I risparmi provenienti da queste operazioni nel 2012 entro il 30 settembre devono essere versati alla Tesoreria. Le Casse, tuttavia, contestano questo obbligo poiché sono soggetti di matrice privata, che nei giorni precedenti durante un’assemblea dell‘Adepp hanno stabilito di impugnare la circolare della Ragioneria dello Stato inviata il 21 settembre con la quale si chiedono spiegazioni sull’adempimento delle Casse a quanto è previsto dalla legge.
In merito a questo filtrano alcune indiscrezioni secondo le quali addirittura 16 membri su 20 dei soggetti riuniti dell’Adepp non hanno intenzione di corrispondere quanto richiesto, mentre i restanti 4 lo farebbero ma solo “con riserva“. In compenso, ufficialmente, nulla filtra e con ogni probabilità i vertici temporeggeranno per rendere note le scelte, anche perché non è da escludere una proroga del termine, a maggior ragione che la Ragioneria dello Stato sta preparando una nuova circolare da cui si attendono, tra l’altro, delucidazioni su cosa deve essere inserito nei consumi intermedi e come comportarsi con i contratti pluriennali in atto con i fornitori.
La reazione è comprensibile, soprattutto alla luce della considerazione che non pagare non comporta sanzioni, la legge infatti non prevede penalità per chi non adempie il pagamento. Questo aspetto è stato discusso ieri durante un incontro tra i rappresentanti di alcune casse di previdenza e gli avvocati dello studio Gianni – Origoni – Grippo – Cappelli partners con tema proprio la spending review. La legge, hanno appurato gli avvocati, introduce un obbligo, ma visto che non menziona quale normativa si applica al tributo, non è nemmeno specificato se si debba intendere come tale; attualmente non è precisato quale soggetto esegue l’accertamento e in che modi, nonché sia l’interlocutore delle casse.
Diventa complesso, quindi, cercare una opposizione all’obbligo e sollevare la questione. Le vie a disposizione sono due in realtà; supponendo che il versamento alla Tesoreria sia assimilabile a un‘imposta, si corrisponde e poi si chiede il rimborso anche se non è chiaro a quale entità ci si debba rivolgere. Qualora non pervenisse risposta ci si dovrebbe rivolgere alla commissione tributaria.
La seconda via percorribile è non pagare semplicemente e aspettare una richiesta ufficiale da parte dell’amministrazione statale. Se accadesse ciò sarebbe chiarita la natura dell’atto e ci sarebbe un atto preciso da impugnare. Per i legali, invece, c’è la possibilità che l’impugnazione della circolare inviata alla Ragioneria di Stato si dimostri poco efficace perché non prevede disposizioni precise, è generica, così come rischia di esserlo la decisione del Consiglio di Stato prevista per il 30 ottobre.
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