossia un classico cd o dvd e simili. D’altro canto solo in tali casi si può parlare di software informatico “sigillato” e che possa essere “aperto dal consumatore”. Ne deriva che non v’è alcun dubbio sull’applicabilità della disciplina del diritto di recesso in tutte le ipotesi in cui l’acquisto a distanza abbia avuto ad oggetto un software su supporto confezionato e sigillato.

Tuttavia, sta diventando sempre più frequente l’ipotesi di acquisto di software su supporti diversi da quelli tradizionalmente riconosciuti come sigillati. Ci si riferisce in particolare a tutti i casi in cui il software viene fornito attraverso il download diretto di un file autoinstallante. Accade sovente che il consumatore concluda un contratto a distanza che, a seguito di pagamento, non preveda l’invio materiale di alcun supporto, ma al contrario preveda lo scaricamento diretto di un file. E’ possibile ritenere che in tali casi non possa essere applicata la disciplina sul diritto di recesso? E ancora, se si ritiene applicabile tale disciplina, in che modo si può superare l’esclusione prevista dall’articolo 55, comma 2, lett. d)?

La risposta non è del tutto scontata. In primo luogo occorre rilevare come, a distanza di pochi anni dall’entrata in vigore del Codice del Consumo, la formulazione dell’art. 55 appaia poco felice e, probabilmente, non al passo con i tempi, in quanto ingenera dubbi sulla reale applicabilità dei diritti del consumatore ai sempre più frequenti casi di acquisto di software su supporto immateriale, quale può essere considerato un file autoinstallante. La conferma di ciò si può avere leggendo le condizioni di acquisto con le quali molti produttori di software escludono del tutto il diritto di recesso nel caso di acquisto con download diretto del file di installazione. Tuttavia, si ritiene possibile sostenere che la scelta di acquistare un prodotto fornito privo di supporto materiale, non debba rappresentare una discriminazione del consumatore e del suo diritto al ripensamento. E’ quindi necessario cercare di comprendere se quello che l’articolo 55 individua come ipotesi di esclusione del diritto di recesso, ossia l’apertura del software informatico sigillato, possa trovare un corrispettivo nel software “scaricato”.

A tal proposito è possibile ipotizzare che possa considerarsi come software ancora sigillato, quello che, pur essendo stato scaricato direttamente dal sito del produttore sotto forma di file autoinstallante, richieda l’installazione del prodotto sul proprio personal computer e la successiva attivazione definitiva tramite l’inserimento di appositi codici forniti dal produttore medesimo o dal distributore. In tali casi, il software non ancora installato – o installato ma non attivato – potrebbe considerarsi ancora “immaterialmente” sigillato ed il consumatore dovrebbe vedersi riconosciuto il diritto di recesso entro dieci giorni dal download. Anche il produttore sarebbe in tal modo tutelato in quanto, in caso di esercizio del diritto di recesso, potrebbe non inviare il codice di attivazione definitiva del prodotto, evitando eventuali azioni di utilizzo o di distribuzione di copie illegali del proprio software. Accogliendo tale tesi, il consumatore che abbia scaricato il file autoinstallante potrebbe chiedere di avvalersi del diritto di recesso previa distruzione del file scaricato che, in ogni caso, privo del codice di attivazione, risulterebbe inutilizzabile. Come ulteriore conseguenza deriverebbe che non sarebbe legittimo il comportamento del venditore che esclude il diritto di recesso nelle condizioni di vendita di prodotti con download diretto dei file autoinstallanti.

Ovviamente l’auspicio è quello di ottenere una modifica del Codice del Consumo che possa tutelare il consumatore ed il suo diritto al ripensamento nei casi di acquisto di software a distanza e tramite download diretto del file autoinstallante, ma nel frattempo non può essere condivisa l’esclusione di un diritto così importante in conseguenza della sola modalità di distribuzione di un prodotto software.

Stefano Laguardia

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