E’ questa la rivendicazione del premier Enrico Letta: l’indice della tassazione sui contribuenti italiani, dopo anni di trend crescente, comincia a scendere sotto il 44% per effetto delle misure introdotte nella legge di stabilità “Niente tasse né tagli in sanità”, ha annunciato il primo ministro.
Ma è davvero così? Innanzitutto, analizziamo il capitolo Imu e Tares. Come noto, i due tributi hanno le settimane contate, per effetto dei provvedimenti in via di approvazione in Parlamento, in particolare il decreto di abolizione dell’Imu, al cui interno si trova l’impegno all’istituzione di una nuova Service Tax, che inglobi anche la tariffa sui rifiuti. Ora, finalmente, la Service Tax ha finalmente un nome: si chiama Trise, o tributo sui servizi, il quale si dividerà, a sua volta, nelle due branche del Tasi e del Tari, il primo sui cosiddetti servizi indivisibili dei Comuni, mentre il secondo riguarderà il volume di rifiuti prodotto.
In questo modo, il governo ha ottenuto l’obiettivo di differenziare il contenitore del Trise, in modo da consentire a proprietari degli immobili e inquilini di pagare ciascuno la propria quota in commisurazione ai servizi usufruiti. Così, la Tari altro non sarà che una tariffa dipendente dalla superficie in passato utilizzata come indicatore della Tarsu, che poi verrà puntualmente bilanciata sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.
La Tasi, che prenderà il posto dell’Imu e si riferirà agli stessi criteri di applicabilità e imponibilità, resterà un tributo, con aliquota dell’1 per mille che potrà essere innalzata dai singoli Comuni fino al massimo del 6 per mille. Diversamente da quanto anticipato nei mesi scorsi, però, l’Imu non andrà in soffitta: la sua imponibilità resterà tale per le case di lusso e sulle seconde case. Insomma, a conti fatti, l’abolizione resterebbe solo parziale, per quelle fasce già esentate dalle rate di giugno e dicembre 2013.
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