L’obiettivo dichiarato da parte dell’Agenzia delle Entrate è quello di dare ai cittadini la possibilità di controllare attraverso un software la coerenza tra le spese effettuate ed i redditi dichiarati in vista del reddito cui allinearsi.
In realtà, il risultato raggiunto è quello di considerare “bene di lusso” il possesso di un animale.
E’ così mentre in tutta l’Europa il Parlamento europeo incoraggia le misure veterinarie per combattere il randagismo; il Trattato di Lisbona considera gli animali esseri “senzienti” e la Commissione europea legifera in favore della sanità animale e finanzia il loro benessere, in Italia si assiste ad una politica da Giano bifronte.
Da un lato una legislatura che tutela sulla carta gli animali con una legislazione d’avanguardia (adesione al Trattato di Lisbona dell’Unione europea; Convenzione europea di Strasburgo; Legge 281/1991 (Lo Stato tutela gli animali di affezione al fine di tutelare la salute pubblica e l’ambiente); Legge 189/2004 (divieto di combattimenti e di utilizzo per pellicce); Codice penale (reato di maltrattamento, di uccisione, di abbandono); Legge 201/2010 (reato di traffico di animali); Codice della strada (obbligo di soccorso animali); leggi regionali; ordinanze ministeriali e comunali, offrendo le migliori garanzie in sede penale.
Dall’altro, il Governo ritiene gli animali un bene di lusso, indice ed espressione di capacità tributaria al punto da farne oggetto di una e propria vessazione fiscale che non ha pari in Europa.
Il fisco italiano considera anche l’animale d’affezione (cani, gatti, criceti, conigli, furetti e c.) indicatore di reddito, continua a ridurre le detrazioni sulle spese veterinarie per cani e gatti, aumenta le tasse portando l’Iva ai massimi livelli storici (21%) sul loro cibo e sulle cure mediche degli animali da compagnia, stabilisce imposte sugli obblighi amministrativi (anagrafe e passaporto), sulle vaccinazioni essenziali e obbligatorie, sulla prevenzione delle malattie trasmissibili all’uomo (es. leishmaniosi), sulla sterilizzazione per contrastare il randagismo.
E se c’è ancora chi chiede di poter inserire anche gli animali domestici nel proprio stato di famiglia a riprova dell’intenso legame affettivo che si instaura per chiunque abbia vissuto o viva questa esperienza, per il fisco, il cagnolino o il gatto che sonnecchia sul nostro divano è considerato un indice di ricchezza, al pari dello yacht o della ferrari che la stragrande maggioranza di noi non avrà mai.
E tutto questo, nonostante gli sforzi della “ministra” Brambilla per incentivare il possesso degli animali e la loro cura mediante l’istituzione della tessera sanitaria individuale.
Il Governo dimentica, o finge di dimenticare, che gli animali da compagnia hanno un ruolo sociale all’interno dei nuclei familiari, sempre più sconquassati da una crisi economica che sta dando tregua soprattutto a chi i sacrifici è abituato da sempre a farli.
Ogni proprietario di un cane o di un gatto ha già scelto di rinunciare a qualcosa per sé per poter affrontare spese veterinarie in favore del proprio animale.
Questo non è sintomo di ricchezza ma semmai di spirito di sacrificio a beneficio di chi, solo con la sua presenza fa compagnia ad un anziano o ad un bambino o semplicimente ci accompagna nella fatica di un vivere sempre più complicato.
“Siamo al surrealismo fiscale – dichiara Marco Melosi, presidente dell’Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari) – è l’ennesima allucinazione del Fisco nazionale, un quadro visionario, degno della ribellione descritta nella Fattoria di George Orwell».
Una sicura conseguenza sarà quella di incentivare l’abbandono e, soprattutto, scoraggiare ulteriormente la già difficile opera pro-adozione dei cani abbandonati, portata avanti dall’abnegazione del popolo dei volontari che, come in altri campi, sopperiscono ai vuoti della governance.
Anch’io, come Attilio Befera, attuale direttore dell’Agenzia delle Entrate, ho due cani, e non ci sto a considerarli “beni di lusso”, né ad essere considerata un potenziale evasore fiscale se dovessi decidere di pagare cure veterinarie ove vi fosse la necessità di farlo.
Ancora una volta, il nostro “belpaese” rinnega un passato di civiltà ed offre di sé un ulteriore spunto di riflessione negativa.
L’ennesimo esempio del capovolgimento dei valori. Quelli veri.
Ma il dubbio mi assale: saranno considerate beni di lusso anche le escort?
In fondo… tengono compagnia.
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