Legge di stabilità: ancora polemiche sull’aumento d’orario nella scuola

“Sulle sei ore fermiamoci, siamo troppo vicini alla campagna elettorale. I 183 milioni da tagliare cerchiamoli nelle singole voci di spesa, non c’è tempo per fare grandi riforme”, lo avrebbe dichiarato il ministro dell’Istruzione Profumo, in via confidenziale, al proprio staff, secondo Repubblica.

Questa affermazione, sicuramente, è la conseguenza dell’aspra protesta che si era già sollevata al momento della proposta ma che aveva trovato una maggiore eco con le parole di Pier Luigi Bersani, segretario del PD, che aveva detto “voglio dirlo con chiarezza: noi non saremo in grado di votare così come sono le norme sulla scuola, sono norme al di fuori di ogni contesto di riflessione sull’organizzazione scolastica e finirebbero per dare un colpo ulteriore alla qualità dell’offerta formativa”. Sia il partito Democratico, infatti, oltre all’Udc, hanno nettamente affermato di voler eliminare dalla Legge di Stabilità, in modo definitivo, lo stralcio pertinente l’incremento d’orario degli insegnanti.

La speranza è che il clamore sollevatosi intorno a questa vicenda abbia comunque una funzionalità, ossia instradare il ministero dell’istruzione verso una riforma della scuola ma congruente con le possibilità del Paese ed in linea con gli standard europei, parametro da raggiungere necessariamente per dare un futuro come si deve ai ragazzi italiani.

L’incremento d’orario, che si trova all’interno della sin troppo discussa Legge di Stabilità, è frutto di quella filosofia governativa che mette il risparmio al di sopra di tutto, nello specifico questa proposta comporterebbe una riduzione dei costi da impiegare nella retribuzione degli insegnanti che non si vedrebbero corrisposti in busta paga il surplus d’orario, inoltre verrebbero meno gli spezzoni, che solitamente sono fonte di retribuzione per i docenti di ruolo che li sostengono e questo discorso vale anche per le supplenze naturalmente.

Ci ha pensato la Banca d’Italia, nella relazione tecnica che affianca il decreto di stabilità, a fare una stima dei tagli; sarebbero, infatti, 20.000 gli spezzoni di orario coinvolti, divisi in 7.000 alle medie e 13.000 alle superiori. L’estensione dell’orario da 18 a 24 ore farebbe saltare la retribuzione di queste ore che, sempre secondo Banca d’Italia, costano allo Stato 129 milioni di euro, ai quali bisogna aggiungere anche quelli destinati alla copertura delle supplenze. Complessivamente, con la manovra delle 24 ore e la relativa assenza di retribuzione, il risparmio per le casse dello stato è stimato in 265 milioni di euro per il solo 2014.

Dopo le proteste improvvisate, c’è stato un flash – mob davanti alla sede del ministero dell’Istruzione da parte dei docenti della scuola secondaria, è arrivata la versione ufficiale; infatti il sottosegretario Rossi Doria ha rilasciato delle importanti dichiarazioni al quotidiano “La Repubblica”; “stiamo cercando un’altra soluzione”, non solo ma ha soprattutto ammesso che un così importante cambiamento non può che essere frutto di una scelta condivisa attraverso un “confronto culturale, sindacale e pedagogico”, che sarà possibile non prima del 2015.

Nulla è perduto per il momento, ma è evidente che siamo solo all’ inizio di una battaglia fatta a suon di minacce e ricorsi; è tornata la scuola del ’68, peccato che siamo quasi nel 2013.

Alessandro Camillini

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