Legge 104: la Consulta estende i diritti ai conviventi, a tutti?

Redazione 06/10/16
La Suprema corte stabilisce che la legge 104 viola ben tre articoli della Costituzione: il 2, il 3 e il 32. E per questo, nonostante l’opposizione di INPS e presidenza del Consiglio, riconosce come illegittima una parte della legge.

Ne abbiamo parlato con l’avvocato Angelo Greco, impegnato ogni mattina su Rai Uno nella trasmissione Tempo e Denaro e direttore del sito di informazione e consulenza legale, laleggepertutti.it.

La Corte Costituzionale ha da poco dichiarato illegittimo un aspetto della Legge 104…

«Sì. È una decisione che riguarda solo una parte della normativa. In pratica, d’ora in poi, potranno godere dei permessi lavorativi non solo i coniugi, ma anche i conviventi».

Tutti i conviventi?

«No. Da questo punto di vista bisogna fare chiarezza. La convivenza deve essere stabile. È quella che la giurisprudenza definisce more uxorio, cioè la convivenza che di fatto possiede caratteristiche come quelle del matrimonio. Ad esempio: obbligo di mantenimento materiale e morale e assistenza reciproca da parte di chi vive insieme. Non consideriamo convivenza more uxorio quella sporadica, che si basa solo sul dividere le spese dell’affitto».

I conviventi hanno la possibilità di stipulare contratti di convivenza. Ma senza tale documento, come è possibile distinguere tra due semplici coabitanti da due conviventi?

«Non è facile rispondere.  La legge stessa prevede che il contratto di convivenza non sia obbligatorio. Ed anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione non fa riferimento al contratto, bensì a una convivenza basata su un rapporto di fatto, non contrattuale. Ma se proprio fosse necessario dimostrare la stabilità del rapporto, allora si potrebbe ricorrere a prove come le spese effettuate per la ristrutturazione della casa in cui si vive insieme al proprio compagno, eventuali utenze telefoniche o di arredo, ecc. Quando tutto manca ci sono i testimoni».

Con il riconoscimento di questo diritto (permessi 104), sacrosanto dal punto di vista del malato a ricevere assistenza, c’è stato un ulteriore avvicinamento tra convivenza e matrimonio. È lecito attendersi altri riconoscimenti?

«Non credo. Già la legge Cirinnà ha portato le due forme di convivenza quasi sullo stesso piano. Da un punto di vista giuridico la vera, grossa differenza tra le due forme, convivenza e matrimonio, risiede nella fedeltà. Se uno dei conviventi è infedele, non può essergli addebitata la fine del rapporto».

Equiparare sempre di più due stati di vita di cui uno, il matrimonio, non è scelto da chi decide di condividere la propria vita con un’altra persona, non può portare alla cancellazione del matrimonio stesso?

«Da un punto di vista sociale il dibattito è aperto. A volte, più che a un dibattito, assistiamo a un scontro. Da un punto di vista giuridico, invece, la cosa è più complessa. Innanzitutto perché il matrimonio è un istituto contemplato dalla nostra Costituzione. E poi perché bisogna sempre distinguere tra i diritti e i doveri della singola persona e quelli che derivano da una forma di vita come possono essere matrimonio e convivenza. E infatti la Consulta lo ha specificato: non c’è alcun tentativo di equiparare i coniugi ai conviventi, ma solo tutelare il diritto alla salute della persona con handicap».

Per maggiori approfondimenti si consiglia lo speciale su LEGGE 104: PERMESSI E AGEVOLAZIONI

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