In cassa, dunque, restano meno di 4 miliardi per le nuove spese previste per il 2016. Tra le priorità si conferma la decontribuzione: si estingue il 31 dicembre la norma che consente, a chi assume a tempo indeterminato, di scontare totalmente gli oneri previdenziali per tre anni. Dal momento che la conferma della norma si preannuncia assai gravosa, si stanno passando in rassegna alcune ipotesi alternative: dalla convalida dello sconto circoscrivendolo al solo Meridione (diminuendolo invece al Centro-Nord) alla conferma della decontribuzione per tutti, a fronte tuttavia di un periodo minore. Resta il fatto che qualsiasi contrazione dello sgravio può portare con sé il pericolo di un calo del numero delle nuove assunzioni stabili, per antonomasia uno dei cavalli di battaglia renziani. A difesa della dichiarata eliminazione di Tasi e Imu nel 2016, Renzi ha poi ricordato che il Catasto «non è aggiornato ed è quindi impossibile trovare modalità per capire la realtà delle situazioni». Quanto alle ripercussioni della misura sui conti pubblici, «la tassa sulla casa vale solo 3,5 miliardi».
Mentre ci si prepara a dire addio a Imu e Tasi, tuttavia, si è già pronti a dare il benvenuto ad una nuova tassa, anche se solo a partire dal 2017. Si tratta dell’annunciata “Google tax”, la tassa sulle transazioni digitali. «Dopo aver aspettato per due anni una legge europea –ha spiegato Renzi- dal 1° gennaio 2017 immaginiamo una digital tax che vada a colpire con meccanismi diversi, per far pagare tasse nei luoghi in cui sono fatte transazioni ed accordi». Ancora non è dato sapere se l’Italia seguirà la Gran Bretagna di Cameron, dove vige un’imposta secca del 25%, o se invece si uniformerà all’Europa nel tentativo di introdurre una norma valida in maniera uniforme. Con un occhio al quadro internazionale il premier non ha poi nascosto la speranza, da parte di Fiat-Chrysler, di acquistare la General Motors. Toccando, infine, il problema dell’emergenza migranti e delle conclusioni del Consiglio europero di oggi, Renzi ha evidenziato come l’Europa abbia invertito marcia, seguendo il solco tracciato dall’Italia, nonostante, ammette, ci sia «ancora tanta strada da fare».
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