Esamineremo qui di seguito dette disposizioni e, per brevità, faremo riferimento solamente ai commi dell’unico articolo della richiamata legge n. 147/2013).
1. Le comunicazioni relative ai prodotti finanziari
La maggiore novità è senz’altro rappresentata da ciò che riguarda l’applicazione dell’imposta di bollo c.d. “sostitutiva” alle comunicazioni alla clientela relative ai prodotti finanziari, di cui al comma 2-ter dell’art. 13 della Tariffa, Parte prima, allegata al DPR n. 642/1972.
Invero, anche in relazione alle diverse aliquote applicabili previste nel corso del tempo, con l’entrata in vigore del disposto del comma 581, lettera a), si può ricordare che l’imposta proporzionale di bollo applicabile alle comunicazione della specie risulta pari:
– all’1 per mille annuo per il 2012;
– dell’1,5 per mille annuo per il 2013;
– del 2 per mille a decorrere dal 2014.
È stato altresì modificato, con la lettera b) dello stesso comma 581, il contenuto del sesto periodo della Nota 3-ter in calce allo stesso art. 13, per cui – mentre negli anni 2012 e 2013 era prevista una misura minima di imposta applicabile di 34,20 euro annui (pari quindi ad un imponibile, secondo le aliquote previste per quegli anni, rispettivamente, fino a 34.200 e 22.800 euro, con evidente nocumento per la titolarità di prodotti finanziari di modesto ammontare) – detta misura minima è stata abrogata, sempre con effetto dal 1° gennaio 2014, accogliendo quindi le riserve che erano state formulate in passato per il fatto che l’imposta risultava comunque applicabile anche in relazione alla detenzione di prodotti finanziari di modesta entità.
Pertanto, con la vigente aliquota del 2 per mille, risulteranno avvantaggiati, rispetto alla disciplina previgente, i rapporti aventi un ammontare inferiore a 17.100 euro. L’eliminazione della soglia minima del tributo applicabile comporta comunque che gli intermediari devono attrezzarsi per calcolare in ogni caso l’imposta in misura percentuale, tenendo presente che – ai sensi dei commi secondo e terzo dell’art. 3 del DPR n. 642/1972 – l’importo dovuto non può risultare inferiore ad un euro (fino quindi ad un imponibile di 500 euro) e che le frazioni degli importi dell’imposta di bollo dovuta in misura proporzionale sono arrotondate ad euro 0,10 per difetto o per eccesso a seconda che si tratti, rispettivamente, di frazioni fino ad euro 0,05 o superiori ad euro 0,05.
Inoltre, è stato previsto l’innalzamento della soglia massima d’imposta a 14.000 euro (pari quindi a un imponibile fino a 7.000.000 euro), applicabile in riferimento ai soggetti diversi dalle persone fisiche.
Da notare che l’iniziale introduzione di tale soglia (nel 2013 essa era pari a 4.500 euro, così come stabilito dall’art. 1, comma 509, della legge 24 dicembre 2012, n. 228) fu giustificata dall’intento di evitare la fuga di capitali all’estero da parte delle società o altri enti collettivi, visto che solo le persone fisiche sono soggette all’imposta sul valore delle attività legittimamente detenute all’estero (cd. IVAFE). Con il recente, sensibile, innalzamento di detto limite, per chiare esigenze di gettito, non si è forse tenuto nel debito conto tale considerazione.
D’altro conto, con l’abrogazione, secondo la vigente disciplina, dell’applicazione della soglia minima del tributo di 34,20 euro, risultano attualmente più vantaggiosi i conti deposito in disponibilità di persone fisiche aventi un valore superiore a 5.000 euro e fino alla concorrenza di 17.100 euro, rispetto agli ordinari conti correnti e libretti di risparmio, contemplati dal precedente comma 2-bis dello stesso art. 13 della tariffa1, per i quali si applica comunque la misura fissa (sempre per le sole persone fisiche) del tributo di 34,20 euro, indipendentemente dall’ammontare della loro “giacenza media” (anche se si deve tener conto dell’esenzione assoluta per gli stessi prevista fino alla soglia di 5.000 euro).
Con l’entrata in vigore dell’accennata disposizione che ha eliminato la misura minima del tributo di bollo di 34,20 euro applicabile alle comunicazioni relative ai prodotti finanziari, non è dato ancora sapere quali saranno le indicazioni che l’Agenzia delle Entrate diramerà in relazione alla fattispecie della estinzione di un rapporto riguardante “prodotti finanziari”.
Alla luce delle pregresse interpretazioni ufficiali , saremmo indotti di ritenere che alla data della chiusura di un rapporto-titoli, avvenuta dopo il 1° gennaio 2014, anche se in precedenza risultava di rilevante entità, non sia dovuta alcuna imposta, riportando l’ultima relativa comunicazione un saldo pari a “zero”.
Invero, in precedenza, quando era comunque dovuta l’imposta minima di 34,20 euro, questa doveva essere comunque applicata, almeno in misura parametrata al periodo dell’anno solare in cui il rapporto, uno giorno estinto a “saldo zero”, risultava in essere.
Infatti, al riguardo, nella C.M. n. 48/2012, al paragrafo n. 2.3, si può leggere: “Allo stesso modo, nel caso di rendicontazioni di estinzione, ad esempio, di rapporti di deposito titoli che presentino un valore di prodotti finanziari pari a 0 e che non siano stati movimentati nel corso del periodo rendicontato, l’imposta deve essere corrisposta nella misura minima di euro 34,20, rapportata ai giorni di durata del periodo rendicontato. Se diversamente sia all’inizio che al termine del periodo rendicontato non sono presenti prodotti finanziari e non ci sono movimentazioni, sul rendiconto di estinzione non deve essere applicata l’imposta”.
Del resto, anche l’art. 3, comma 3, del D.M. 24.5.2012 precisa che: “Se, in costanza di rapporto, sia all’inizio che al termine del periodo rendicontato non sono presenti prodotti finanziari né sono state registrate movimentazioni nel corso del periodo stesso, l’imposta non è dovuta”.
Nessuna disposizione, inoltre, riferita all’applicazione dell’imposta di bollo periodica sui prodotti finanziari di cui al comma 2-ter dell’art. 13 della citata Tariffa, impone di fare una verifica del c.d. “valore medio di giacenza” degli stessi durante il periodo certificato (a differenza di quanto dispone la Nota 3-bis, posta in calce allo stesso art. 13, in riferimento all’applicabilità o meno della soglia di esenzione di 5.000 euro riconosciuta ai conti correnti e ai libretti di risparmio).
Purtuttavia, è facile immaginare che in futuro taluno sia indotto a chiudere “elusivamente” un rapporto-titoli (si pensi ai certificati di deposito, il cui “trasloco” non comporta costi particolarmente onerosi) a ridosso della scadenza della prevista rendicontazione, per instaurarne immediatamente uno “nuovo”, al fine di evitare una gravosa tassazione, mentre in passato tale comportamento determinava almeno l’applicazione della misura minima del tributo, rapportata al periodo di esistenza del “deposito”, secondo le precedenti interpretazioni ufficiali.
A quanto ci risulta, primari istituti di credito, in caso di estinzione di un rapporto-titoli, stanno attualmente applicando la misura minima del tributo che, come abbiamo visto, è pari ad un euro.
Non possiamo, però sottacere che c’è spazio anche per sostenere che nella fattispecie non sia dovuto addirittura nulla a titolo d’imposta di bollo, in quanto:
– non trovando applicazione l’imposta di bollo “sostitutiva” di cui al richiamato comma 2-ter dell’art. 13 della Tariffa1, la materia sarebbe disciplinata dal primo comma dello stesso articolo 13 che ha riguardo, fra l’altro, alla tassazione degli “estratti-conto” ordinari, ma la misura ivi prevista di 2 euro risulta dovuta solo ove il documento evidenzi un valore superiore a 77,47 euro (e non 0 come nel nostro caso);
– va altresì ricordata l’esenzione “assoluta” dall’imposta di bollo dei documenti (fra cui dovrebbero essere ricompresi anche le comunicazioni di che trattasi), formati o ricevuti dalle banche, qualora non siano di per sé assorbiti dall’imposta di “bollo sostitutiva” di cui sopra, contemplata dall’art. 7, primo comma, della Tabella allegata al DPR n. 642/1972.
Probabilmente tali considerazioni non sono state fatte dal legislatore al momento dell’abolizione della misura minima del tributo, d’altro canto apprezzabile per aver tenuto in debito conto dell’esistenza di rapporti relativi a prodotti finanziari di modesto ammontare.
Vedremo come l’Amministrazione finanziaria porrà rimedio a questa apparente “lacuna” che si è determinata con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Comunque, ai fini della possibile sostenibilità di quanto sopra esposto, richiamiamo l’attenzione sul fatto che dal rendiconto di estinzione deve risultare effettivamente a “zero”, per poter applicare l’esonero da imposizione proporzionale. Se, invece, al momento della chiusura del rapporto non viene inviato alcun documento, ovvero si indica, comunque, una residua giacenza dei relativi prodotti finanziari, non ci si può esimere dall’applicare l’imposta c.d. “permillare”, rapportata al periodo interessato. È pertanto dii grande importanza inviare una comunicazione di estinzione che riporti il saldo “zero”.
2. Dichiarazione dell’imposta di bollo assolta in modo virtuale
Con il comma 598 si prevede una integrazione all’art. 15, comma 5, del DPR n. 642/1972, stabilendo che in futuro le dichiarazioni presentate dagli interessati per l’assolvimento dell’imposta di bollo in modo virtuale dovranno contenere, oltre l’indicazione degli atti “distinti per voce di tariffa”, anche “gli altri elementi utili per la liquidazione dell’imposta”.
A questo scopo, proprio al fine di facilitare il compito dei contribuenti e degli uffici demandati alla liquidazione del tributo, indubbiamente resisi più complessi in seguito alle numerose modifiche intervenute in materia in questi ultimi anni, specie per quanto riguarda l’imposta di bollo c.d. “sostitutiva” applicabile agli estratti conto e alle comunicazioni relative ai prodotti finanziari, viene altresì previsto che la: “dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modello conforme a quello approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate”.
Da informazioni assunte presso gli organi centrali dell’Agenzia delle Entrate, si esclude che tale modello “ufficiale” sia già disponibile entro il 31 gennaio 2014, data di scadenza per la presentazione della dichiarazione a “saldo” dell’imposta di bollo assolta in modo virtuale dovuta per l’anno 2013 (che, come è noto, assume rilevanza anche ai fini della liquidazione dell’acconto e delle rate bimestrali dovute per l’anno 2014).
Riteniamo quindi sufficiente che gli intermediari finanziari interessati all’adempimento provvedano alla presentazione della loro dichiarazione in osservanza dei requisiti già noti ed indicati dal quinto comma dell’art. 15 del DPR n. 642/1972.
Nondimeno risulta che importanti uffici locali della stessa Agenzia delle Entrate abbiano già elaborato e proposto alle banche, aventi sede nel proprio territorio di competenza, “bozze” di dichiarazione che contengono una serie particolareggiata di notizie (come, ad esempio, il numero dei rapporti assoggettati al tributo minimo ancora vigente nel 2013, rapporti estinti nell’anno, ecc.) spesso di difficile reperimento nelle contabilità come attualmente strutturate.
Bisogna riconoscere che tali dati sono necessari all’ufficio finanziario per operare una più puntuale liquidazione del tributo dovuto ma, ciononostante, riteniamo che – nella perdurante assenza del previsto Provvedimento attuativo della nuova disposizione – non si possa contestare la nullità di una dichiarazione che non risponde puntualmente a tutti i dati richiesti da questi modelli “ufficiosi”.
Ciò posto, suggeriamo comunque di rispondere per quanto possibile alle richieste degli uffici, almeno al fine di evitare ulteriori “richieste istruttorie” e “dati documentali” ritenuti dagli stessi indispensabili per definire la prevista liquidazione del tributo.
3. Provvedimenti ed istanze telematiche alle Pubbliche amministrazioni
I commi 591 e 592 completano l’art. 3 della Tariffa, Parte prima, allegata al medesimo DPR n. 642/1972, al fine di introdurre un’imposta di bollo forfetaria di 16,00 euro sulle istanze trasmesse in via telematica agli uffici e organi della Pubblica amministrazione, dirette ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili.
L’importo previsto di 16,00 sarà quindi fisso, indipendentemente dalle dimensioni del documento (mentre l’imposta di bollo ordinaria si applica tradizionalmente, come è noto, su ogni foglio del documento, composto da quattro facciate).
Parimenti, i successivi commi 593 e 594 modificano l’art. 4 di detta Tariffa, affinché lo stesso importo fisso di 16,00 euro si applichi agli atti, provvedimenti e certificati dalle pubbliche amministrazioni, nonché dagli enti pubblici in relazione alla tenuta di pubblici registri, rilasciati in via telematica anche in estratto o in copia dichiarata conforme all’originale a coloro che ne abbiano fatto richiesta .
A detti scopi, il comma 546 prevede che: “Al fine di consentire a cittadini e imprese di assolvere in via telematica a tutti gli obblighi connessi all’invio di una istanza a una pubblica amministrazione o a qualsiasi ente o autorità competente, con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate d’intesa con il capo del Dipartimento della funzione pubblica, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità per il pagamento per via telematica dell’imposta di bollo dovuta per le istanze e per i relativi atti e provvedimenti, anche attraverso l’utilizzo di carte di credito, di debito o prepagate”.
Conseguentemente, viene prevista l’abrogazione dell’art. 6-bis del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 (c.d. “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo”), che contemplava un analogo provvedimento.
4. Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero (c.d. IVAFE)
Con il comma 582 l’aliquota applicabile ai fini dell’imposta applicabile sui prodotti finanziari legittimamente detenuti all’estero dalle sole persone fisiche residenti – prima prevista nella misura dell’1,5 per mille – è stata elevata al 2 per mille, proprio al fine di equipararla a quanto previsto per la detenzione dei medesimi prodotti finanziari presso gli intermediari nazionali.
5. Contributo Unico per le spese di Giustizia
Per completezza si segnala, infine, che con i commi 598 e segg. sono state previste diverse modifiche al DPR 30 maggio 2002, n. 115 (c.d. “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”), proprio in riferimento all’assolvimento del Contributo Unico di Giustizia che, come è noto – ai sensi dell’art. 9 della legge 23.12.1999, n. 488 – assorbe, fra l’altro, anche quanto astrattamente dovuto per imposta di bollo sugli atti giudiziari.
Si ricorda, in particolare, il contenuto del comma 599, secondo cui: “Le modalità telematiche di pagamento del contributo unificato e delle spese di giustizia disciplinate dall’articolo 4, comma 9, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, si applicano, in quanto compatibili, anche al processo tributario di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. Entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge il Ministero dell’economia e delle finanze determina con proprio decreto, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale, le modalità tecniche per il riversamento, la rendicontazione e l’interconnessione dei sistemi di pagamento, nonché il modello di convenzione che l’intermediario abilitato deve sottoscrivere per effettuare il servizio. Il Ministero dell’economia e delle finanze stipula le convenzioni di cui al presente comma senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, prevedendo, altresì, che gli oneri derivanti dall’allestimento e dal funzionamento del sistema informatico restino a carico degli intermediari abilitati.”
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