Questo fenomeno di prevaricazione e disagio tocca fino a un bambino su tre. Il problema riguarda in particolare bambini e adolescenti nelle fasce di età comprese tra i 7-8 anni e i 14-16 anni, ossia scuole elementari e gli anni a cavallo tra le scuole medie inferiori e superiori, giovani ragazzi in età pre-adolescenziale ed adolescenziale.
La sentenza del Tribunale di Milano ha allargato il concetto di culpa in vigilando rendendo insufficiente anche lo stesso principio della prevenzione: “i precettori e coloro che insegnano un mestiere od una arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza” (art. 2048 c.c. II co. del Codice Civile)
Là dove poi si tratti di docenti di una scuola pubblica, la responsabilità si estende alla pubblica amministrazione in virtù del principio organico ai sensi dell’art.28 della Costituzione che da una parte il principio della responsabilità in proprio dei pubblici dipendenti che agiscono quali organi della pubblica amministrazione, dall’altra la responsabilità della stessa pubblica amministrazione per gli atti illeciti da loro commessi e che ha natura diretta in virtù del cosiddetto rapporto organico che immedesima l’attività degli organi con quella dell’ente pubblico (cfr, tra altre, Cass. Sez. Un. 9.4.1973 n. 997).
E alla famiglia dell’aggressore cos’è successo? Sì, perché se è presente la culpa in vigilando, è altrettanto vera la culpa in educando, che non è a carico della Scuola.
Di quali valori si nutre il ‘bullo’? Li apprende soltanto a Scuola?
Forse anche di questo avrebbe dovuto ragionare il Tribunale di Milano.
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